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La Rai senza il Festival (e Montalbano ed Angela) sarebbe molto più povera. Ecco perché

Rai2

A febbraio, quando la platea televisiva, complice il freddo, è più ampia, si svolge, nell’arco di cinque giorni, il Festival di Sanremo. Ebbene, se Raiuno trasmettesse solo Sanremo e nulla nei rimanenti 360 giorni, avrebbe una share media sull’intero anno pari a 0,8%. Non è una cifra bassa. Corrisponde a quella ottenuta da tanti noti canali nell’arco dell’intero anno, come Rai5 (0,5% di share nella prima serata nel 2018), Rai4 (1,4%), Cielo (0,9%), RealTime (1,1%), Iris (1,4%).

È un esempio che conferma quanto Sanremo sia fondamentale per la Rai, e indirettamente per tutta la televisione. La manifestazione determina inoltre un introito pubblicitario di circa 30 milioni (circa il 6% del totale dei ricavi pubblicitari della Rai) e questo è prova della redditività del programma: la pubblicità, secondo diversi esperti, copre abbondantemente i costi industriali del programma stesso. Un classico caso, uno dei pochi, di programma, in cui l’ampia audience si coniuga con una discreta o buona qualità.

Sanremo è rimasto il grande evento mediatico, insieme forse a “Il Commissario Montalbano” (e alle più importanti manifestazioni sportive). Un evento mediatico che ormai, da diversi anni, esula dallo stesso ambito di appartenenza, cioè la musica ed i cantanti e trova il suo habitat in altri format, come per esempio “X-Factor”. Il Festival è un appuntamento la cui attesa è alimentata nel corso dell’anno, dai media e dai social: già adesso, per esempio, si fanno ipotesi su chi sarà il conduttore della prossima edizione.

L’edizione di quest’anno ha fatto registrare un calo degli ascolti, al punto che non hanno sofferto in termini di calo di audience alcuni consolidati programmi che vanno in onda in contemporanea, come “Chi l’ha visto?” e “Otto e Mezzo”. Gli ascoltatori medi delle cinque serate sono stati 11,5 milioni (contro 12,7 nell’anno precedente) con una share pari a 48% (3 punti percentuali in meno).

A giustificazione va segnalato che il programma è seguito anche su RaiPlay (una delle migliori novità tecnologiche introdotta dall’azienda pubblica) e sui social. Il calo è inoltre causato dal continuo, graduale abbassamento della platea televisiva: ora il 40% della popolazione si sintonizza in media ogni sera davanti alla Tv; nel 2000 la quota era pari al 45%. Una drastica riduzione. La Tv deve competere con un agguerrito avversario, il web e con il desiderio dei giovani di socializzare, non a caso alla televisione rimangono fedeli le persone più anziane. Ma Sanremo in particolare quest’anno è riuscito a intercettare anche le generazioni millennials: l’età media degli ascoltatori è pari a 54 anni, molto meno rispetto all’età media della rete, mentre i Teens (15-19anni) hanno raggiunto la vetta con il 57% di share e la fascia di età 15-24anni il 56%.

Tirando le somme di quanto detto, si può constatare che Sanremo rimane il top dei programmi televisivi e la Rai farebbe bene a tutelarlo. C’è da sperare che il nuovo vertice della Rai non sia portatore di logiche “pauperistiche” (come potrebbero far presagire le polemiche sui cachet degli artisti, ritenuti troppo elevati, e sugli eccessivi costi della manifestazione). La Rai senza il Festival (e Montalbano ed Angela) sarebbe molto più povera.

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