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Le banche abbandonano Carige. Resta solo il salvataggio di Stato

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Dopo BlackRock anche le banche voltano le spalle a Carige. E così la strada da seguire appare piuttosto chiara: la ricapitalizzazione di Stato. I propositi del governo o parte di esso, certo erano diversi (qui l’approfondimento della settimana scorsa con gli senari dopo l’uscita dai giochi di BlackRock). Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, di sponda con il premier Giuseppe Conte, avrebbero voluto a tutti i costi una soluzione di mercato, con una ricapitalizzazione (720 milioni) da affidare sia al Fondo interbancario, dunque alle stesse banche italiane che vi aderiscono, sia ad alcuni fondi esteri che possano prendere il posto di BlackRock, che dopo 45 giorni di due diligence sui conti Carige, ha detto no grazie. Niente di tutto questo. Il Fondo interbancario, preso atto dell’indisponibilità degli americani, ha fermato i motori, spianando la strada all’intervento pubblico.

LE BANCHE ITALIANE SI TIRANO FUORI

La scorsa settimana lo schema volontario del Fondo aveva deliberato la conversione in azioni del bond sottoscritto a novembre per garantire 320 milioni di liquidità a Carige (obbligazioni che diventano azioni). Ma c’erano in corsa ancora gli americani. Dopo l’improvviso forfait, anche le banche riunite nel Fondo hanno dovuto prendere atto della venuta meno di una gamba essenziale del salvataggio di Carige. Per questo nella giornata odierna il board del Fondo interbancario si è riunito per valutare l’opportunità o meno di proseguire con la conversione in azioni del bond. Alla fine è successo quello che era prevedibile. Lo schema volontario del Fondo interbancario,  rinuncia a convertire il Bond da 312,8 milioni di Carige. Decisione presa dal Consiglio del Fondo e che sarà proposta domani in assemblea dello Schema. Fonti vicine al dossier spiegano che resta aperta tutta una serie di interventi ma lo Schema volontario al momento non effettuerà l’ingresso nel capitale di Carige.

LA CHIAMATA A RACCOLTA DI UNICREDIT

E pensare che a sostegno della soluzione privata cara al ministro Tria, si è schierata la prima banca italiana, il che ovviamente ha il suo peso specifico nelle decisioni delle altre banche aderenti allo Schema volontario. La chiamata a raccolta è arrivata direttamente da Jean Pierre Mustier, ceo di Unicredit e neo eletto presidente della Federazione europea delle associazioni bancarie. “Tutte le le banche dovrebbero essere coinvolte nel salvataggio di Carige “, ha infatti detto il manager francese durante un’intervista a Bloomgerg Tv. Specificando che “ciascun istituto dovrebbe contribuire in modo proporzionale”.

IL PROBLEMA SPREAD

Ci sono diverse ragioni che hanno pesato sull’altolà delle banche. Una di queste è lo spread, oggi a 281 punti base. Il differenziale Btp/Bund è infatti un numero che evidenzia quanto ampio sia percepito il rischio italiano. Se le nostre imprese si finanziano pagando il denaro prestato dalle banche il 2,5-3,0 per cento più delle concorrenti tedesche e quasi al livello delle aziende greche, significa che per arrivare in cima alla salita dovranno faticare molto di più delle concorrenti. Inoltre, giova sempre ricordarlo, il sistema bancario ha in pancia 370 miliardi di titoli italiani, i quali se iniziano a perdere valore perché i rendimenti per il loro collocamento salgono troppo, possono creare seri problemi ai nuovi azionisti di Carige, comprese le stesse banche chiamate al salvataggio.

I DUBBI DI MOODY’S

Anche Moody’s ha espresso dubbi sulla possibilità di evitare una nazionalizzazione. “La decisione di BlackRock di non procedere a una offerta vincolante su Carige rende l’intervento pubblico sulla banca ligure più plausibile alla luce del fatto che il fondo Usa era l’unico investitore privato che aveva espresso formalmente un interesse alla ricapitalizzazione dell’istituto”. Secondo l’agenzia di rating “il passo indietro di Blackrock non rappresenta una premessa favorevole per i tentativi privati di mettere a punto un turn-around di Carige anche se alcuni scenari alternativi sono al vaglio”.

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