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Haftar è inconsistente e dannoso (ha ravvivato il terrorismo). Il tour europeo di Serraj comincia con Conte

Il leader del governo onusiano in Libia Fayez Serraj cerca sponda tra la Comunità internazionale che formalmente lo sostiene ma che di fatto sembra tenersi a distanza dal pantano libico – diventato anche questione militare d’emergenza, da quando un mese fa il signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar, ha lanciato l’aggressione per destituire il governo insediato dall’Onu a Tripoli.

Roma è la prima, naturale tappa di un viaggio che prevede fermate a Berlino, Parigi e Londra. Serraj, in un incontro con il premier Giuseppe Conte, “ha chiesto all’Italia un supporto per far rientrare Haftar nella sua roccaforte di Bengasi”, ci dice una fonte libica informata sulle conversazioni riservate.

Le forze che proteggono Tripoli e le milizie di Misurata alleate “non accettano – prosegue – i guadagni territoriali ottenuti in questo mese di conflitto” dall’auto-proclamato Feldmaresciallo della Cirenaica, e “vedono come possibilità di cessate il fuoco e riavvio dei negoziati politici soltanto il ritorno allo status quo ante” (sono gli stessi termini con cui il dipartimento di Stato americano aveva intimato il deconflicting in Libia tre settimane fa, senza successo).

Serraj sarebbe dovuto venire a Roma con una delegazione di capi militari – miliziani della Tripolitania che combatto in difesa dall’aggressione haftariana – che però sono stati “lasciati un passo indietro”, continua la nostra fonte, perché adesso nutrono un sentimento di rivalsa più acuto nei confronti dell’aggressore in difficoltà. Ma sebbene in Libia il pugno duro può essere un metodo spendibile, nei contatti esterni no: perché la strategia di Serraj è proprio quella di passare come un attore diplomatico e mettersi in netto contrasto con i metodi dispotici e militari di Haftar.

IL RUOLO DI MISURATA

Ad accompagnare il premier libico onusiano a Roma c’erano invece il ministro dell’Interno, Fathi Bashaga, e il capo dell’anti-terrorismo, Mohamed Zein, entrambi di Misurata. Un significato simbolico che Serraj ha voluto dare al ruolo degli uomini della città-stato che sostiene il tentativo di governo impostato dalle Nazioni Unite fin dall’inizio (2015), il cosiddetto Gna (Governo di accordo nazionale), e sono fondamentali per respingere l’attacco di Haftar di queste settimane.

Non solo: Misurata con le sue milizie (un insieme di posizioni che a tratti ha anche discussioni interne, ma nella proiezione esterna di solito ritrova compattezza) è il simbolo della più importante operazione di anti-terrorismo condotta in Libia negli ultimi decenni, la sconfitta dello Stato islamico che aveva costruito a Sirte la terza capitale internazionale, dopo Mosul e Raqqa. Un’operazione condotta in partnership con la copertura aerea americana e l’advising di forze speciali occidentali, per la quale l’Italia ha fornito un doppio appoggio logistico: le basi per le attività Made in Usa, e l’assistenza diretta ai combattenti misuratini tramite un’ospedale militare piazzato nella città libica. È un collegamento concatenato quello tra Italia e Misurata, che tra l’altro è la città di Serraj.

LE BUGIE DI HAFTAR

La presenza di Zein è piuttosto importante anche in altre chiavi. Il capo dell’anti-terrorismo libico è un uomo di Ahmed Maitig – vice di Serraj e continuo interlocutore del governo italiano – e il suo ruolo a Roma è utile per smarcarsi da una narrazione spinta e alterata diffusa da Haftar, secondo cui le forze che proteggono Tripoli sono terroristi. È una lettura forzata legata a un’interpretazione amplificata dai partner esterni dell’uomo forte cirenaico: Emirati Arabi, Egitto e Arabia Saudita, paesi che combattono le visioni islamiste e considerano realtà come la Fratellanza musulmana gruppi terroristici. I Fratelli, la più grande associazione politico-sociale panaraba, sono invece collegati a diversi elementi di Misurata e Tripoli, e agli sponsor esterni di quella parte libica, come Qatar e Turchia.

Zein è inoltre un collegamento importante perché permette all’Italia di mantenere un link diretto riguardo a uno degli interessi principali che Roma proietta in Libia: l’anti-terrorismo. La campagna di Haftar ha infatti prodotto recrudescenze dello Stato islamico che si è rifatto vivo in tre occasioni.

Il punto sostanziale su cui ha battuto Serraj a Roma, e su cui continuerà a martellare nelle prossime visite, è “l’incapacità militare di Haftar”, che si è lanciato nel blitz contro Tripoli pensando di prendere la città in due giorni, successivamente ha provato a rianimare l’offensiva per l’inizio del Ramadan (ieri) promettendo di prendere il controllo della capitale in 48 ore nonostante una richiesta di cessate il fuoco esplicitamente avanzata dall’Onu.

Serraj ha sottolineato a Conte – aggiunge la nostra fonte – che si è prodotto uno “stallo militare” (“stallo” è anche un termine usato da Conte per commentare la situazione dopo l’incontro) che ha causato soltanto vittime civili (più di trecento i morti dall’inizio del conflitto). Vittime che rischiano di aumentare se si protrae questa guerra di posizione.

Una situazione potenzialmente devastante (anche perché permetterebbe di creare un territorio fertile per le istanze jihadiste). Il ruolo di Serraj in questo tour europeo è quello di “convincere tutti che Haftar è il problema, e non la soluzione o parte della stessa e di mettere in luce che contrariamente da quanto promesso ai suoi sponsor, non è riuscito a incassare i successi militari voluti. Va fermato e riaperti i negoziati politici”, chiude il nostro contato. Conte ha annunciato ai giornalisti che lo hanno fermato alla fine del colloqui sta lavorando per organizzare un incontro diretto con il Feldmaresciallo.

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