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Sanremo fa politica. Tutte le sinfonie di Salvini

L’applicazione della logica dei media alla politica, indicata da Altheide & Snow nel lontano 1979, prevede, tra le altre cose, che ogni evento rilevante nella sfera dei mass media possa divenire oggetto di considerazioni politiche, allo scopo di massimizzare il consenso in termini elettorali. In un mondo sempre meno interessato alla politica politicante, tra depoliticizzazione e astensionismo elettorale, sono i temi dettati dall’agenda dei mass media ad entrare nella comunicazione dei politici. Questa strategia ha il vantaggio di conferire interesse in termini comunicativi al discorso pubblico dei leader politici, per restituire l’immagine di leader non lontano dalla realtà quotidiana dei cittadini, per portare in primo piano altri aspetti della personalità politica che sceglie di parlarci delle sue abitudini personali, piuttosto che del suo percorso nei partiti e nelle istituzioni.

Capita allora che in tempi di primato mediatico di cibo sul modello Masterchef, un leader politico offra ai propri pubblici social le foto delle trasgressioni culinarie. Succede che durante le vacanze di Natale un altro leader politico si faccia immortalare sui social mentre fa un giro sulla motoslitta, attingendo ad un immaginario tra i filmini delle vacanze e una nota saga di cinepanettoni. Il tutto con un livello di consapevolezza e controllo del risultato finale degno di sapienti comunicatori, più che di navigati politici.

Non deve sorprendere, pertanto, che il Festival di Sanremo sia stato oggetto di controversie tra la linea del direttore/“dirottatore” artistico Claudio Baglioni e del vicepremier e ministro dell’Interno Salvini. Nel corso degli ultimi giorni Salvini ha pubblicato post, tweet e story rispettivamente sulle scelte artistiche di Baglioni, proposte nel corso della conferenza stampa di presentazione del Festival 2019. Il Vicepremier ha manifestato pubblicamente la sua contrarietà alla canzone più discussa e più originale del Festival, quella Rolls Royce di Achille Lauro che solo un’interpretazione capziosa – o un marketing particolarmente furbo – può aver visto come un inno alla droga, peraltro sullo stesso palco su cui Vasco Rossi aveva portato Bollicine nel 1983. Il ministro Salvini ha, infine, criticato via tweet l’esito del Festival, che ha visto l’affermazione di Mahmood su Ultimo, arrivato secondo nella classifica del Festival. Scelte stilistiche che, nella comunicazione di Salvini, si fanno argomentazione politico, ripresentando la nota argomentazione del “prima (gli artisti) italiani” anche nelle competizioni artistiche.

Insomma, si parla di Sanremo per parlare alla pancia, oltre che alle orecchie, del Paese; e lo si fa, come spesso accade nella comunicazione di Salvini, per antitesi, invece che per proposta. Ed è un peccato, perché, nelle ultime settimane, nella comunicazione di Salvini erano apparsi dei video del ministro che canta al karaoke, sempre in italiano, Rimmel, Vita spericolata e Vagabondo, dimostrando una buona intonazione e capacità di stare sul palco anche senza fare comizi. Insomma, il ricco filone di comunicazione politica musicale che aveva in Berlusconi un caposaldo della scena italiana ha trovato forse un revival nelle recenti performance di Salvini. Che sia un segnale per il centrodestra?

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