Entro il 2024 l’uomo tornerà sulla Luna. È questo l’obiettivo targato Donald Trump per ribadire l’America first anche oltre l’atmosfera. Non si tratta di una sparata, ma di una tabella di marcia ambiziosa su cui l’amministrazione ha chiamato a raccolta i protagonisti dello Spazio americano. Per la Nasa si profila una grande sfida, soprattutto nello sviluppo del lanciatore pesante Space Launch System per cui non sono ammessi altri ritardi. Parallelamente, gli Stati Uniti proseguono con convinzione anche i lavori per la riorganizzazione degli impegni militari oltre l’atmosfera. Per lo Space Command (che anticipa la Space Force), Trump ha scelto il generale dell’Aeronautica Jay Raymond.
LA TABELLA DI MARCIA VOLUTA DA TRUMP
La nuova scaletta per il ritorno sulla Luna è stata definita ieri dalla quinta riunione del National Space Council (Nsc), l’organo che Donald Trump ha voluto re-istituire mettendone la guida nelle mani del vice presidente Mike Pence, secondo molti con l’obiettivo di accrescere il peso della Casa Bianca, a scapito della Nasa, nella definizione delle linee strategiche nazionali. Già a dicembre del 2017, con la Space Directive Policy 1, il presidente aveva indicato la via da seguire, prima il ritorno sulla Luna (e una stazione nella sua orbita) e poi l’approdo su Marte, capovolgendo di fatto l’ordine delle priorità in vigore durante l’amministrazione Obama. Tutto questo assume ora contorni più definiti grazie al nuovo incontro del National Space Council, tenutosi a Huntsville, in Alabama, presso lo US Space and Rocket Center. Oltre al report della Nasa sui programmi esplorativi, nella riunione del Council sono stati presentate anche le indicazioni di due panel di esperti, rispettivamente chiamati “Ready to fly” e “Ready to explore”.
LE PAROLE DI PENCE
Che la spinta venga dalla presidenza lo ha confermato Pence aprendo i lavori: “Sotto la direzione del presidente degli Stati Uniti, la politica di questa amministrazione prevede di riportare gli astronauti americani sulla Luna entro i prossimi cinque anni”. Un programma ambizioso, anche perché si muove sulla scia di uno sforzo targato made in Usa. “Per essere chiari – ha aggiunto Pence – la prima donna e il prossimo uomo sulla Luna saranno entrambi astronauti americani, lanciati da razzi americani dal suolo americano”. L’urgenza è data dalla competizione con Russia e Cina, ma anche dal contrasto a un altro nemico: “il compiacimento”, ha rimarcato ricordando il lancio dello Sputnik che nel 1957 scioccò l’America. Non si è però fermato qui il vice presidente, arrivando addirittura a identificare la zona di allunaggio: “Per raggiungere il satellite nei prossimi cinque anni dobbiamo selezionare ora le nostre destinazioni; la Nasa sa già che il polo sud lunare ha un grande valore scientifico, economico e strategico; ora è il momento di impegnarsi per andarci”.
IL RUOLO DELLA NASA
La sfida più grande spetta infatti alla Nasa, chiamata ad accelerare una tabella di marcia che prima della riunione del National Space Council prevedeva di raggiungere l’obiettivo entro il 2028. La parte più difficile del progetto riguarda lo Space Launch System, il lanciatore pesante che ha già subìto diversi ritardi nel suo sviluppo, tanto da portare l’agenzia a valutare l’opzione di condurre la prima missione sperimentale della navicella Orion (destinata a trasportare gli astronauti americani) con un altro vettore commerciale. Dopo uno studio di fattibilità di due settimane, tale possibilità è ora stata scartata, ha annunciato il numero uno della Nata Jim Bridenstine ad Huntsville. Si procede dunque sull’SLS, con l’obiettivo di dare uno sprint ai lavori per riuscire a condurre la prima Exploration Mission (EM-1) della capsula Orion nel 2020. Senza equipaggio, essa eseguirà un viaggio in orbita lunare. Per gli altri vettori commerciali, ha detto Bridenstine, “ci saranno opportunità in futuro, ma se vogliamo raggiungere la Luna nel 2024, dobbiamo avere l’SLS e accelerare l’agenda”. Pence non ha però escluso altre possibilità: “Il presidente ha incaricato la Nasa e l’amministratore Jim Bridenstine di raggiungere l’obiettivo con ogni mezzo necessario; dobbiamo concentrarci sulla missione oltre che sui mezzi, ed è dunque opportuno considerare ogni opzione e piattaforma disponibile”.
ANCHE MOSCA SI ORGANIZZA
E se gli americani rilanciano, i russi non restano certo a guardare. Sul Gateway orbitante intorno alla Luna, i programmi attuali prevedono una collaborazione che dovrebbe ripetere la proficua esperienza della Stazione spaziale internazionale (Iss). Eppure, il numero uno dell’agenzia spaziale russa (Roscosmos) Dmitry Rogozin ha spiegato proprio ieri anche altre ambizioni, a partire dalla creazione di una presenza stabile sulla superficie lunare. “Stiamo calcolando la potenza che dovrebbe avere il nostro razzo vettore per poter trasportare circa 27 tonnellate di carico verso la Luna”, ha detto alla stampa. Poi, ha aggiunto, “servirà avere dei satelliti in orbita lunare così da poter aiutare la navigazione”. Non è ancora chiaro se il progetto sia effettivamente concreto, né a che stadio sia un eventuale studio a riguardo. Di certo, considerando le parallele ambizioni della Cina – che pochi mesi fa ha fatto atterrare, per prima, una sonda sul lato nascosto della Luna – lo Spazio si fa più competitivo.
IL LATO MILITARE, TRA SPACE FORCE E SPACE COMMAND
Anche per questo, oltre alla spinta esplorativa, l’amministrazione Trump ha dato un forte impulso alla riorganizzazione dell’impegno militare degli Stati Uniti oltre l’atmosfera. Prima della Space Force quale nuova Forza armata, è già stato dato il via libera allo Space Command, l’undicesimo comando unificato combatant (con carattere e funzioni operative) alle dirette dipendenze del Pentagono. Ieri è arrivata la nomina del comandante: sarà Jay Raymond, un aeronautico (come prevedibile), attuale comandante del Comando spaziale della Usaf, previa approvazione del Senato. Sulla Space Force, dopo il via libera ufficiale di Trump con la Space Directive Policy 4, è intanto a lavoro il Pentagono, chiamato a presentare presto al Congresso una proposta dettagliata. Sui futuri rapporti tra Forza e Comando è già intervenuto il segretario alla Difesa pro tempore Patrick Shanahan: “La Space Force servirà a fornire personali, assetti e capacità a supporto delle operazioni spaziali, mentre lo Space Command sarà il comando operativo che impiegherà le capacità spaziali e guiderà le operazioni”. Intanto, ha già preso il via il terzo elemento del nuovo progetto Usa: la Space Development Agency (Sda). Si occuperà del procurement in ambito spaziale, nonché dello sviluppo delle nuove tecnologie relative allo Spazio militare.