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Non tutte le banche soffrono. Il caso polacco e la lezione all’Italia

In Italia si chiamano Mps, Popolare di Vicenza, Etruria e Carige. In Germania Deutsche Bank. E nemmeno in Spagna gli istituti se la passano tanto bene. Le banche d’Europa non vivono anni felici, convivendo ogni giorno con lo spauracchio di una crisi sistemica del credito, sempre dietro l’angolo. Lo sa fin troppo bene Mario Draghi, che tre giorni fa (qui l’articolo di Formiche.net con tutti i dettagli) ha deciso di avviare, a due mesi dalla fine ufficiale del Qe, un nuovo programma di rifinanziamento per le banche Ue: prestiti a lunga scadenza per consentire agli istituti incapaci di reperire liquidità sul mercato a mezzo emissione bond, di dotarsi di sufficienti munizioni in grado di rientrare dentro i parametri di Basilea.

A conti fatti, il modello bancario made in Ue è in crisi. E la sfida tecnologica è un ulteriore tassello che si aggiunge a un percorso di rinnovamento. C’è però un caso in Ue che si sta rivelando quanto meno interessante. Quello polacco. Gli istituti del Paese che si affaccia sul Mar Baltico stanno vivendo una primavera, fatta di utili agli azionisti, prestiti rimborsati e nuove aperture di conti correnti. I numeri, come sempre, danno la cifra del discorso. Nel 2018, una delle principali banche polacche, Pko Bp ha chiuso il quarto trimestre con utili per 1 miliardo, 3,7 nell’arco dell’intero anno, registrando una crescita dei profitti pari a un quinto sul 2017. Non è tutto.

Un altro peso massimo del credito polacco, Pekao, ha chiuso l’esercizio 2018 con utili a 2,7 miliardi, quota raddoppiata rispetto al 2017. Per l’istituto si tratta di un anno record, anche dal punto di vista delle nuove aperture di conto corrente. Stessa storia per Ing Slaski, banca del gruppo olandese Ing. Lo scorso anno profitti a 1,5 miliardi, in crescita del 9% rispetto all’anno precedente. Che cosa sta succedendo a Varsavia? Sono due essenzialmente i fattori che hanno portato a un rinascimento delle banche polacche. Primo, la congiuntura economica. Secondo, alcune misure precise a sostegno dei giovani, che sono spesso i primi a voler chiedere un prestito.

Nel 2018, come riportato da Affari&Finanza, l’economia polacca ha messo a segno una crescita del 5% (l’Italia è ferma allo 0,9% tanto per dare un’idea), registrando al contempo una disoccupazione ai minimi da dieci anni. Più ricchezza in circolazione e più lavoro sono una manna per ogni banca perché chi chiede un prestito ha molte più possibilità di restituirlo nei tempi, senza che il credito vada in sofferenza (gli npl sono alla base di ogni crisi bancaria negli ultimi 15 anni). In altre parole, migliora sensibilmente la qualità del credito concesso, permettendo alla banca di generare utili e margini.

Ma Varsavia, nell’anno in cui l’Europa entrerà con ogni probabilità in una nuova recessione, ha calato un asso destinato a dare manforte alle banche polacche. Robuste agevolazioni per le coppie che hanno un primo figlio e soprattutto l’esenzione dei giovani dal pagamento dell’imposta sul reddito, la nostra Irpef. Tutte misure che nei fatti raddoppiano la capacità di un nucleo di chiedere (e ottenere) un finanziamento. Ciliegina sulla torta, lo scorso 9 marzo il Consiglio monetario della Banca centrale polacca ha lasciato invariati i tassi di interesse, all’1,5%. Il costo del denaro, insomma, non è aumentato, segno che le banche non hanno bisogno di più interessi sui prestiti.


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