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Le lancette scorrono sulla Brexit. Nuovo round di colloqui a Bruxelles

Brexit

“A coloro che aspettano col fiato sospeso la catastrofe tanto auspicata dai media, cioè la marcia indietro, posso solo dire una cosa: non si torna indietro se non si vuole. La signora non si volta”. È possibile che la premier britannica Theresa May abbia ripensato a questa celebre frase di Margaret Thatcher mentre si recava a Bruxelles per un nuovo round di colloqui con il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker, il presidente del Consiglio Donald Tusk, il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani ed il coordinatore della Brexit del Parlamento, Guy Verhofstadt, in un’altra importante giornata sul percorso che dovrebbe portare il Regno Unito ad uscire dall’Unione Europea.

Oggetto dei colloqui è stato ancora una volta il nodo del confine irlandese dopo che, con un voto a Westminster, la House of Commons aveva dato un chiaro mandato alla May per rinegoziare il meccanismo del Backstop presente nell’Annex 1 dell’accordo di recesso, lasciando intendere, a seguito del voto di una serie di mozioni incrociate, che dopo la bocciatura dello scorso 15 gennaio una modifica a tale meccanismo porterebbe all’approvazione dell’accordo scongiurando così il rischio di una “Hard Brexit”.

L’avvio dei colloqui non è stato incoraggiante, poiché preceduto da alcune dichiarazioni di chiusura ad una modifica del Whitdrawal Agreement da parte di Donald Tusk e da una dichiarazione congiunta di Junker e del primo ministro della Repubblica d’Irlanda Leo Varadkar secondo cui l’accordo in essere, incluso il meccanismo del backstop, è considerato come il miglior accordo possibile per garantire la stabilità nel percorso di pace e di riconciliazione al confine irlandese secondo i principi contenuti nel Good Friday Agreement del 1998.

L’esito dei colloqui è stato ancora una volta interlocutorio. Seppur attestandosi ancora oggi ciascuno sulla propria posizione, il Governo Britannico richiede una modifica vincolante al meccanismo del backstop mentre Commissione e Consiglio Ue escludono che si possa rinegoziare l’accordo fornendo invece disponibilità ad integrare e rendere più chiaro il documento congiunto sulle future relazioni, in una dichiarazione congiunta la premier May ed il presidente della Commissione Europea Junker hanno espresso la loro volontà di incontrarsi nuovamente entro la fine di febbraio mentre i negoziatori guidati dal segretario della Brexit Steve Barclay per il Regno Unito e il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier continueranno ad incontrarsi, a partire da lunedì prossimo a Strasburgo, per ricercare una soluzione condivisa.

A questo punto bisognerà verificare quali saranno i prossimi passi da compiere. Con la premier Britannica che verosimilmente tornerà alla House of Commons il prossimo 13 febbraio per relazionare sull’esito dei colloqui intercorsi oggi. È poi ben probabile che prima di un voto conclusivo a Westminster, previsto per fine febbraio, si attenda l’esito del nuovo incontro tra Theresa May e Juncker.

Appare evidente come oltre alla necessità di giungere ad una soluzione tecnica per una soluzione relativa al meccanismo del backstop al confine irlandese si renda necessaria una soluzione politica. Sul versante britannico della Manica bisognerà verificare se in caso di una mancata soluzione al nodo del confine irlandese il Withdrawal Agreement potrà essere approvato comunque, o se invece si scivolerà verso un’uscita senza accordo o se si potranno aprire nuovi scenari. Ma anche sul versante dell’Unione Europea bisognerà verificare se questa apertura a nuovi incontri tra le delegazioni dei negoziatori delle due parti sottenda ad una volontà di modificare, formalmente o sostanzialmente, la parte dell’accordo relativa al backstop.
Il tutto mentre i dati economici che giungono da Londra, ma anche dall’Eurozona, non sono molto confortanti. La Bank of England ha rivisto le stime di crescita per il 2019 all’1,2% contro l’1,7% stimato lo scorso novembre, indicando il rallentamento degli investimenti, dovuto all’incertezza legata a Brexit, come una causa di questo calo. Mentre i dati Eurostat indicano una flessione del tasso di crescita nell’Eurozona. Negli scorsi giorni è stata inoltre resa nota una previsione, ad opera di uno dei principali operatori nel settore dei crediti commerciali in Europa, secondo cui una “Hard Brexit” causerebbe nel periodo 2019-2020 un incremento del tasso di default nelle operazioni commerciali tra Europa e Regno Unito pari circa il 14%.
Le lancette verso il 29 marzo prossimo, data termine per Brexit, continuano a scandire il proprio tempo. I colloqui di ieri sono stati definiti costruttivi, ma non conclusivi. I prossimi giorni saranno ancora una volta decisivi.


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