Le bandiere dell’Europa e dell’Italia esposte ai balconi a partire dal primo giorno di primavera. È l’iniziativa – a cui Formiche.net ha convintamente aderito – promossa da Romano Prodi. Si tratta di forme, di simboli, di cui però ignoriamo colpevolmente la sostanza. L’ennesimo esempio ce lo offre il viaggio di Xi Jinping in Italia, gli accordi commerciali (e ben più vasti) sottoscritti con Roma, ma anche il prosieguo del tour del presidente cinese che farà tappa nel Principato di Monaco e poi in Francia dove incontrerà Macron, Merkel e Juncker. Ognuno per conto proprio.
Parole vuote, in fondo, quelle dell’europeismo. Un’Europa unita solo dalle stelle sulle bandiere e da una moneta, ma che agisce a ranghi sciolti in tema di tassazione, difesa, strategie comuni. L’Europa unita non esiste e, di questo, non è possibile neppure dare colpe solo a noi italiani. Dovremmo altrimenti tornare indietro di appena pochi mesi, a quella “emergenza migranti” che ha visto Roma isolata nel bel mezzo degli egoismi e dei particolarismi dei partner europei. 700mila migranti sbarcati in pochi anni sulle nostre coste mentre l’Europa voltava lo sguardo dall’altra parte. Vertici, incontri, strette di mano per manifestare un freddo interesse ai problemi italiani soltanto con vuote parole e inutili promesse: nessuna riforma dei Trattati di Dublino e disatteso ogni accordo che avrebbe dovuto ridistribuire tra i Paesi europei i flussi migratori che negli anni hanno impattato sulle “povere” Grecia e Italia.
Un europeismo di cui tanto si sciacqua la bocca il presidente francese Emmanuel Macron che sull’Europa voleva costruirci un manifesto politico del suo En Marche! così tanto invidiato da Matteo Renzi. Salvo agire, nei fatti, – solo per fare un banale esempio – con costanti azioni di disturbo degli emissari francesi in Libia, lì dove il fenomeno dei flussi migratori e quello degli interessi commerciali dei rispettivi Paesi creano un combinato disposto su cui la Francia vuole scalzare l’Italia. I recenti successi militari del generale Khalifa Haftar sono solo l’ultimo atto di un progetto egemonico partito da lontano. “Prima la Francia” e mai “Prima l’Europa”.
E che dire delle frasi di Macron delle ultime ore su Pechino? Da un lato ha individuato la Repubblica Popolare Cinese come ostile agli interessi europei, dall’altro ha deciso di attovagliarsi con Xi Jinping in Costa Azzurra per avviare miliardarie intese commerciali. Europeisti a parole, nazionalisti e sovranisti – ca va sans dire – con gli atti concreti.
Sono questi gesti, come altre decine di altri che sarebbe superfluo ricordare, che hanno allontanato la possibilità di un’Europa realmente unita. Incapaci, tutti noi, di comprendere che si può contare nel quadro geopolitico solo agendo come un unico blocco. Piccoli e divisi, ad esempio, di fonte al Dragone cinese, fornendo una sponda alla strategia di Pechino presa in prestito dall’impero Romano del divide et impera.
Abbiamo i sovranisti in casa nostra, un sovranismo ambiguo nei fatti, che agisce per strappi anche probabilmente per l’assenza di una piena consapevolezza dell’attuale scenario geopolitico. Il risultato di anni in cui proprio i nostri partner europei hanno sottovalutato l’impatto sull’opinione pubblica, non solo italiana, di questo agire in ordine sparso. Lontani dall’Europa, lontani dagli Usa. Abbiamo tutti dimenticato troppo in fretta perché l’Italia ha scelto di collocarsi da sempre nei patti euro-atlantici. Abbiamo colpevolmente dimenticato le guerre, 70 anni di relativa pace da ritenere le morti e le divisioni come un’ipotesi non più ripetibile. È su quel sentimento del “mai più” che abbiamo costruito questi anni di pace. Lo stiamo dimenticando. Che i nostri figli, quella generazione Erasmus che oltrepassa i confini un tempo macchiati di sangue, perdonino questa politica miope e incapace di guardare al futuro. Una bandiera e una moneta unica non bastano più se dietro quei simboli nascondiamo la sostanza della nostra storia. Se fosse una canzone sarebbe: “Sono solo parole”.