Tutto come nelle previsioni. Il Senato ha negato l’autorizzazione a procedere contro il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sul caso della Nave Diciotti confermando il voto espresso dalla Giunta per le immunità sulla relazione di Maurizio Gasparri (FI): con Lega e Movimento 5 Stelle si sono schierati Forza Italia e Fratelli d’Italia, contrarie le opposizioni di sinistra. Salvini ha ribadito la posizione di tutto il governo nell’ambito di una controversia internazionale con Malta, che si guardò bene dall’accogliere i migranti a bordo della nave della Guardia costiera italiana, e ha rivendicato il massimo impegno nel salvare le vite in mare con momenti di commozione quando si è riferito all’accusa di aver abusato della sua carica per qualcosa fatta “per difendere i miei figli”. Non ha dimenticato di ringraziare i 5 Stelle, “perché le cose si fanno in due”, e i grillini non hanno potuto fare a meno di applaudirlo. È piuttosto curioso che, nonostante il ruolo determinante di Giuseppe Conte e di Luigi Di Maio per blindarlo, Salvini abbia deciso di difendere una scelta fatta come ministro dai banchi della Lega anziché da quelli del governo, dando l’impressione di aver parlato da leader di partito e non da responsabile pro tempore della sicurezza di tutti gli italiani.
MARE JONIO, UN RISCHIO EVITATO
Se le decisioni del governo sul caso della Diciotti furono davvero basate su “un preminente interesse pubblico”, e dunque non sta in piedi l’accusa di sequestro di persona ipotizzata dal Tribunale dei ministri di Catania a carico del ministro dell’Interno, non dovrebbe esserci nessun problema nel tenere a bordo di una nave ogni volta un determinato numero di migranti in attesa di una soluzione condivisa. Se, invece, nel caso della Mare Jonio (che però batte bandiera italiana) si è risolto tutto in poche ore è perché davvero non c’era bisogno di un altro caso Diciotti per un governo in costante fibrillazione. Quello della Ong Mediterranea Saving Humans è però interessante sotto diversi punti.
RAGIONI ED ECCESSI DI SALVINI
La ricostruzione dei fatti spiega chiaramente che la nave della Ong ha violato tutte le norme internazionali e nazionali: la Libia, pur in condizioni di assoluta instabilità e con lager dalle condizioni indecenti, ha ottenuto l’anno scorso il riconoscimento di una propria area Sar (ricerca e soccorso) dall’Organizzazione internazionale marittima e la Mare Jonio ha recuperato i migranti in quell’area. Ha ragione Salvini quando parla di operazione politica: le posizioni di Luca Casarini, uno dei leader di quell’Ong, sono note da vent’anni; le modalità del soccorso sono evidenti come l’intenzione di dirigersi comunque verso l’Italia; il tono con cui il comandante ha risposto all’intimazione di alt della Guardia di Finanza ha dimostrato la volontà di creare un caso.
Pur sapendo che sarebbero andati incontro a conseguenze giudiziarie, i membri dell’equipaggio non sono riusciti a complicare la vita a Salvini, ma hanno dimostrato che la direttiva del ministro sulla difesa delle frontiere marittime è difficilmente applicabile e alla fine altri 49 migranti sono sbarcati in Italia, proprio quello che il ministro non vuole. C’è poi l’auspicio dell’arresto per i membri dell’equipaggio per aver forzato il blocco della Finanza: “Se un cittadino forza un posto di blocco stradale di Polizia o Carabinieri viene arrestato. Conto che questo accada” ha scritto in una nota il titolare del Viminale quando ancora non c’era stato il sequestro della Mare Jonio. Non è così: in assenza di altri reati, non c’è arresto se si forza un posto di blocco, ma solo una forte multa e anche la resistenza a pubblico ufficiale si configura solo con determinati comportamenti. L’inchiesta naturalmente c’è: la procura di Agrigento ipotizza il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e ha indagato il comandante della nave.
SINISTRA “DISARMATA”
L’immediato sbarco dei migranti a bordo della Mare Jonio ha “disarmato” l’opposizione di sinistra che alla Camera e al Senato, approfittando della presenza del presidente Giuseppe Conte, aveva attaccato Salvini puntando sulle condizioni delle persone a bordo. Il ministro dell’Interno “rischia” di aumentare i voti perché a sinistra non riescono ancora a impostare una linea credibile sull’immigrazione nonostante il primo pugno duro con le ong sia stato quello di Marco Minniti. La linea del Pd e del neosegretario Nicola Zingaretti si sta attestando su posizioni di contrasto a Salvini senza tenere conto, ancora una volta, della percezione che hanno i cittadini. Prima della conclusione della vicenda della Mare Jonio, Zingaretti aveva scritto un tweet accusando il governo di prendersela con i deboli e il giorno successivo ha preso le difese di Roberto Saviano rilanciando il tweet #iostoconsaviano. La notizia è il rinvio a giudizio dello scrittore per diffamazione nei confronti di Salvini, che lo querelò per essere stato definito “ministro della Mala Vita”. Ognuno può pensarla come vuole, ma se si superano certi limiti come minimo si va a processo e poi deciderà un tribunale: sulla Mare Jonio Saviano dà del buffone a Salvini che promette un’altra querela. Zingaretti crede di recuperare posizioni presso l’elettorato in questo modo? Forse può attirare qualche voto disperso di militanti di sinistra, forse punta a riacchiappare qualcuno fuggito verso il Movimento 5 Stelle, ma se il centrosinistra ha perso le elezioni soprattutto sull’immigrazione significa che i suoi elettori cercavano altro.
ACCORDI DIMENTICATI
Nel frattempo, non si parla più delle trattative in corso con alcuni Stati africani per gli accordi di riammissione. Lavoro complicatissimo per qualunque governo italiano, di oggi e di ieri, che in teoria dovrebbe coinvolgere più ministeri e di cui ha parlato Salvini tempo fa. In un Paese normale ci sarebbero sforzi bipartisan per provare a raggiungere un risultato litigando a Bruxelles con gli altri Stati, ma l’Italia è da anni in perenne campagna elettorale e non è un Paese normale.