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Nel bilaterale Usa-Italia l’intesa tra Bolton e Moavero

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“My friend”, il mio amico, usa la via confidenziale l’ambasciatore John Bolton, consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, per descrivere il ministro degli Esteri italiano, Enzo Moavero Milanesi.

Oggi a Washington per partecipare alla cerimonia per il 70esimo anniversario della Nato – ministeriale organizzata anche con compiti più operativi, in realtà, tipo l’impegno per il “pacchetto Mar Nero” – Moavero è stato ricevuto da Bolton, che ha commentato: “Abbiamo coperto mezzo mondo” con le discussioni avute durante l’incontro. Medio Oriente, Russia, Cina e Venezuela, per quel che è noto, “tutte le aree in cui gli Stati Uniti e l’Italia possono collaborare”, dice l’americano.

Rimbalzo dalla Farnesina, che fa sapere che si è trattato di “uno scambio amichevole e fruttuoso su questioni di importanza strategica per Italia e Usa”, la “nostra solida partnership , la lotta contro il terrorismo, il Venezuela, il Medio Oriente e il Nord Africa e la Cina”. Dossier di altissimo livello su cui Roma e Washington hanno avuto anche posizioni in non perfetto allineamento.

Per esempio, la Cina: argomento immenso, su cui l’organismo guidato da Bolton e col compito di consigliare il presidente sulle scelte di politica strategica, ha espresso apertamente critiche e preoccupazioni riguardo all’adesione italiana alla grande infrastruttura geopolitica cinese che va sotto il nome di Nuova Via della Seta. Pochi giorni fa, Bolton aveva ricevuto per un incontro interlocutorio anche il vicepremier Luigi Di Maio, alla guida del ministero, il Mise, che ha fatto da motore per la mossa verso Pechino: la Farnesina invece ha partecipato a distanza al processo di adesione.

Uno degli altri argomenti trattati, il Venezuela, è un altro terreno su cui Italia e Stati Uniti seguono velocità e direzioni diverse. Alla Casa Bianca la scorsa settimana c’è la consorte di Juan Guaidó, l’autoproclamato presidente per salvare il paese dalla morsa del regime di Nicolas Maduro. Washington ha fornito fin da subito, rapidissimo supporto all’antichavista. L’Italia invece non si è sbilanciata, s’è mossa con lentezza, con figure del giro dell’esecutivo che hanno preso posizioni in cui legittimavano la figura di Maduro. Anche in quel caso, però, la Farnesina di Moavero – sostenuta dalla sponda leghista del sottosegretario Guglielmo Picchi, molto più assiduo del circolo governativo americano del collega grillino Manlio Di Stefano– ha preso posizioni più allineate con il nutritissimo gruppo di paesi occidentali che hanno dato supporto a Guaidó (praticamente tutti, escluso l’Italia).

Medio Oriente, dove il premier italiano era impegnato in una visita – in Qatar – nelle stesse ore in cui Moavero si trovava nella capitale americane, e Nord Africa (soprattutto) sono gli altri due dossier sensibili in cui Roma non può fare a meno della partnership statunitense, in particolare su questo secondo dossier, vista la delicatezza del fronte libico e l’importanza dell’appoggio americano per Roma.

All’interno della missione a Washington, il ministro italiano ha avuto altri incontri, per esempio con il senior advisor del presidente Trump, Jared Kushner, oltre che con il senatore, Lindsey Graham, presidente della Commissione Giustizia del Senato e consigliere informale della Casa Bianca; poi con il senatore Mitch Mc Connell, leader della maggioranza repubblicana al Senato, e con il membro del Congresso Mark Meadows, presidente del Freedom Caucus. In serata, prima della cerimonia Nato, Moavero vedrà il suo omologo statunitense, Mike Pompeo.

 

 

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