Inesorabilmente, mossa dopo mossa, Haftar sta prendendo sempre più il predominio della Libia. Lo sta facendo anche grazie ad appoggi esterni: i francesi hanno sostenuto l’avanzata militare del Generale nel Fezzan con i propri aerei nelle scorse settimane, i russi avrebbero inviato 300 paramilitari a Bengasi a sostegno del Feldmaresciallo oltre ad armi, munizioni, blindati e droni. Non è invece chiaro come intenda reagire il governo italiano alla crescente ascesa del Generale.
I media locali hanno rilanciato nelle ultime ore la notizia che le truppe fedeli ad Haftar siano ormai in pieno controllo delle frontiere nel Sud del Paese. I confini con il Sudan, il Ciad e l’Algeria sarebbero nelle mani del Generale della Cirenaica. Nel fluido, quanto incerto schema dei rapporti di forza nel Paese, vuol dire che l’esercito di Haftar ha ora la capacità di poter controllare anche i costanti flussi migratori provenienti dall’Africa subsahariana. Uno scenario che immancabilmente interessa molto da vicino il governo italiano, soprattutto con l’arrivo della bella stagione e la minaccia di un ritorno dei barconi sulle nostre coste.
Le continue evoluzioni libiche sono seguite con la massima attenzione da Roma perché la leva dei migranti potrebbe essere ben presto utilizzata da Haftar per chiedere in cambio aiuti economici o quella copertura politica che fino ad oggi i governi italiani sono stati restii nel concedere al Feldmaresciallo. In continuità con i governi Renzi-Gentiloni, anche l’esecutivo gialloverde ha provato a mantenersi in una posizione di equidistanza tra le varie fazioni libiche, anzi non facendo mai mancare costante supporto al governo di Tripoli, guidato dal sempre più debole Fayez al-Serraj. Lo dimostra anche l’incontro di giovedì scorso tra il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, con il suo omologo tripolino Ali Bashagha per rinsaldare la linea della cooperazione con il governo occidentale libico. Mentre non è mai stato dato seguito concretamente all’annuncio di aprire un consolato italiano a Bengasi. Diplomaticamente l’Italia è presente solo a Tripoli con il neo ambasciatore Giuseppe Buccino.
Ma intanto Haftar continua ad avanzare avendo di fatto il controllo della zona meridionale del Paese: oltre alla Cirenaica è vicino a prendersi l’intero Fezzan, pronto persino – come prevedono alcuni media libici – a sferrare l’assalto finale per marciare su Tripoli arrivando quindi a dominare l’intera Libia. Già due settimane fa le forze fedeli ad Haftar avevano conquistato il più grande pozzo petrolifero libico, quello di Sharara, nel Sud del Paese. Il segnale di uno strapotere militare, ma pure economico con cui l’Italia dovrà per forza di cosa fare i conti. Spettatori interessati sul fronte dei flussi migratori, ma pure per gli enormi interessi energetici delle nostre aziende e multinazionali.
Ovviamente, nel mutevole scenario libico, ogni processo è reversibile e difficilmente risolutivo. Per l’Italia il dossier-Libia si collega a doppio filo con la posizione internazionale assunta da questo governo e gli scontri diplomatici avvenuti con la Francia. Anche per l’Italia è probabilmente giunto il momento di scegliere una precisa strategia per non farsi travolgere dagli eventi. Già oggi, al Cairo, i ministri degli Esteri di Egitto, Tunisia e Algeria si incontreranno per discutere di Libia. Non è chiaro invece quali sponde abbiano le autorità italiane per incidere come un tempo sul fronte libico.