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Se i 49 musulmani uccisi diventano nostri nemici. Il test in radio

Ha avuto coraggio Antonio Polito, sul Corriere della Sera, ad affrontare il tema della nostra reazione, davanti ai fatti in Nuova Zelanda. Per essere più precisi a chiedersi, senza remore, se non si sia stati un po’ tutti meno reattivi, davanti alle 49 vittime musulmane, rispetto a stragi analoghe, che abbiano visto cadere cristiani, occidentali o comunque persone che sentiamo più vicine a noi.

Una domanda scomoda, per le coscienze sopite di tanti, che abbiamo voluto ripetere in questa domenica, anche a Rtl 102.5, nel corso dell’Indignato Speciale. Con Andrea Pamparana e Davide Giacalone, abbiamo sondato gli umori del Paese, rispetto a quanto accaduto venerdì e il risultato lascia molte zone d’ombra.

Nessuno o quasi nega la pietà umana, nei confronti delle vittime o l’orrore per la dinamica stessa di quanto accaduto, ma molti, secondo la mia modesta opinione troppi, cedono all’idea “dell’occhio per occhio-dente per dente”. In tanti hanno rivendicato l’attenzione per le vittime cristiane, in una distorta relazione di causa-effetto. Persone che ovviamente condannano, ma inconsapevolmente riconoscono alcune delle confuse motivazioni suprematiste del pazzo fanatico entrato in azione a Christchurch.

Si dirà: casi isolati. Mi permetto di dissentire, per il numero di telefonate, messaggi e tweet che abbiamo ricevuto e per il tono generale, che chiunque può cogliere nei commenti fra amici e conoscenti. Il seme di una mala pianta si è innestato anche da noi, la mala pianta dell’idea di uno “scontro di civiltà”, in cui le vittime dell’altra parte sono un po’ meno vittime.

Del resto, troppi hanno accarezzato il pelo di idee assurde e pericolosissime, perché convenienti nell’immediato. Buone per farsi un nome, fra quell’ampia fetta di popolo, che si sente quotidianamente minacciata e defraudata.

Il diverso – l’invasore, odiato dai suprematisti bianchi – è stato il comodissimo capro espiatorio di tanti problemi di difficile
soluzione. Quanto è stato facile, invece, indicare un nemico, ma cominciamo a pagarne il prezzo: la società si è al contempo banalizzata e incattivita. Abbiamo rinunciato alle soluzioni razionali, perché faticose e non popolari. Abbiamo cominciato a indicare vie miracolistiche, pur di raccattare un po’ di consenso e popolarità.

Il “nemico”, meglio se musulmano, ma vanno benissimo le élite e le caste, è il protagonista imprescindibile di questa narrazione. Senza qualcuno o qualcosa da abbattere o almeno indicare come responsabile di tutti i guai di vittime prontissime a trasformarsi in carnefici, viene giù tutta l’impalcatura. Un gioco pericolosissimo, che rischia di esploderci fra le mani.


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