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Tregua tra Israele e Hamas, con l’aiuto dell’Egitto. L’analisi di Dentice (Ispi)

Fonti palestinesi citate da Al Jazeera, sostengono che Israele e il movimento jihadista palestinese Hamas hanno raggiunto un accordo per mettere in tregua gli scontri di questi giorni, evitando la deriva verso un nuovo conflitto nella Striscia di Gaza. L’intesa, raggiunta alla vigilia del primo anniversario dell’inizio delle proteste della Grande marcia del ritorno, sarebbe stata mediata dall’Egitto.

“È una tregua, probabilmente l’ennesima tregua dimostrativa, che però ha un suo valore perché stempera le tensioni che si sono create di nuovo nella Striscia, che comunque erano state strumentalizzate da entrambe le parti”, spiega Giuseppe Dentice, ricercatore della Cattolica di Milano e analista dell’Ispi specializzato in Medio Oriente e Nord Africa.

“Per Israele – continua – sono alle porte elezioni politiche che per la prima volta in dieci anni potrebbero segnare la sconfitta del governo Netanyahu” e lo scontro con i palestinesi sarebbe un elemento da usare in campagna elettorale. “Per Hamas, l’ennesima crisi con Israele aiuta la leadership politica contro propri oppositori interni, perché dimostra che un’instabilità potrebbe portare a un nuovo conflitto con conseguenze imprevedibili. E considerando che dopo quello del 2014 non ci sono stati sviluppi sul fronte della ricostruzione, questo diventa una leva da sfruttare, come le marce del Ritorno, per creare un fronte politico interno maggiormente coeso, dopo che l’ala militare (così come gli alleati come il Jihad Islamico) è entrata in disaccordo con le linee prese dal bureau politico. Non dimentichiamoci che ci sono state proteste, represse, contro l’immobilismo della leadership del gruppo e l’incapacità di governare: d’altronde ci sono situazioni di estrema difficoltà a Gaza, pensiamo all’elettricità, una situazione estrema, nella Striscia si può avere corrente per poche ore al giorno. Ma la possibilità di una nuova guerra è sempre una buona occasione per ricompattare il fronte interno”.

“Per i palestinesi la situazione — aggiunge Dentice — è importante perché sono divisi, e la tregua indebolisce l’Anp e Fatah non facendole rientrare in questo sistema di contrattazione. E questo anche a causa delle debolezze tra le due entità cisgiordane, a cominciare dalle questioni di salute di Abu Abbas a cui si abbina l’assenza di un cambio generazionale alle porte, ma anche un’assenza di visioni strategiche e politiche adeguate per favorire una ripresa della Cisgiordania stessa, sempre più alle prese con questioni economiche e sociali gravi”.

E il ruolo dell’Egitto? “La tregua è importante anche perché dice che il compito di evitare tensioni anche a livello regionale rimane in mano all’Egitto. Il Cairo è un attore importante in questo contesto, perché è ascoltato sia a Tel Aviv che a Gaza”.

Questa tregua che spazi ha? “Sappiamo bene che tutto può cambiare rapidamente, come è già successo altre volte. E tutto dipende dalle volontà dei singoli attori di non voler ulteriormente strumentalizzare la situazione”.

Attenzione da porre comunque anche su un altro aspetto, che secondo l’analista italiano non viene spesso preso in considerazione: “Dal 2015 Hamas ha via via seguito un’evoluzione tattica e strategica. Sembrerebbe finita l’era dei lanci continui di razzi verso Israele: ci sono ancora, ma il trend segna questa diminuzione, mentre la dirigenza sta sfruttando altri metodi per creare diverse pressioni politiche su Israele. Come le marce che da un anno sono appuntamento fisso del venerdì. Hamas le sfrutta per cercare di mettere Israele davanti alle proprie responsabilità, ossia la chiusura dei passaggi in entrata, e anche in uscita, di prodotti e materiali per la ricostruzione. Ma questo è anche un atteggiamento politico con cui il gruppo usa Israele per scaricarsi dalle proprie di responsabilità”. In passato si sarebbero usati azioni militari, più che insorgenze politico-sociali.

Secondo le fonti di Al Jazeera, il comitato organizzatore della Grande marcia del ritorno ha diramato stamane istruzioni che invitano i dimostranti a tenersi alla larga dal fuoco israeliano, a seguire le istruzioni degli organizzatori, a evitare azioni aggressive e a non dar fuoco a pneumatici.

Si sarebbe trattato del segno che l’accordo stava entrando in vigore, ma scontri violenti sono attualmente in corso.


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