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Difende i terroristi, massacra i musulmani. L’accusa di Mike Pompeo alla Cina

Un nuovo capitolo nel confronto globale fra Cina e Stati Uniti. Secondo quanto riportato dal Financial Times il Dipartimento di Stato guidato da Mike Pompeo avrebbe recentemente avviato una campagna per convincere gli alleati ad alzare la voce contro la violazione di diritti umani in Cina. Nello specifico al governo di Pechino viene contestato il trattamento inumano di circa un milione di uiguri, una popolazione di fede musulmana storicamente radicata nello Xinjiang sottoposta a un regime di apartheid dagli Han, l’etnia di maggioranza in Cina. In attesa di ricevere a Washington questa settimana il vice-premier cinese Liu He per un altro serrato round di negoziati commerciali, l’amministrazione Trump sta chiamando a raccolta gli alleati, sulla scia di quanto fatto nei mesi scorsi per il caso Huawei, per colpire l’immagine del Dragone nel suo punto più debole, il rispetto delle minoranze e dei diritti umani.

LA CINA E I TERRORISTI ISLAMICI

Il grilletto che ha fatto scattare il pressing diplomatico è stato un voto della Cina nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu che ha impedito per la quarta volta negli ultimi dieci anni di inserire in una black-list di terroristi Masood Azhar. Capo del gruppo pakistano Jaish-e-Mohammad, lo scorso 14 febbraio ha rivendicato l’attacco suicida nel Kashmir dove hanno perso la vita 40 membri delle forze armate indiane. La scelta di coprire i terroristi pakistani ha notevolmente increspato i rapporti fra Cina ed India, ma non ha sorpreso gli addetti ai lavori. Il Pakistan è un territorio cruciale per il progetto infrastrutturale cinese Belt and Road Initiative (Bri), che fra l’altro prevede l’implementazione della leggendaria autostrada ad alta quota del Karakorum, vero pomo della discordia fra Pechino e Nuova Delhi perché attraversa in parte l’ex principato del Kashmir su cui tanto gli indiani quanto i pakistani reclamano la piena sovranità.

L’ACCUSA DI POMPEO

Il governo di Xi Jinping è accusato dagli americani di un doppio standard verso il mondo musulmano. “Il mondo non può permettersi la vergognosa ipocrisia della Cina nei confronti dei musulmani – ha tuonato su twitter mercoledì scorso Pompeo, che la scorsa settimana ha ricevuto a Foggy Bottom una delegazione di uiguri –. Da una parte abusa di più di un milione di musulmani a casa loro, dall’altra protegge violenti gruppi terroristici islamici dalle sanzioni Onu”. In queste settimane, riferiscono fonti informate al Financial Times, il Dipartimento di Stato ha preso contatto con i governi alleati chiedendo una reazione “vocale” alla repressione della minoranza musulmana nello Xinjang. Un documento diffuso dal Dipartimento a marzo elenca gli abusi inflitti agli uguri dal governo centrale e dà conto tramite immagini satellitari della presenza dei campi di concentramento.

CHI SONO GLI UIGURI?

Gli uiguri sono una popolazione di circa undici milioni di persone che abita storicamente la più vasta regione cinese (grande quanto l’Alaska), lo Xinjian, situata nel Nord-Ovest del Paese. Sono di religione musulmana, parlano una lingua non dissimile dal turco e, spiega la Bbc, presentano diverse affinità culturali con le popolazioni dell’Asia centrale. Come il Tibet, anche lo Xinjian è formalmente una “regione autonoma” sottoposta tuttavia ad uno strettissimo controllo amministrativo da parte di Pechino fin dal 1949. Negli ultimi due decenni l’immigrazione di massa di cinesi Han nello Xinjan ha radicalmente trasformato il tessuto sociale ed economico della regione, per secoli rettasi su un’economia agraria e sulle rotte commerciali dell’antica Via della Seta. Questi flussi migratori sono visti dagli uiguri come una grave minaccia alle loro tradizioni secolari. Le tensioni non di rado sono sfociate in violenti attacchi terroristici da parte di gruppi uiguri cui il governo centrale ha risposto con la repressione.

LA REPRESSIONE SILENZIOSA

È con questo pretesto che, come riportato la scorsa estate dal comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, la Città Proibita ha negli ultimi anni decuplicato la presenza di forze di polizia nella regione costruendo veri e propri campi di concentramento. Stando ai racconti degli esuli e di decine di organizzazioni internazionali per i diritti umani, oltre alla stampa internazionale che però fatica non poco a superare il blocco e la censura imposti nella regione, gli uiguri sono sottoposti a lavori massacranti, torture, detenzioni arbitrarie, nonché obbligati a rinnegare o rivedere la fede musulmana e a prestare fedeltà al Partito Comunista cinese. Il governo centrale ha sempre fermamente negato la presenza di un milione di detenuti, ma ha ammesso recentemente per bocca del governatore Shohrat Zakir che sono stati costruiti i campi di “rieducazione” volti ad estirpare dalla popolazione il morbo del terrorismo, ma sono solo temporanei. Fatta eccezione per una flebile, recente presa di posizione del governo turco, sono state poche e sporadiche le condanne da parte di Stati di tradizione musulmana. Dall’Arabia Saudita, custode della Mecca, all’Iran, passando per gli Emirati Arabi Uniti e la stessa Turchia, i mastodontici investimenti della Via della Seta di Xi sono riusciti a far scordare, circondati dalle montagne dell’Himalaya, un milione di musulmani detenuti.



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