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Trump dichiara lo stato di emergenza. E si prende il Muro

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Oggi il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dichiarerà lo stato di emergenza trasformando così la costruzione del muro di separazione sul confine messicano in una necessità per la sicurezza nazionale. Come si era capito da tempo, è l’unica via con cui la Casa Bianca può ottenere, tramite fondi extra, i miliardi di dollari necessari per dare una spinta consistente all’opera, che è stata uno dei punti cardine della campagna elettorale che ha portato Trump alla vittoria nel 2016, ma è restata immobile – senza finanziamenti – in questi due anni di presidenza.

È stata la portavoce della presidenza, Sarah Huckabee Sanders, ad annunciare pubblicamente la decisione (attesa, ma evitata almeno in un paio di occasioni).

Trump, che in questo lasso di tempo ha più volte battuto sul Muro (lo faremo, lo costruirò, vi proteggerà, è il mantra trumpiano che ha accompagnato interviste, dichiarazioni, rally politici), a questo punto non poteva tornare indietro. I fondi per la costruzione dell’infrastruttura protettiva sono stati al centro dello shutdown dello scorso mese, che è stato sbloccato il 25 gennaio – dopo 35 giorni che lo hanno reso il più lungo della storia statunitense – soltanto tramite un decreto presidenziale che scade oggi, perché mentre i Repubblicani erano (più o meno convinti) allineati con Trump, i Democratici (forti anche del recente insediamento alla Camera, frutto delle Midterms) non volevano e non vogliono finanziare il Muro.

Per i Dems l’analisi costi/benefici dell’opera è assolutamente sbilanciata verso i primi. Il costo complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai 25 miliardi – l’infrastruttura è pensata in cemento e acciaio, e dovrà coprire oltre trecento chilometri di confine tra Texas e Messico. Per le analisi democratiche la spesa non servirà a raggiungere gli obiettivi progettati dall’amministrazione Trump, che riguardano il contenimento dell’immigrazione e dei flussi clandestini del contrabbando (di persone, di droga e quant’altro) e dunque abbassare il tasso di criminalità.

I Democratici dicono che il Muro non fermerà niente di tutto questo: senza aumentare le attività dei Border Patrol sarà un’opera inutile (c’è un video ripreso di straforo una mesata fa dalla Nbc durante un test sui materiali: le barre di acciaio si possono segare in meno di mezz’ora, che è meno del tempo previsto per l’intervento dei frontalieri in aree remote; inoltre i muri in cemento difficilmente fermeranno gli spalloni della droga, che tra l’altro entrano abitualmente secondo altre vie e non da quel confine). E per questo i Dems hanno proposto di aumentare i fondi alla polizia di confine, ma non quelli per il Muro.

Nei giorni scorsi c’è stato un accordo più o meno definitivo tra Repubblicani e Democratici: i secondi accettavano di mettere a bilancio 1,375 miliardi per lavori sul confine che consistevano nel miglioramento e proseguimento delle barriere esistenti, ma niente muro in cemento e acciaio. Trump di miliardi ne voleva almeno 5,7 per quest’anno, e così l’accordo non è sopravvissuto al presidente, che lo ha firmato per evitare un secondo shutdown in appena due mesi, ma ha deciso contemporaneamente di mettere a budget anche l’emergenza nazionale.

Le stime dicono che a questo punto la Casa Bianca di miliardi a disposizione potrebbe averne otto (dirottati dal conto preventivo destinato a dossier come la lotta al narcotraffico, genieri dell’esercito e altre opere pubbliche).

La scelta trumpiana incontrerà diverse problematiche dal punto di vista giuridico. I Democratici, che controllano la Camera e adesso hanno una forza congressuale (oltre che la spinta elettorale che li sta portando alle presidenziali del prossimo anno), hanno già pronti i piani giurisprudenziali per portare la Casa Bianca e l’amministrazione davanti ai giudici. Dicono che non ci sono i presupposti reali per dichiarare lo stato di emergenza (che permette di sbloccare fondi straordinari destinati a disastri naturali o fasi di guerra), ed è possibile che il caso arrivi fino alla Corte Suprema (dove però i giudici conservatori sono in maggioranza, e due di loro sono stati nominati da Trump).

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