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Energias de Portugal, Usa al rush finale per bloccare l’avanzata cinese

La Cina non deve conquistare l’energia portoghese. Perché significherebbe mettere le mani sui parchi eolici sull’altra sponda dell’Atlantico, negli Stati Uniti. Energias de Portugal, il maggiore produttore di energia in Portogallo con una quota dell’80%, come raccontato nei giorni scorsi da Formiche.net, è sotto opa da parte del gruppo cinese China Three, oggi azionista al 23,2% ma che poche settimane fa ha lanciato l’offerta di pubblico acquisto sulla società lusitana, per salire al 77% del capitale. Una mossa che non sembra aver sconvolto il governo di Lisbona, a quanto pare propenso a permettere una salita dei cinesi dentro Edp. Ma gli americani no, non hanno la minima intenzione di cedere a China Three il controllo della società, proprietaria di alcuni parchi eolici negli Usa.

E così, nei giorni del memorandum tra Italia e Cina per la Via della Seta, è partito il fuoco di sbarramento americano. Prima la diplomazia, con l’ambasciatore statunitense in Portogallo che ha fermamente respinto l’ipotesi di un’opa cinese su Edp. Mossa che evidentemente non sembra essere bastata a fermare il meccanismo. Adesso il momento topico è l’assemblea dei soci, convocata tra pochi giorni. Gli Stati Uniti hanno il loro asso nella manica, il fondo attivista Elliott, molto noto in Italia per essere uno degli azionisti forti di Tim (perno nel capitale della società tlc del blocco anti-francese, qui l’approfondimento sull’ultima assemblea di Tim). Il fondo di Paul Singer, oggi azionista di Edp con una quota del 2,9%, ha già iniziato le manovre, visto che un mese fa ha avviato la personale moral suasion sull’attuale board di Energias.

Obiettivo, convincere il cda a respingere l’opa cinese da 10,25 euro ad azione. Tentativo per il momento fallito, visto che l’offerta per rilevare Edp è comunque finita dentro l’ordine del giorno dell’assise, in programma il 24 aprile. Gli americani hanno allora deciso di cambiare strategia. Tra le condizioni poste dai cinesi per rilevare il grosso del capitale Edp c’è infatti l’abolizione del tetto del 25% per il diritto di voto. Una soglia erga omnes, che vale cioè per tutti i soci, a prescindere dalla quota che detengono. Respingere la riforma del diritto di voto equivarrebbe nella logica di Elliott a far cadere i presupposti per l’opa di China Three.

Per questo il fondo Usa si sta dando parecchio da fare per convincere gli azionisti a votare contro la proposta cinese sul voto, come detto presupposto della stessa opa. Compito non facile, visto che serve il parere favorevole del 66% del capitale. Ma per gli americani vale la pena tentare, se non altro per non permettere alla Cina di mettere definitivamente le mani su uno dei maggiori gruppi energetici europei e sulle pale eoliche negli Usa. Per assicurarsi il consenso, Elliott avrebbe studiato anche un’alternativa industriale ai bisogni di Edp. La società lusitana ha bisogno infatti di fare un po’ di cassa e l’ingresso in forze dei cinesi garantirebbe più o meno 9 miliardi. Secondo Elliott a tale bisogno si potrebbe ovviare cedendo le attività Edp in Brasile oppure vendendo alcune partecipazioni della società in aziende minori del Portogallo. Se ne ricaverebbero circa 7,6 miliardi. La parola agli azionisti, escluso China Three si intende.



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