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F-35, investimenti e Afghanistan. Le esigenze delle Forze armate secondo Enzo Vecciarelli

vecciarelli

Investimenti, certezza programmatica e pianificazione di lungo periodo. Sono le esigenze delle Forze armate spiegate dal capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli alle commissioni Difesa di Camera e Senato, nel corso dell’audizione per la presentazione delle sue linee programmatiche. Il generale, che ha assunto l’incarico lo scorso novembre prendendo il posto di Claudio Graziano (ora a Bruxelles a presiedere il Comitato militare dell’Ue), è intervenuto anche sui temi “caldi” per la Difesa, dall’Afghanistan alla Brexit, passando per l’F-35, il velivolo di quinta generazione su cui è ancora in corso la “valutazione tecnica” promossa dal dicastero guidato da Elisabetta Trenta.

IL TEMA DELLE RISORSE

A generare apprensione è prima di tutto il tema del budget destinato alla Difesa, da tempo piuttosto risicato rispetto alle esigenze operative e in ribasso quest’anno nell’ambito della Legge di bilancio. “Con grande sacrificio – ha spiegato Vecciarelli – veniamo a compensare un insoddisfacente budget finanziario”. Difatti, “per garantire un buon andamento servirebbero risorse adeguate”. Il dossier è delicato pure rispetto all’impegno definito in ambito Nato di destinare il 2% del Pil alla Difesa. Proprio in questi giorni, il ministro Trenta ha portato a Bruxelles ai colleghi dell’Alleanza la proposta di conteggiare anche le spese destinate a cyber-security e protezione delle infrastrutture critiche. La quota, che è tanto cara a Donald Trump, non preoccupa Vecciareli. Seppure “auspicabile”, l’obiettivo del 2% “non è strettamente necessario”, anche perché si parte dall’attuale 1,15%. Piuttosto, ha notato il generale, “manca un pezzettino di finanziamenti che farebbe aumentare l’efficacia del sistema in misura esponenzialmente proporzionale”.

PROGRAMMARE “ALMENO” NEL MEDIO PERIODO

Per risolvere la questione il primo passo è “una soluzione intermedia”, e cioè “la possibilità di pianificare con un orizzonte per lo meno di medio periodo”. In altri termini, c’è “l’esigenza di risorse economiche e volumi finanziari che siano adeguati alle contingenze odierne e, cosa più importante, coerenti programmaticamente con i trend e gli sviluppi futuri attesi, in una logica di stabilità di medio-lungo periodo, per fare in modo che la Difesa continui a costituire un’utile tessera di un pregiato mosaico più grande al servizio del Paese, della collettività e dei cittadini”.

IL PUNTO SULL’F-35

In tal senso, il generale non ha dubbi sull’F-35: “È indispensabile”. Ai parlamentari delle commissioni Difesa, Vecciarelli ha spiegato che il Joint Strike Fighter “non è una macchina fine a se stessa, e soprattutto adesso che abbiamo modo di utilizzarla, ci rendiamo conto che rappresenta effettivamente una rivoluzione politico-militare”. In altre parole, ha notato, “non si tratta di una macchina che ha dei missili o dell’armamento e lo usa come tale: è una macchina che potrà portare chi ce l’ha a essere parte di quel gruppo di Paesi che guideranno le azioni, le decisioni internazionali, e chi non ce l’ha, a seguire”. Così, ha aggiunto, “l’F-35 è una rivoluzione di sistema che consente di avere dei benefici soprattutto nel settore dell’information superiority, quindi di gestire le informazioni” e l’enorme quantità di dati che è in grado di raccogliere e distribuire. Poi, ha rimarcato, è “l’unica macchina che potrà sostituire in prospettiva gli aeroplani a decollo verticale, quindi ce n’è bisogno sia in generale, per sostituire tutta una serie di aeroplani, sia per quelli della portaerei, che con sacrificio abbiamo acquisito negli anni e dobbiamo mantenere”.

IL DUAL USE

Il generale Vecciarelli ha poi affrontato il tema dell’impiego “dual use”, una delle colonne portanti del dicastero di Elisabetta Trenta. “Lo strumento militare – ha notato il capo di Stato maggiore – nella sua evoluzione non prescinderà, per quanto possibile, dal concetto di dualità nella sua declinazione moderna”. Significa che “saprà agire in piena sinergia con gli altri dicasteri e agenzie nazionali, salvaguardando la propria specificità militare perché indispensabile”. Da parte sua, il generale promette di orientare il suo impegno “per far sì che il Paese possa disporre di Forze armate agili, snelle e motivate per svolgere tali ruoli, consapevole che l’efficienza militare, essenziale nei momenti di crisi, non è frutto di improvvisazione”.

IL DOSSIER AFGHANO

Il tema della pianificazione vale chiaramente anche per le missioni internazionali. Nelle ultime settimane, ha fatto discutere l’avvio di una nuova pianificazione sull’eventuale ritiro dell’Afghanistan. Imprescindibile, ha detto Vecciarelli (come d’altra parte ha spiegato a più riprese anche il ministro), è la concertazione con gli alleati, a partire dai colloqui di pace di Doha tra Stati Uniti e talebani. Ad oggi, in Afghanistan ci sono “embrioni di una rinascita nel Paese dei diritti del popolo e delle donne”, con queste ultime che mostrano “aspettative di un futuro migliore”. Così, la partecipazione italiana alla missione Nato Resolute Support sta vedendo “una rapida diminuzione di unità”, rispetto ai 900 soldati dello scorso anno. Oggi, ha osservato, “700 nostri militari hanno una grande responsabilità in una regione grande come l’Italia; sono certo che anche gli alleati non vorranno vanificare gli impegni umani e finanziari che nel corso degli ultimi anni hanno portato nel Paese; valuteremo insieme a loro le soluzioni migliori”.

SE LA BREXIT NON FA PAURA

Nel Vecchio continente, invece, non genera apprensione la Brexit. L’Italia, ha spiegato Vecciarelli, potrà continuare a collaborare con il Regno Unito in materia di difesa. Negli ultimi anni, ha aggiunto, “è stata sviluppata con gli alleati un’interrelazione tale da assicurare la continuità dei rapporti”. Così, “in prospettiva, qualora venissero assegnate risorse finanziarie, ci saranno possibilità di cooperazione non solo con gli altri paesi membri Nato e Ue, ma anche con l’Inghilterra”. D’altra parte, ha ricordato Vecciarelli, “Leonardo ha una componente significativa in quel Paese”, un ruolo importante che allarga “i margini per portare avanti quella collaborazione: condividiamo valori, interessi di stabilizzazione e di pacificazione mondiale”.

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