Una proposta di legge sul conflitto di interessi digitale, la prima che riguarda le piattaforme web. L’ha presentata oggi alla Camera il Partito Democratico. Un provvedimento, ha spiegato a Formiche.net il deputato dem Francesco Boccia, che “non è anti Casaleggio” né contro la piattaforma Rousseau (o almeno non solo), ma rappresenta “una sfida alla modernità”.
Onorevole Boccia, quali sono gli aspetti principali di questa proposta di legge?
La proposta intende regolare e disciplinare il conflitto di interessi nella società odierna, di fatto una società digitale. La regolazione degli interessi economici e dei legami con le istituzioni è una cosa elementare che andava fatta già molto tempo fa. Oggi facciamo parte di una società fondata sul capitalismo digitale, un’economia aperta e senza confini all’interno del quale è fondamentale fornire al legislatore gli strumenti per regolarne le attività. Deve essere chiaro che chi fa attività economica non può incidere sui sentimenti delle persone, e non può sponsorizzare una fazione piuttosto che un’altra durante una competizione elettorale. Ovviamente questo non riguarda solo il digitale ma anche tutti i grandi editori.
L’articolo due è particolarmente importante, poiché introduce una terminologia nuova e fornisce definizioni non ancora stabilite al legislatore, come piattaforma web, analisi del sentiment, profilazione degli utenti, e soprattutto la pratica del nudging. Importanti sono anche gli articoli che stabiliscono con precisione le cause di ineleggibilità e decadenza della carica politica per colui che si affidi a tali piattaforme. Un altro dato particolare, che potrebbe essere frainteso, è che le legge non prevede l’obbligo delle piattaforme di dissociarsi da attività di interesse politico, bensì che qualora decidessero di farlo, siano Open Source e sottoposte al controllo dell’Agcom.
Quando si verifica, secondo la vostra proposta, un conflitto di interessi digitale?
Il conflitto di interesse si verifica ogni volta che un titolare di una carica politica dipende, sia in sede di elezione sia nell’esercizio delle scelte proprie della sua funzione, da soggetti estranei al proprio contesto politico. In tal senso, l’incipit della legge prevede l’ineleggibilità o la decadenza nei confronti di chi riveste la carica politica ma allo stesso tempo compra dati che gli permettano di conoscere i dati e gli interessi degli utenti di una piattaforma online. Tale circostanza, infatti, consentirebbe al soggetto di manipolare la diffusione di messaggi in campo politico e alterare le opinioni della cittadinanza.
A chi si rivolge la proposta di legge?
La proposta si sofferma sul ruolo ricoperto da chi ha un incarico politico. Un membro del governo, infatti, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve operare senza conflitti di interesse, dunque scollegato da quelle piattaforme web che operano su sistemi non open source e che lavorano su profilazione degli utenti e analisi del clima socio-politico. La legge però prevede una sanzione per ambedue le figure, sia il politico che agisce in un contesto pubblico in violazione della stessa, sia il titolare di una piattaforma web che abbia fornito il proprio supporto in maniera non trasparente (con algoritmi pubblici) a una fazione politica.
La proposta rappresenta una sfida al governo?
Questa proposta di legge rappresenta una sfida alla modernità. Siamo pronti al confronto con le altre forze politiche, ma il tema è molto serio e riguarda la nostra democrazia. Dobbiamo avere il coraggio di parlare di conflitto di interessi e di creare una normativa a cui possano riferirsi anche le piattaforme web, con nuove regole, un nuovo tipo di gestione dei dati e una particolare attenzione alla sicurezza degli stessi.
Qualcuno l’ha definita una proposta anti Casaleggio.
Non lo è. Certo, la triangolazione Casaleggio, Rousseau e Movimento Cinque Stelle è paradossale. La piattaforma dei pentastellati, secondo la legge, non deve necessariamente chiudere i battenti, basta che diventi open source e che renda l’algoritmo per la profilazione accessibile a tutti. In alternativa si discosta dalla politica. È assolutamente impensabile che una piattaforma che si basa sulle attività di una società selezioni un terzo degli eletti seduti alla Camera dei deputati – e per giunta è anche destinataria di fondi pubblici. Ma la proposta di legge riguarda tutti.
Chi altri?
Questo discorso varrebbe anche per Berlusconi, che fa attività editoriale ma sostiene attraverso di essa anche il proprio partito, alterando di fatto il comportamento degli elettori. Le attività economiche non possono incidere sulla vita democratica della cittadinanza, è una nozione semplice. Il Far West digitale-politico – di cui ci sono prove e a seguito del quale i beneficiari non hanno minimamente pensato di restituito la carica – non dovrebbe più essere tollerabile.