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Ecco come Gazprom intende aggirare il no dell’Ue al Nord Stream II

Gazprom pensa ad una società separata per l’ultimo tratto del gasdotto Nord Stream II al fine di aggirare la contrarietà dell’Ue. L’europarlamento infatti ha approvato una risoluzione (402 sì, 163 no e 89 astenuti) sul gasdotto che collegherà Russia e Germania, esprimendo tutte le proprie perplessità. Nella partita, però, entra di fatto l’intera rete di alleanze balcaniche, il cui peso specifico viene misurato sull’incidenza (e l’invasività) dell’altro gasdotto “orientale”: il Tuskish Stream.

QUI GAZPROM

Al momento è più di una semplice ipotesi: separare gli ultimi 50 km del gasdotto dal progetto originario del Nord Stream II, affiliandoli ad una nuova società creata ad hoc. Nei fatti sarebbe proprietaria e gestirebbe la piccola parte del gasdotto sottomarino nelle acque territoriali tedesche. Questa sezione sarebbe soggetta alle regole dell’Ue, mentre il resto del Nord Stream 2 rimarrebbe al di fuori della giurisdizione. Lo spacchettamento del gasdotto si inserirebbe nel solco della struttura utilizzata per le condotte conosciute come Opal, che si trovano in Germania e collegano il primo gasdotto Nord Stream, in funzione dal 2011, alla rete del gas del Paese.

Mentre le risoluzioni del Parlamento sono solo raccomandazioni, un paragrafo della dichiarazione mette in evidenza l’opposizione al progetto, che è guidato dal monopolio russo del gas Gazprom, poiché temono che minerebbe la sicurezza energetica dell’Ue. Nelle intenzioni di Bruxelles, l’intero pacchetto di norme sulle tariffe non discriminatorie e sull’accesso a terzi, avrebbe dovuto modificare l’economia del progetto. Ma la nuova soluzione moscovita è una contromossa che va proprio nella direzione di annullare gli effetti della prima.

QUI BALCANI

Pur essendo proprietaria del gasdotto, Gazprom vanta già accordi di partnership con una serie di players europei come Dutch Shell, Engie, Omv e Uniper e Wintershall. Segno che la rete di interlocuzioni è attiva già da tempo e potrebbe anche estendersi lungo quella dorsale balcanica che, nei fatti, sta diventando il nuovo crocevia degli interessi legati non solo alla Via della Seta cinese ma anche al gas russo. Un intreccio che porterebbe Gazprom ad essere ancora più presente nei paesi balcanici lo si desume dal ruolo di Serbia e Bulgaria. In occasione della sua visita a Belgrado lo scorso gennaio, il presidente russo Vladimir Putin ha siglato l’accordo per una joint venture tra Gazprom e Srbijagas, la compagnia di gas statale serba, per posizionare 250 miglia di tubi. E pochi giorni fa il primo ministro russo Dimitry Medvedev si è recato in Bulgaria per negoziare un altro tratto di 300 miglia. Lì, la società statale Bulgartransgaz ha intensificato i propri sforzi per costruire e gestire TurkStream. Ma Bulgartransgaz che avrebbe dovuto investire circa 1,6 miliardi di dollari per i lavori, non possiede quei denari e Mosca non intende prestarli, sostenendo che la Bulgaria otterrà abbastanza profitti dalle tasse di trasporto e dalle vendite di gas Gazprom.

Per cui Gazprom accelera con la Serbia, ma frena con la Bulgaria, il cui primo ministro Boyko Borissov ha suggerito che TurkStream sarà solo un gasdotto che entra in un nuovo hub del gas dei Balcani e che sarà alimentato anche dalle forniture dall’Azerbaijan e dai campi offshore nel Mar Nero. Ma il Ceo di Gazprom Alexey Miller non è daccordo con Sofia, perché non intende concedere alla Bulgaria la capacità di mescolare e rivendere il gas attraverso una piattaforma di scambio sostenuta dall’Ue.

PUZZLE

Secondo il delegato per l’Ue di Nord Stream II, Sebastian Sass, “indipendentemente dalle dichiarazioni politiche, l’implementazione di Nord Stream-2 è governata da un quadro giuridico vincolante che è stato anche plasmato dal Parlamento. Il quadro giuridico è costituito dalla legislazione dell’Ue, dalle convenzioni internazionali e dalla legislazione nazionale dei paesi lungo il percorso pianificato”.

È chiaro che da un lato l’Europa necessita del gas russo per gli anni a venire (come dimostra la posizione di Berlino, al netto delle contrarietà espresse da Washington) e dall’altro ha compiuto progressi significativi nello sviluppo di un mercato europeo comune dell’energia (si veda i gasdotti Tap e Eastmed). Il nodo si ritrova nel perimetro d’azione del Nord Stream 2 che potenzialmente permetterebbe alla Russia di isolare determinati mercati e aumentare le tasse di transito (e quindi i prezzi), soprattutto nel fazzoletto di terre balcaniche.

twitter@FDepalo



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