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5G e sicurezza nazionale, ecco come cambia la Golden power

huawey

Per ridurre i rischi per la sicurezza nazionale derivanti da tecnologia straniera nelle telco, argomento tornato di grande attualità dopo il ‘warning’ americano nei confronti degli apparati prodotti da colossi cinesi come Huawei e Zte, il governo punta su nuovi “poteri speciali inerenti ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G”, la quinta generazione di rete mobile superveloce.

È questo il titolo della misura che estende il ‘Golden power’ del governo, contenuta nel decreto Brexit e pubblicata oggi in Gazzetta Ufficiale.

Il provvedimento aggiorna il decreto 21 del 2012 relativo alla normativa sulle prerogative ‘speciali’ che lo Stato può usare a difesa degli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica in ambiti come l’energia, i trasporti e le comunicazioni.

LA TECNOLOGIA 5G

“In conseguenza dell’evoluzione tecnologica intercorsa, con particolare riferimento alla tecnologia 5G e ai connessi rischi di un uso improprio dei dati con implicazioni sulla sicurezza nazionale”, si legge nel testo, “costituiscono, ai fini dell’esercizio” del golden power “attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G”.

I NUOVI OBBLIGHI E I TERMINI DI NOTIFICA

La misura chiarisce che “la stipula di contratti o accordi aventi ad oggetto l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione, alla manutenzione e alla gestione delle reti inerenti i servizi” delle reti 5G, “ovvero l’acquisizione di componenti ad alta intensità tecnologica funzionali alla predetta realizzazione o gestione, quando posti in essere con soggetti esterni all’Unione europea, sono soggetti” all’obbligo di “notifica”, per consentire al governo “l’eventuale esercizio del potere di veto o dell’imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni” (i termini restano quelli precedentemente fissati dal decreto 21 del 2012). A tal fine, prosegue il testo, “sono oggetto di valutazione anche gli elementi” che indicano “la presenza di fattori di vulnerabilità che potrebbero compromettere l’integrità e la sicurezza delle reti e dei dati che vi transitano”.

PER CHI VALE

Come evidenziato, ciò si applica solo per la stipula dei suddetti contratti e accordi posti in essere con soggetti esterni all’Ue. Questi ultimi, si specifica nel testo, includono “qualsiasi persona giuridica che abbia stabilito la sede legale o dell’amministrazione o il centro di attività principale in uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo o che sia comunque ivi stabilito, e che risulti controllato direttamente o indirettamente da una persona fisica o da una persona giuridica” al di fuori dell’Unione; nonché “qualsiasi persona fisica o persona giuridica che abbia stabilito la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell’amministrazione o il centro di attività principale in uno Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo o che sia comunque ivi stabilito, al fine di eludere l’applicazione della disciplina”.

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