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Casini mette in guardia il governo: sugli investimenti di Pechino riferisca in Parlamento

“Solleciterò il governo di venire in Parlamento prima della visita a Roma del presidente cinese Xi Jinping. Esistono ancora delle istituzioni nel nostro Paese e l’esecutivo è tenuto a rispettarle”. L’ex presidente della Camera, Pierferdinando Casini, componente della Commissione Esteri del Senato, chiede chiarezza sul progetto della Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta a cui il governo gialloverde sarebbe pronto a dare il via libera.

Questi investimenti cinesi in Italia rappresenterebbero una risorsa o un pericolo?

“La politica internazionale non è un pranzo di gala, esistono delle regole internazionali stringenti, soprattutto in un periodo così turbolento è necessario avere ben chiaro il valore delle questioni geopolitiche che abbiamo d’avanti. La Belt and Road è un iniziativa intelligente dei cinesi, sostanzialmente un’opa amichevole sul mondo. Il discorso è che quello che le imprese italiane possono guadagnare in termini economici si rischia poi di perderlo sul versante della sicurezza”.

Cosa dovremmo fare per superare queste minacce?

“Noi non siamo un Paese in cerca d’autore, abbiamo un rilievo anche per la collocazione atlantica a cui siamo legati da sempre, fare gli avanguardisti in Europa aprendo ad un progetto di questo tipo non mi sembra una scelta intelligente. La soluzione è concertarci in maniera chiara anche con i nostri alleati europei. Non sono convinto che andare a stipulare affari con la Cina fuori dal contesto europeo sia una mossa saggia, anzi rischia di esporre l’Italia ad un grave isolamento invece che assicurarci opportunità maggiori”.

Ieri anche il National Security Council, l’organo che consiglia e assiste il presidente Trump per gli aspetti della sicurezza nazionale e di politica estera, ha lanciato un chiaro avvertimento al nostro governo dicendo che così si espone il nostro Paese alla politica predatoria cinese sugli investimenti. La stupisce questo richiamo?

“L’amministrazione Trump non cessa mai di stupirci, ma in questo caso proprio non riesco a meravigliarmi di questo tweet. È un richiamo che va nel solco del grande tema della competizione mondiale tra Usa e Cina che finisce per mettere in secondo piano anche la rivalità tra Usa e Russia. È normale che gli americani siano preoccupati se un alleato storico come l’Italia si lancia in questo genere di aperture”.

A quel tweet ha risposto il sottosegretario agli Esteri della Lega, Guglielmo Picchi, invitando il governo ad un necessario e approfondito esame sulla Bri. Sembra che questa linea non sia condivisa neppure all’interno dell’esecutivo.

“Intanto su questo tema spetta rispondere al ministero degli Affari Esteri e per questo chiederemo che venga a riferire in Parlamento. Poi basta vedere come è stata gestita la questione della Tav per capire come questo governo ormai proceda in ordine sparso, ma le Camere vanno rispettate e hanno il diritto di essere informate con una risposta netta su cosa intenda fare l’esecutivo”.

Oltre alla Belt and Road tiene banco anche la questione delle nostre infrastrutture critiche, ad esempio l’affidamento ad aziende cinesi delle nostre telecomunicazioni e della rete 5G.

“Questo è il vero problema che può mettere a repentaglio la nostra sicurezza nazionale, servirà per questo un supplemento di attenzione molto serio. Prima di mettere i nostri dati sensibili nelle mani straniere va fatta una valutazione in termini di sicurezza, molto più che qualsiasi valutazione commerciale”.

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