Nella notte il distretto tripolino di Abu Salim è stato tempestato da una pioggia di missili Grad con ogni probabilità ordinata da Khalifa Haftar, signore della guerra della Cirenaica che ha aggredito Tripoli, dove è insediato il proto-governo onusiano guidato da Fayez Serraj.
Se Haftar pensava che con l’aggressione avesse potuto ottenere più spazio sul futuro del paese, magari sedendosi con una posizione di forza in qualche tavolo negoziale, gli eventi gli stanno dando torto, perché al momento ha perso terreno sul piano politico (dove fino a poco più di una settimana fa veniva ancora considerato un attore e un interlocutore, anche per via delle sponsorizzazioni di alcuni paesi importanti, come gli Emirati Arabi e l’Egitto, ma anche Russia, Arabia Saudita e in modo più sfumato Francia).
Solo con la salva di stanotte, sono stati uccisi sei civili (cinque donne) e altri 35 feriti in varie condizioni. E il rischio è che le vittime si moltiplichino se quello che ha annunciato per prima Al Jazeera – emittente qatarina che pende, come Doha, per Serraj – si verificherà: Haftar avrebbe ordinato ai suoi miliziani di lanciare oggi l’offensiva finale su Tripoli e prendere la città “a ogni costo”.
La sventagliata di Grad forse serviva ad aprire il terreno. Ieri sera su Facebook circolava un video del generale in visita ad alcuni reparti di Bengasi, suo feudo, distante centinaia di chilometri da Tripoli, in cui impartiva un ordine estremo: uccidete chi indietreggia.
Non è chiaro se quei miliziani erano in partenza come rinforzi, la propaganda è tanta: i combattenti di Haftar sarebbero dovuti entrare a Tripoli già da almeno dieci giorni, accolti dalla folla. Hanno invece trovato resistenza, e davanti allo stallo hanno risposto alzando il livello della violenza dei combattimenti giorno dopo giorno. Dalle rese iniziali si è passati all’incarnirsi di un fronte che rischia di portare a un bagno di sangue.
I razzi Grad per esempio sono lanciati da un cassone di un camion e sono armi di artiglieria d’epoca, per niente precisi: il risultato è che diventano un elemento deleterio in combattimenti in un contesto urbano come quello dell’hinterland meridionale tripolino.
Il portavoce di Haftar – che a questo punto potrebbe iniziare ad aver chiaro che un massacro di civili è controproducente per lui – ha dichiarato che i miliziani della Cirenaica non hanno responsabilità dell’attacco con i Grad, ribadendo che la missione è condotta in tutta sicurezza per i civili. Poi ha aggiunto che si sarebbe trattato di un false flag operato da “milizie terroriste” alleate di Serraj. Ma qui siamo di nuovo nel campo propaganda. È da diversi giorni che Haftar sta cercando di concentrare la narrazione attorno al tentato scacco a Tripoli sotto forma di operazione anti-terrorismo, trovando la sponda dell’Egitto.
Secondo il giornale saudita Asharq al-Awsat, il generale freelance dell’Est libico avrebbe rifiutato una proposta di cessate il fuoco avanzata in modo congiunto da Italia e Francia. Il quotidiano non indica dettagli e cita come fonte l’entourage di Haftar (ma val la pena ricordare che secondo alcune indiscrezioni rivelate nei giorni da un insider saudita al Wall Street Journal, Riad avrebbe aiutato economicamente Haftar nell’avanzata).
Serraj ha definito l’attacco su Abu Slim “un crimine contro l’umanità”, annunciando che denuncerà Haftar alla Corte penale internazionale dell’Aja. “Una orribile notte di bombardamenti casuali su aree residenziali. Per il bene di 3 milioni di civili che vivono nella Grande Tripoli, questi attacchi devono fermarsi. Adesso”, è l’appello del rappresentate della Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamé.
Ma intanto sono arrivate notizie di un’altra azione indiscriminata, in questo caso un bombardamento a Wadi Alrabie – più di trenta chilometri a sudest di Tripoli – in cui altri cinque civili sarebbero stati uccisi dall’attacco aereo di Haftar. (Formiche.net si è fatta promotrice di un appello al governo italiano affinché Roma chieda alla Nato di istituire sulla Libia meccanismo di no-fly zone a protezione dei civili).
Secondo le stime effettuate finora dalle organizzazioni mediche e umanitarie, in totale l’offensiva aggressiva di Haftar, e la risposta dei miliziani tripolini e di Misurata, ha prodotto finora circa duecento morti (tra cui una sessantina minorenni) e quasi mille feriti. Ci sono inoltre 22mila sfollati, di questi 8mila sono bambini.