Con l’adesione alla Belt and Road Initiative, l’Italia “ha messo il dito in un ingranaggio molto delicato, nel mezzo di una competizione globale a tutto campo tra Usa e Cina”. Tuttavia, più che quello che c’è nel Memorandum, a pesare è ciò che manca: non ci sono riferimenti a “reciprocità, leale concorrenza, rispetto del rule of law e degli standard di protezione sociale, nonché tutela dell’ambiente”.
A evidenziarlo è Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), già rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue e commissario europeo per l’Industria, che – mentre è ancora in corso a Roma la visita del presidente cinese Xi Jinping – evidenzia in una conversazione con Formiche.net gli errori e i rischi dell’accordo con Pechino.
Il governo lo definisce un accordo dalle grandi opportunità commerciali, ma nulla più. I critici lo considerano al contrario un documento con pochi effetti concreti se non quello, pericoloso diplomaticamente e politicamente, di essere l’unico grande Paese del G7 ad avallare i piani espansionistici di Pechino. Qual è la lettura corretta da dare di questo Memorandum Italia-Cina sulla nuova Via della Seta?
Il Memorandum è molto ambizioso, ma al tempo stesso molto poco concreto nei suoi contenuti. Si tratta di un testo non giuridicamente vincolante, i cui effetti si vedranno forse nei prossimi anni. Tuttavia definisce i contorni di un partenariato strategico con la Cina che va ben oltre l’adesione alla Belt and Road Initiative. Segna dunque un ‘salto di qualità’ perché denota ambizioni che non sono solo commerciali.
È a causa di queste ambizioni che l’intesa è stata fortemente criticata da più parti?
Credo che alla base di molti malumori, compresi quelli statunitensi, ci sia stata soprattutto una nostra mancanza di trasparenza. Ma ci sono stati anche altri rilievi importanti.
Quali?
Questo documento ha portato a obiezioni provenienti da più parti, fondate o meno. Alcune di queste, secondo me le più rilevanti, sono quelle sollevate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In questo documento non c’è nulla che riguardi il tema della reciprocità, ovvero della bilancia commerciale Italia-Cina oggi troppo sbilanciata verso Pechino. Non c’è niente nemmeno sulla questione della leale concorrenza: eppure sappiamo che la maggior parte delle imprese cinesi sono di Stato e, grazie a ciò, godono di un indubbio vantaggio competitivo rispetto alle nostre. Assente, infine, qualsivoglia riferimento al rispetto del rule of law, degli standard di protezione sociale o sulla tutela dell’ambiente.
Crede che l’adesione alla Bri possa logorare i rapporti tra Italia e Stati Uniti? Washington non ha nascosto di considerare negativamente la firma del Memorandum. Il docente e saggista Germano Dottori parla di “svendita dell’atlantismo”. E c’è chi, come l’economista e manager Alberto Forchielli ipotizza addirittura una possibile esclusione di Roma dal G7…
Sono fiducioso che questi malintesi si ricomporranno. Ci sono già molti Paesi che hanno firmato l’intesa. Certo, è inutile nasconderselo, abbiamo messo il dito in un ingranaggio molto delicato, nel mezzo di una competizione globale a tutto campo tra Usa e Cina. Washington vede la firma come un elemento che mette in discussione la sua strategia di contenimento nei confronti di Pechino. Ed è soprattutto questo che va considerato.
Uno dei timori più forti sollevati in questi giorni riguarda il possibile inserimento delle telecomunicazioni nel dossier.
Nella bozza circolata nei giorni passati c’è un accenno alle telco. Vedremo se sarà presente anche nel documento finale. Finora vari rappresentanti del governo hanno più volte smentito che il Memorandum riguardi anche lo sviluppo di reti 5G. Sarebbe però nell’interesse dell’esecutivo promuovere una posizione comune su questo dossier su un piano europeo, cosa che non è accaduta sulla Bri non solo per mancanza italiane. Potremmo analizzare insieme ai nostri partner i rischi e le opportunità di questa nuova tecnologia. E definire in qualche modo una strategia comune per ridurre al minimo quelli che sono i pericoli.