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Vivendi apre alla fusione Tim-Open Fiber. Ma detta le condizioni ad Elliot

Restituire Valore a Telecom Italia. È questo il titolo del corposo documento di 48 pagine in cui il gruppo guidato da Arnauld de Puyfontaine, Vivendi, alternando accuse ad aperture, si è per la prima volta detto “pronto a supportare il progetto di fusione di Open Fiber con Tim”, un obiettivo finora portato avanti dal fondo Elliott e caldeggiato dal governo Lega-Cinquestelle. E in vista dell’assemblea del 29 marzo i francesi tornano a chiedere di sostituire i 5 membri della lista del fondo americano. I due gruppi controllano rispettivamente il 23,94% e il 9,4% dell’operatore delle telecomunicazioni italiane. Interpellati sulla questione, da Elliot non hanno voluto rilasciare commenti.

L’APERTURA

I francesi – hanno spiegato nel documento – ritengono “che la rete fissa di Tim sia fondamentale per la creazione di valore”.”Vivendi è pronta a supportare la fusione di Open Fiber con Tim nel caso in cui le condizioni siano corrette ed eque da un punto di vista operativo, finanziario e normativo e supervisionate da un consiglio di amministrazione composto in maggioranza da amministratori indipendenti”, si spiega nella nota.

IL PIANO TIM

Il matrimonio tra i due operatori è parte integrante del piano industriale 2019-21 firmato dall’ad Luigi Gubitosi, che ha stretto un accordo con Vodafone per lo sviluppo della rete 5G: “L’azienda prosegue il lavoro con i propri advisor finanziari per esplorare l’opportunità di una rete unica” con Open Fiber e “massimizzare il valore dell’infrastruttura di rete fissa di Tim”. Nel piano della società si sottolinea come “la convergenza delle due reti porterebbe vantaggi a tutti gli stakeholders: le aziende coinvolte, il mercato, gli azionisti e il paese intero, che beneficerebbe di un’infrastruttura veloce e all’avanguardia”.

I VANTAGGI

Ma quali potrebbero essere i vantaggi del fare sistema nel campo delle infrastrutture mettendo a fattor comune le due reti? Le “opportunità riguardano i ricavi, ma soprattutto i minori esborsi che il gruppo dovrebbe sostenere per costruire la dorsale in fibra ottica e portarla fin dentro le case. Rinunciando alla concorrenza sull’infrastruttura Tim tornerebbe ad avere quel ruolo di promotore di sviluppo e innovazione necessario a proiettare in avanti il sistema Paese”, ha spiegato Federico De Rosa sul Corriere Economia.

FAVOREVOLI E CONTRARI

A favore di una possibile fusione si è espresso di recente anche Luigi Di Maio. “Credo che sia il momento di lavorare a un soggetto unico che dia connettività alla gente, invece di vedere le nostre aziende combattere ad armi non pari con le aziende straniere”, ha detto il vice premier.
E ad apprezzare la sinergia tra i due operatori leader del mercato era stato anche il mercato, tornando a investire sui titoli Telecom. “Come potrebbe, allora, Vivendi schierarsi contro il mercato, proprio nel momento in cui si prepara a una nuova battaglia assembleare? Chi voterebbe per le proposte dei francesi, sottolineano gli addetti ai lavori, nel caso in cui rimanessero su posizioni contrarie per una questione di principio?”, ha scritto Luca Pagni su La Repubblica. 

IL PESO IN CDA

Il prossimo 29 marzo, l’assemblea deciderà in merito alla proposta di Vivendi di revocare i cinque membri della lista Elliot: ovvero Alfredo Altavilla, Fulvio Conti, Massimo Ferrari, Paola Giannotti de Ponti, Dante Roscini. Al loro posto, Vivendi propone Flavia Mazzarella (ex vicedirettore della vigilanza assicurativa Ivass), l’ex numero uno di Telecom, Franco Bernabè, il presidente di Generali, Gabriele Galateri di Genola, il manager Rob van der Valk e Francesco Vatalaro, esperto in telecomunicazioni.

La società ricorda che dall’assemblea del 4 maggio il cda di Tim è composto da 15 membri, 10 dei quali eletti dalla lista presentata dal Fondo attivista mentre gli altri 5 sono stati indicati dalla lista del primo azionista Vivendi, di fatto in minoranza all’interno del board.

BOARD INDIPENDENTE

“Contrariamente a quanto da taluni strumentalmente sostenuto, per Vivendi non si tratta di una contesa per il controllo di Tim, ma – sottolinea il gruppo francese – esclusivamente una sollecitazione a nominare un consiglio di amministrazione veramente indipendente che non sia controllato da alcun azionista”. La società sottolinea infatti che “nell’ambito della proposta, solamente due tra i consiglieri indicati da Vivendi non saranno indipendenti e nessuno di loro sarà candidato alla carica di presidente del consiglio di amministrazione”. La presidenza “dovrebbe essere di natura non esecutiva e ricoperta da un amministratore indipendente”.

Vivendi “sosterrà qualsiasi proposta che si riveli nel miglior interesse a lungo termine di tutti gli azionisti di Tim e degli altri stakeholder di Tim, inclusi modelli di business alternativi di rete fissa, iniziative di riduzione del debito, potenziale vendita di asset non strategici, semplificazione della struttura del capitale e distribuzione di dividendi”.

SUBITO IL CAMBIAMENTO

“Il cambiamento deve iniziare subito”, avvertono i francesi, proponendo come soluzione la sostituzione dei 5 consiglieri incriminati con i 5 indipendenti proposti. Solo così, assicura Vivendi agli azionisti, avrà “la credibilità e la fiducia” per implementare il piano industriale strategico.

I francesi si appellano alle promesse non mantenute di Elliot: con la gestione degli amministratori indicati dagli americani “è stato distrutto il valore per gli azionisti” (il prezzo delle azioni Tim – evidenzia il documento – ha perso circa il 37%) e “sono aumentati i rischi”.

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