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La nuova legittima difesa sul banco degli imputati

legittima difesa

La nuova legge sulla legittima difesa è stata accolta da un coro di critiche e da pochi plausi. Oggetto di contestazione sono state in particolare due norme: quella che prevede una presunzione di legittima difesa contro le intrusioni violente in casa e sui luoghi di lavoro; e quella che esclude la punibilità nei casi di eccesso colposo di legittima difesa per grave turbamento.

Quanto alla prima, alcuni valutano negativamente il superamento del principio di proporzionalità tra offesa e difesa e la previsione che l’aggredito possa reagire senza dover soppesare la propria reazione rispetto all’offesa in atto. In verità, a ben guardare, la riforma non prescinde dalla proporzionalità tra offesa e difesa, ma stabilisce per legge il rapporto di proporzione, escludendo un intervento sul punto da parte del giudice: quando avviene un’intrusione violenta, ogni reazione difensiva è legittima. Ed inoltre era già previsto che si considerasse proporzionata la reazione armata dell’aggredito per difendersi da aggressioni domiciliari: la differenza sta nel passaggio dalla tutela dell’incolumità a quella del rischio all’incolumità.

Altri ritengono che la nuova norma non cambi quasi nulla, perché era già possibile usare un’arma per difendersi da un’aggressione in casa o sul lavoro. In realtà non è proprio così, perché la difesa domiciliare da un’aggressione era considerata comunque proporzionata – è vero – ma bisognava accertare che l’aggredito fosse stato “costretto dalla necessità” di difendersi contro un “pericolo attuale” all’incolumità personale, lasciando ampi spazi interpretativi; mentre, con la nuova norma, la difesa si presume legittima al semplice verificarsi di un’aggressione domiciliare, riducendo i margini di interpretazione.

Da questo punto di vista, la riduzione degli ambiti di interpretazione del magistrato, considerata da alcuni come un difetto della nuova legge, può costituire una qualità dal punto di vista giuridico, perché diminuisce l’incertezza nell’applicazione delle norme. Ferme restando naturalmente le diverse opinioni sul merito della nuova legittima difesa e tenendo conto che comunque, anche con la nuova legge, rimarranno ampi spazi interpretativi per il giudice, al fine dell’applicazione dell’istituto.

In tal senso, non è corretto affermare che da oggi vi sarà una sorta di automatismo nei casi di legittima difesa domiciliare, per cui si possa evitare il procedimento penale; al contrario, anche per applicare la nuova legge, sarà necessario l’intervento del giudice, che dovrà accertare se sussistano gli elementi della fattispecie normativa, e quindi decidere se procedere a un’archiviazione oppure all’apertura di un procedimento.

Anche con il nuovo testo, sarà necessario verificare la sussistenza degli elementi essenziali della fattispecie: l’essersi verificata un’intrusione, la natura violenta o armata di tale intrusione, il rapporto di causa, spazio e tempo tra intrusione e difesa, la corrispondenza tra percezione e oggettività degli eventi.

In concreto, a fronte di una reazione a un’aggressione domiciliare, si dovranno comunque riscontrare elementi determinanti: se l’aggredito abbia agito per respingere un’intrusione (concetto che farebbe pensare a un ingresso in un luogo privato e chiuso, ma che potrebbe estendersi alle azioni poste in essere in luoghi privati aperti al pubblico, come i negozi e le aree esterne di esercizi commerciali); se vi siano stati atti violenti (andranno definiti i presupposti, rispetto alle cose e alle persone) o con uso di armi e mezzi di coazione fisica (anche in questo caso bisognerà determinare cosa si intenda nei casi marginali).

Così come andrà verificato se la violenza sia stata effettiva o percepita (con riguardo all’elemento psicologico dell’aggredito); se la difesa sia da porre in connessione con l’intrusione, in ragione dei modi e dei tempi (vagliando la natura difensiva della reazione, gli spazi in cui le azioni si sono realizzate, la contestualità tra aggressione e difesa).

In sostanza, non è stata approvata una licenza di uccidere i ladri, ma è stata ampliata la possibilità di difendersi da intrusioni aggressive in casa e sul lavoro. E non si è escluso il vaglio del giudice, ma si sono ridotti gli spazi interpretativi.

Rispetto a tale ricostruzione, lasciano perplessi le contestazioni che denunciano la previsione di un diritto a uccidere per difendere la proprietà: per come è costruita, la nuova legittima difesa domiciliare non si raccorda espressamente alla protezione dell’incolumità – è vero – ma, essendo connessa ad atti aggressivi che pongono l’aggredito a contatto con soggetti potenzialmente o fattivamente pericolosi per le persone, appare comunque preordinata a proteggere essenzialmente il rischio per l’incolumità e non per i beni dell’aggredito (un esplicito riferimento all’incolumità può essere stato omesso per limitare le possibilità di attivare sul punto questioni interpretative).

Quanto alla seconda norma contestata (quella dell’eccesso colposo), laddove la reazione sia stata eccessiva rispetto all’offesa in atto, la nuova legge esclude la punibilità dell’aggredito se questi abbia agito in stato di grave turbamento per un pericolo in atto. Si allargano in tal modo le maglie dell’eccesso colposo di legittima difesa, ancorando l’istituto a un fattore emotivo tanto ampio quanto complesso da provare, sia sul versante del “grave turbamento” (per la difficoltà di cogliere il confine tra sommovimento emotivo serio e grave), sia per le inevitabili incertezze sulla sussistenza di un pericolo in atto (per la complessità di ricostruzione degli eventi, che può lasciare dubbi interpretativi sul pericolo e sull’attualità).

In conclusione, l’obiettivo di fondo delle nuove norme era quello di ampliare la tutela dell’aggredito e limitare gli spazi interpretativi del giudice. Si può ritenere che sia stato realizzato, anche se restano cospicui ambiti interpretativi, che possono ricreare incertezza nell’applicazione della legge.

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