“La scelta dell’amministrazione Trump di designare l’Irgc come gruppo terroristico (Fto, Foreign Terrorist Organisation) è una mossa molto importante che alza esponenzialmente il livello e la qualità del confronto tra Stati Uniti e Iran. Giova comunque precisare che i Pasdaran iraniani rientravano già nella categoria di Specially Designed Global Terrotist, sotto la giurisdizione speciale stabilita da un ordine esecutivo esecutivo (il 13224) del 2001”, Jacopo Scita è al-Sabah doctoral fellow della Durham University, co-autore del libro “Il trono di sabbia. Stato, nazioni e potere in Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier).
La designazione dei Guardiani, il corpo militare teocratico iraniano, nel quadro delle Fto ha un valore simbolico: è la prima ala di un esercito regolare a essere inserito nella lista dei gruppi terroristici. Ma, spiega Scita, ha anche un altro doppio valore in termini di simboli, collegato al momento in cui la designazione viene annunciata. Negli ultimi giorni l’Iran è stato infatti messo in ginocchio da una serie di piogge torrenziali che hanno provocato decine di morti e gli effettivi dell’Irgc sono stati più volte fotografati mentre erano coinvolti nelle operazioni di soccorso, con lo stesso Qassem Soleimani, comandante della Quds Force (unità speciale dei Guardiani), generale-stratega, e figura di primo piano dell’apparato politico-militare iraniano, filmato mentre visitava le province meridionali devastate dalle alluvioni.
“Designare l’Irgc come gruppo terroristico, quindi denunciandone ufficialmente l’impegno attivo e destabilizzante nella regione, getta benzina sul fuoco in questo momento particolarmente duro per gli iraniani”. Poi il contesto regionale: il Kuwait ha inviato aiuti all’Iran, andando contro l’allineamento mosso dai poteri più forti del Golfo, Riad e Abu Dhabi. I kuwaitiani sono tra quelli messi più in difficoltà dalla designazione, spiegava su queste colonne l’analista Cinzia Bianco, in quanto stanno cercando di mediare sulle divisioni tra Arabia Saudita, Emirati e Iran.
L’amministrazione Trump ha più volte cercato di mobilitare l’opinione pubblica internazionale e almeno una parte di quella iraniana facendo leva sulla sproporzione tra i fondi destinati alle azioni militari di Tehran nella regione e le difficoltà economiche del paese: “La tempistica, a mio parare non casuale, di questa designazione punta anche a capitalizzare ulteriormente questa strategia di pressione”.
Non solo. Scita sottolinea che c’è anche un collegamento con le elezioni che si tengono in Israele oggi: “Oltre ai legami con Hezbollah in Libano, è ben noto che l’Iran è il principale alleato (quello che ha realmente messo i boots on the ground) del regime di Bashar al-Assad. Israele ha più volte colpito target legati alle Irgc in Siria. In sostanza, vista la saldatura tra la presidenza Trump e il governo Netanyahu, e la retorica particolarmente aggressiva che ha caratterizzato gli ultimi giorni della campagna elettorale del premier uscente in cerca di riconferma, l’aver designato i Pasdaran gruppo terroristico rinforza la linea comune Stati Uniti-Israele sui principali dossier regionali”.
Ci sono poi aspetti più sostanziale, perché i Pasdaran sono una componente vitale del sistema politico, ma anche un attore rilevante nella sfera economica: “Sono direttamente (tramite, la Irgc Cooperation Bonyad, già sotto sanzioni Usa dal 2010) e indirettamente coinvolti nel sistema delle cosiddette bonyad, organizzazioni para-statali che controllano una parte consistente dell’economia iraniana”. Si tratta di realtà coinvolte in una moltitudine di attività sociali, economiche e finanziarie, “sono considerate uno degli elementi di maggior disfunzionalità nella sofferente economica della Repubblica Islamica”. “In un sistema in cui le sanzioni rendono estremamente complesso – continua Scita – fare affari con l’Iran, questo ulteriore tassello, che come detto colpisce un attore estremamente organico al tessuto economico del paese, rende la situazione potenzialmente ancora più opaca e scoraggiante”.
Sotto quest’ottica, è possibile inquadrare l’azione dell’amministrazione Trump con un respiro più ampio rispetto alla limitazione delle attività di parte dell’esercito di Tehran? “È noto che l’Irgc è il principale gestore del dossier siriano, nonché un centro di potere logicamente vicino ai cosiddetti principalisti. L’effetto immediato è stato quello di compattare gran parte della politica iraniana attorno al proprio esercito, designando, per ritorsione, il CentCom organizzazione terroristica, per esempio”.
Il CentCom è il comando del Pentagono che copre l’area strategica dall’Egitto all’Afghanistan: la questione è delicata. Anche per questo diversi settori delle forze armate e della comunità di intelligence statunitense hanno ritenuto la mossa di Donald Trump azzardata.
“Il problema è che la decisione statunitense rischia di spostare ulteriormente il baricentro della politica iraniana verso le posizioni più aggressive rappresentate dall’opposizione conservatrice e dagli stessi Pasdaran. Ma nell’ottica della strategia di ‘massima pressione’ messa in campo dall’amministrazione Trump, sembra proprio essere questo l’obbiettivo strategico principale della designazione”. Se aumentano le posizioni più dure, è più facile tenere la linea dura contro l’Iran.
Che proiezione per il futuro delle relazioni con Teheran, anche in ottica di mantenimento in vita dell’accordo sul nucleare? “Le difficoltà da parte dell’Unione Europea di rendere efficiente il meccanismo di pagamento Instex, costruito per aggirare le sanzioni Usa; la conseguente pressione interna sull’amministrazione Rouhani, accusata di non essere in grado di capitalizzare i vantaggi economici dell’accordo sul nucleare, e dunque di aver ‘svenduto’ l’orgoglio iraniano senza ottenere alcun successo pratico; il presumibile effetto polarizzante di questa designazione; l’impossibilità di un futuro ritorno ai negoziati sulla questione nucleare, magari all’interno di un framework più ampio che possa includere anche le attività balistiche di Teheran, ora che i Guardiani vengono trattati da Washington come terroristi. Elementi che rischiano di vanificare lo sforzo fatto dall’Ue e dall’Alto rappresentante Federica Mogherini, condiviso seppur in modo non-organico e altalenante dalla Cina, per mantenere in piedi il Jcpoa”.