Se il 2018 è stato l’anno dell’approvazione del Pacchetto europeo sull’economia circolare, il 2019 sarà l’anno della sua attuazione anche ai fini del raggiungimento dei nuovi obiettivi di riciclo previsti dalle nuove direttive sui rifiuti: 50% al 2020; 60% al 2030; 65% al 2035. E su questi l’Italia è ancora indietro (44%). Solo i rifiuti di imballaggio (acciaio, alluminio, carta, legno, e vetro) hanno già superato gli obiettivi specifici (tranne la plastica). A pesare la mancanza di un’adeguata rete impiantistica a supporto. Una delle conseguenze è il trasferimento dei rifiuti in altre regioni o all’estero. “Ne è un esempio la situazione di Roma: i rifiuti capitolini viaggiano pe tutta Italia e anche all’estero; elaborando i dati di Ama si può stimare che su 100 sacchetti di rifiuti gettati dai romani, ben 44 vengono portati a spasso verso altre provincie o altre regioni”.
Secondo il Rapporto 2018 sui rifiuti elaborato da Ispra, in Italia la produzione dei rifiuti rimane ancora molto alta, con 487 Kg per abitante anno. La raccolta differenziata ne intercetta poco più della metà (55%), ma con differenze importanti sul territorio, con il Veneto al 74%, il Trentino Alto Adige 72%, la Lombardia 70%; dal basso troviamo la Sicilia 22%, il Molise 31%, la Calabria e la Puglia 40%. E comunque la raccolta differenziata rimane il mezzo per raggiungere il fine che è il riciclo e la produzione di nuovi manufatti: si passa così da un’economia lineare (rifiuti non recuperabili) al nuovo paradigma dell’economia circolare ( non più rifiuti ma risorse).
Perché il 2019 sia l’anno di transizione verso un’economia circolare nel nostro Paese, secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani “occorre rimuovere gli ostacoli che nel nostro Paese sono ancora presenti. L’economia circolare vuol dire creare investimenti occupazione ed economia sul territorio, ma bisogna avere il coraggio di andare verso questa direzione. Per questo abbiamo lanciato oggi al governo e al Parlamento un pacchetto di proposte che devono essere messe al centro dell’agenda politica nazionale”.
Investire sull’economia circolare conviene al bilancio dello Stato perché riduce le importazioni di materie prime, salvaguardia l’ambiente e la salute dei cittadini. Ma per arrivare a questo risultato, secondo Legambiente, occorre rimuovere alcuni ostacoli, primi fra tutti la “burocrazia asfissiante” e i decreti sulle materie prime seconde (End of Waste). Servono inoltre più impianti per il riciclo e il riuso dei rifiuti, una tariffa puntuale e obbligatoria per ridurre e prevenire la produzione dei rifiuti, una nuova ecotassa su quelli avviati in discarica. Non bisogna dimenticare di costruire un mercato dei prodotti realizzati con i materiali riciclati attraverso una puntuale applicazione delle norme relative al Green Public Procurement e i criteri ambientali minimi nelle gare d’appalto. E ancora, rafforzare il sistema dei consorzi obbligatori, senza pensare ad ulteriori aperture al mercato che hanno sempre fallito in passato; garantire più controlli lungo tutta la filiera dei rifiuti urbani e speciali su tutto il territorio nazionale.
Secondo il presidente del Conai, Giorgio Quagliuolo, se se vuole passare realmente al nuovo modello di economia circolare “occorre attuare un cambio di paradigma: i rifiuti non devono essere un problema ma un’opportunità e una risorsa per un nuovo modello di sviluppo. Per attuare questo cambiamento tutti gli attori interessati devono essere coinvolti, dai decisori pubblici agli imprenditori della filiera affinché vi siano regole uguali per tutti”.
L’esperienza recente di sconsiderate aperture al mercato non ha certo migliorato le performance dei sistemi consortili. I dati relativi alle pile e accumulatori e alle apparecchiature elettriche e elettroniche dimostrano che la concorrenza porta i nuovi consorzi a privilegiare i rifiuti più facili da raccogliere e quindi con costi minori, sfavorendo le aree più disagiate da raggiungere, contravvenendo al principio di servizio universale previsto dalla legge.
“Compito del legislatore – ha concluso la giornata il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – è quello di proporre una visione proiettata al futuro, così da dare regole certe al sistema delle imprese del Paese. Il Pacchetto sull’economia circolare ci offre questa occasione e noi non vogliamo sprecarla. Abbiamo tempo fino al 5 luglio del 2020 per recepire le direttive sui rifiuti contenute nel pacchetto. Intendiamo farlo coinvolgendo tutti gli schieramenti politici dell’arco costituzionale e tutti i rappresentanti del mondo imprenditoriale e della società civile”.