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Notre Dame è lo specchio di un mondo che spende (troppo) poco per la cultura. Parla Strinati

notre dame

Mentre il fumo si leva ancora piano piano nel cielo di Parigi dalle macerie di Notre Dame, in Francia e nel resto del mondo è già tempo di farsi una domanda. Si poteva evitare? D’altronde, se nel 2019 l’umanità ha rischiato di perdere un monumento costruito quasi mille anni fa (i lavori sono iniziati nel 1163 ma sono finiti nel 1344), qualche interrogativo bisognerà pur porselo. E non capita tutti i giorni di accendere la tv e vedere la cattedrale parigina divorata dalle fiamme, pronta a collassare su se stessa. Qualcosa nella Francia dei gilet gialli dev’essere andato storto, saranno le inchieste a dirlo, ma già oggi i conti non tornano e su Notre Dame sembra pesare come un macigno la decisione del governo francese di intervenire solo nel 2017 sulla cattedrale visitata da 12 milioni di turisti all’anno e che da tempo dava segni di logoramento. Servivano 150 milioni ma l’Eliseo non li poteva mettere tutti e allora si è fatto ricorso ai privati e a qualche fondazione.

Chi ha fatto della cultura il lavoro di una vita, come Claudio Strinati, storico dell’arte, divulgatore e dal 1991 al 2009 soprintendente per il Polo museale romano non la pensa tanto diversamente, pur affrontando il dramma parigino con una certa filosofia. “Certamente se di incidente si è trattato lo si poteva evitare, questo è logico. Tutto si può evitare nella vita, compreso il rogo di Notre Dame. Detto questo, dobbiamo distinguere tra ciò che è l’incuria e i tagli ai fondi pubblici perché quest’ultimo aspetto riguarda prettamente la politica. E di fondi per la cultura ce ne sono pochi in Francia come in Italia, in Africa e nel resto del mondo. Sono sempre troppo pochi i soldi per proteggere le bellezze del mondo”, spiega Strinati. Che sul caso francese fa un chiarimento. “Non posso dire che in Francia si spenda poco per la cultura, anche se in assoluto rimane sempre non abbastanza, forse però si è speso ancora meno per la conservazione e questo può rappresentare un problema”.

Strinati sa fin troppo bene che la crisi globale 2007-2018 ha messo a dura prova i budget di spesa delle grandi economia, beni culturali compresi. Per questo sì, secondo Strinati “i privati possono avere un ruolo importante laddove lo Stato non arriva. In Francia sono già partite delle sottoscrizioni. Tuttavia vorrei sottolineare un aspetto. Premesso che quello che è successo a Parigi è frutto come detto di una spesa che per il valore delle opere non è mai abbastanza, credo sia profondamente sbagliato utilizzare il caso di Notre Dame per auto-flagellarsi qui in Italia. Che cosa voglio dire? Che dobbiamo smetterla di pensare che siccome Notre Dame è andata a fuoco allora tutto il nostro patrimonio qui in Italia casca a pezzi. Si tratta di un luogo comune a cui porre fine. Diciamo sempre che le chiese di Roma sono tutte abbandonate, tutte nel degrado ma da quant’è che non ne viene giù qualcuna? E poi ce lo ricordiamo o no che qui a Roma a momenti ci sono più chiese che in tutta la Francia? Notre Dame ci deve insegnare a proteggere i tesori dell’umanità ma per favore non sia la miccia per un nuovo isterismo sulla salute dei nostri monumenti”.

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