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L’Europa divisa, gli scontri con la Francia e la lezione di De Gasperi

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Sabato 23 marzo ho partecipato, nel Santuario di Crea in provincia di Alessandria, a una iniziativa della Fondazione Goria e del Movimento Federalista Europeo delle provincie di Asti e Alessandria, riflessione importante nel correre frenetico delle nostre giornate. Si è approfondito un evento poco ricordato e poco presente nella storiografia e nel dibattito sull’Europa: l’incontro tra Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio italiano, e George Bidault, ministro degli Esteri francese, svoltosi in una piccola stanza di quel Santuario il 22 marzo 1948. Si è trattato di un incontro che ha influenzato un cambiamento non solo nelle relazioni tra l’Italia e la Francia ma che ha stimolato quel mutamento che ha segnato la storia dell’Europa e delle relazioni euro-atlantiche; un incontro svoltosi in un luogo di silenzio, lontano dal frastuono della vita politica del mondo, senza che vi fosse un’agenda predefinita e senza la spiegazione, da parte dei protagonisti, della ragione e dei contenuti di due ore di colloquio. Il tutto non è stato affidato a documenti politici o diplomatici. Ci sono alcuni frammenti nella cronaca del discorso elettorale di De Gasperi, tenuto a poca distanza dal Santuario di Crea nel comune di Casale Monferrato, il pomeriggio di quel 22 marzo, in un documento della Settimana Incom del 25 marzo 1948, negli scritti dei giornalisti Luigi Angelilino, Aldo Timossi, Gianni Turino e Gianpaolo Pansa (che era presente al comizio di Casale), nell’archivio di Brusasca e in qualche ricordo di De Gasperi in Parlamento o in incontri politici.

Sabato a Crea, con il contributo di Sergio Favretto, Enrico Martial, Sergio Pistone e Carlo Cerrato abbiamo cercato di capire alcune delle radici vere ed autentiche di quel disegno europeo che Francia, Germania e Italia portarono avanti fin dai giorni dalla fine della guerra. Nei giorni di marzo sopra ricordati, fu la prima volta che il ministro francese, poi Primo Ministro, veniva per firmare – con il ministro degli Esteri italiano Carlo Sforza – l’accordo per l’Unione doganale tra Francia e Italia e per discutere le conseguenze del Trattato di Pace con la rettifica della frontiera a Briga e Tenda per superare i problemi nazionali, ponendoli sul piano europeo. Erano già presenti, in allora, i problemi dei trasporti che, sul piano bilaterale, Francia e Italia discutevano, faticando ad ammodernare e a completare infrastrutture di trasporto di interesse comune come il traforo di Tenda, il treno Cuneo-Ventimiglia-Nizza, la ferrovia costiera che, tra Andora e Finale, è ancora a binario unico come nell’ottocento.

In quell’incontro faceva capolino una idea: occorrono cooperazione e un’ampia visione europea. Bidault era stato tra i primi a manifestare questo cambio di visione all’apertura della conferenza dei 16 Paesi del Piano Marshall, il 12 luglio del 1947, quando disse che era giunta l’ora di costruire l’Europa. Non era solo una questione di “ombrello atlantico” ma anche di una nuova visione delle relazioni interne europee: non più tra Stati sovrani ma una collaborazione che passava al piano sovranazionale. In quel pomeriggio del 22 marzo, De Gasperi, guardando certamente alle elezione del 18 aprile, ebbe a presentare la ragione dell’incontro di Crea con queste parole riportate dal cronista del settimanale cattolico di Casale: “Ora amici miei mi trovo da queste parti non soltanto per incontrarmi con voi, ma con l’amico Brusasca sono qui per un opera di pace con il governo di Francia. Noi non siamo andati al Santuario di Crea per un complotto. Siamo andati alla cima di un monte, alla luce del sole e che è in vista di questo bellissimo Monferrato, di queste produttive campagne e da questa meravigliosa opera dell’uomo, noi abbiamo avuto un pensiero di pace per questa città e per queste campagne che hanno visto la Resistenza dei partigiani, hanno subito la guerra tanto esterna quanto interna. Qualche giornale avversario metterà in burletta questa circostanza per cui due uomini politici si sono incontrati in un santuario per parlare di politica”.

L’incontro di Crea, mentre Sforza e Bidault firmavano l’accordo doganale tra Francia e Italia, un tradizionale accordo bilaterale, apriva la strada alla nuova fase storica che, seguendo la scelta dei presidenti Usa Roosevelt e Truman, costruiva la pace e il benessere passando da un ordine di negoziati e accordi bilaterali a un ordine fondato sulla diplomazia multilaterale. In questo quadro si poteva leggere anche la ricostruzione post-bellica delle relazioni italo-francesi. Il ricordo della narrazione nazionalistica più classica delle relazione bilaterali tendeva ad essere superata dal nuovo messaggio che univa ricostruzione materiale e relazioni comuni europee. Al momento dell’incontro al Santuario di Crea, sui giornali si leggevano – con narrazione nazionale – le conseguenze del Trattato di Pace, cioè il caso della zona libera di Trieste e la rettifica della frontiera italo-francese e Tenda; il giornale Luce, dal canto suo, diceva dell’arrivo in treno di Bidault dal Frejus di Cavour e delle sue intuizioni di apertura, della sua stanza dove fu firmato con Sforza il Trattato doganale, della passeggiata al Sacro Monte di Crea con De Gasperi.

Ma questo passaggio non ci sarebbe stato (dal bilaterismo, al multilateralismo, alla nascita dell’Europa) senza la spinta di ideali forti quali erano, nel mondo bipolare, la libertà e la pace. Ed è stata questa spinta a costruire, pur tra tante difficoltà, la Comunità fino alla Unione Europea. Quando è caduto il muro di Berlino, e gli ideali di libertà e di pace e le difficoltà del cambiamento economico sono cresciute, il vincolo multilaterale si è allentato progressivamente e si è ricaduti nella tentazione del ritorno al sovranismo antico e all’ “exit”. Di qui, perdendo la ragion d’essere dell’unità, perdendo il contatto con la vita reale dei cittadini, il governo dell’Unione Europea è apparso sempre più simile ad un regolatore chiamato a controllare il rispetto delle tante regole, a partire dalla moneta, e non una comunità che deve raggiungere un obiettivo condiviso e comprensibile soprattutto dalle giovani generazioni. Di qui è avvenuta la crisi ed è maturata la necessità di riscoprire la ragione del nuovo ordine costruito dopo la seconda guerra mondiale.

La crisi in Europa non ha in sé i germi della disgregazione ma occorre, realisticamente, ridare forza alle ragioni dell’unità specie nel tempo della globalizzazione. Se non possiamo non essere convinti che il cammino è lungo e complesso, esso è certamente possibile e necessario. L’obiettivo non è quello dell’ “exit” e non lo si recupera attraverso marchingegni istituzionali e nuovi equilibri tra gli Stati e l’Unione.

Lo spirito di Crea va recuperato. La novità di allora e l’attualità dell’incontro tra De Gasperi e Bidault al Sacro Monte di Crea sono tutte qui: occorrono collaborazione e visione ampia (quello che è venuto meno) europea. I problemi sono da risolvere insieme e, in questo modo, ognuno trova vantaggio di stabilità, di crescita economica, di progresso sociale. In questi prossimi mesi proprio i grandi Paesi dell’Europa dovranno mostrare segni di cambiamento, avendo capito la lezione e il precipizio sul quale siamo approdati.



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