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No Tap, No Triv, No Eastmed. La lotta “ambientalista” contro il gas che isola l’Italia

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La transizione energetica è il processo avviato dai paesi europei per ridurre progressivamente l’intensità di carbonio dell’economia, fino all’obiettivo della “decarbonizzazione” se possibile entro il 2050. La transizione passa necessariamente attraverso la progressiva sostituzione dei combustibili fossili ad alta intensità di carbonio (carbone e olio) con il gas naturale e la crescita contestuale delle fonti rinnovabili, associate all’aumento dell’efficienza energetica in tutti i settori.

Lo sviluppo delle fonti rinnovabili richiede un adeguato sistema di back up per garantire la continuità della sicurezza e dell’erogazione dei servizi energetici a fronte della discontinuità dell’energia solare ed eolica: il gas naturale è il combustibile di back up a basse emissioni necessario per accompagnare la crescita delle rinnovabili nella produzione di elettricità. Chi oggi continua a contrapporre il gas naturale alle fonti rinnovabili, o non ha capito oppure gioca a favore delle fonti fossili più inquinanti. Il caso della Germania è emblematico: in mancanza di una adeguata disponibilità di gas naturale, il back up delle fonti rinnovabili è assicurato prevalentemente dal carbone, tanto che solo due anni fa è entrata in funzione una nuova grande centrale a carbone con buona pace della decarbonizzazione.

L’Italia rischia una situazione analoga, perché al netto delle importazioni di elettricità dal nucleare, le centrali a carbone del nostro paese continuano ad avere un ruolo decisivo per assicurare la continuità dei servizi energetici. E la chiusura prevista di queste centrali nel 2025 appare quanto meno problematica se non verranno realizzate adesso le infrastrutture necessarie per sostituire il carbone con il gas. Queste sono le ragioni per le quali è necessario completare rapidamente il collegamento con Tap, valorizzare e potenziare le risorse “autoctone” di gas naturale a fronte delle valutazioni già effettuate da Eni sulle importanti riserve non ancora sfruttate, partecipare in posizione leader al progetto Eastmed per il trasporto di gas naturale in Italia e in Europa dai giacimenti al largo di Israele e Cipro, assicurare procedure veloci per la costruzione in Italia di nuove centrali a ciclo combinato e ad alta efficienza.

La sospensione delle esplorazioni ed estrazioni di gas naturale in Adriatico è un evidente controsenso nella prospettiva della decarbonizzazione. La Strategia Energetica Nazionale, che ho approvato nel 2013 insieme con il ministro Corrado Passera, prevedeva 15 miliardi euro di investimenti in 10 anni per lo “sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche” nel rispetto di rigorose regole ambientali. Queste indicazioni, confermate dalla legge Sblocca Italia del novembre 2014, rappresentavano il quadro di riferimento per gli investimenti a medio e lungo termine nell’Adriatico. Ma il No Triv è diventata politica di governo, e sta vanificando investimenti già realizzati o programmati.

Ed è almeno singolare sospendere – per ragioni ambientali – estrazioni e esplorazioni nella porzione italiana dell’Adriatico senza considerare la sequenza delle piattaforme estrattive già realizzate o programmate sulla costa orientale dell’Adriatico e dello Ionio dalla Croazia alla Grecia: non sfugge a nessuno che queste attività sono a pochi chilometri dalle coste italiane in un mare “chiuso” per larga parte della sua estensione. Invece di sospendere le esplorazioni, il ministro dell’Ambiente avrebbe potuto richiedere ai Paesi della costa orientale di Adriatico e Ionio di adottare un protocollo comune per assicurare l’assunzione degli stessi standard adottati dall’Italia – i più severi al mondo – per le autorizzazioni dei nuovi impianti a mare e la riqualificazione di quelli esistenti. La strada seguita isola invece l’Italia rispetto al processo in corso per la valorizzazione dei giacimenti nell’Adriatico e nello Ionio da parte degli altri paesi del sud est Europa.

I No Triv di lotta e di governo stanno anche bloccando la partecipazione dell’Italia a Eastmed, la pipeline di oltre 2000 km per trasportare in Europa dai giacimenti al largo di Israele e Cipro 20 miliardi di metri cubi di gas naturale, attraverso Grecia e Italia . Il progetto, sostenuto dalla Commissione Europea, comporta investimenti per 6 miliardi e rappresenta una grande occasione di leadership tecnologica per l’Italia. Il blocco No Triv mette l’Italia fuori gioco dalla progettazione e realizzazione di questa infrastruttura, strategica per la diversificazione e la sicurezza energetica dell’Europa: un percorso all’indietro rispetto alla leadership internazionale dell’Italia nell’estrazione e utilizzazione del gas costruita dall’Italia fin dagli anni ’80.

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