Il Cyber Command americano sta intensificando le proprie attività all’estero insieme ai suoi alleati, con il doppio obiettivo di mettere a disposizione la propria esperienza per aiutarli a prevenire le possibili interferenze elettorali e, contemporaneamente, di impedirne su territorio statunitense.
LA RIVELAZIONE USA
A rivelarlo è stato Timothy Haugh, comandante della missione nazionale cyber del CyCom, ormai a tutti gli effetti un comando unificato guidato al suo più alto livello dal generale Paul Nakasone (a capo anche dell’Nsa, l’agenzia di intelligence Usa che si occupa di comunicazioni).
LA PROTEZIONE DELLE ELEZIONI
Come parte integrante delle operazioni militari a difesa delle Midterm americane dello scorso dicembre, il Cyber Command aveva già schierato a novembre una serie di addetti ai lavori ed esperti che, all’interno del Dipartimento della Difesa, avrebbero dovuto proteggere l’infrastruttura elettorale. Ottennero alcuni risultati, come quello di “spegnere” l’Internet Research Agency (Ira), la cosiddetta ‘fabbrica dei troll’ russa ritenuta dai servizi segreti d’oltreoceano e da indagini di peso – come quella sul Russiagate del procuratore generale Robert Mueller – l’epicentro della disinformazione di Mosca sul Web.
Sempre a protezione della campagna elettorale domestica, il Pentagono aveva dato il via all’operazione ‘Synthetic Theology’ che aveva operato nei contesti ucraino, macedone e montenegrino al fine non solo di difendere le reti di tali nazioni dagli attacchi esterni ma anche – scrive il New York Times – di acquisire informazioni sull’operatività degli avversari. Questi team sono poi rimasti all’estero e sono stati ridistribuiti nei Paesi più a rischio.
È stato proprio Haugh che, durante una tavola rotonda tenuta presso il Joint Operations Center, ha voluto rivelare l’esistenza di questi gruppi, affermando che gli Stati Uniti cercano partenariati cyber “ovunque ci sia un potenziale avversario che si rivolga anche ai nostri sistemi elettorali” (non è chiaro, però, se possa esserci la possibilità anche per una collaborazione strutturata in vista delle ormai vicine elezioni per il rinnovo del Parlamento Ue).
GLI OBIETTIVI
L’iniziativa americana ha come scopo quello di rendere più complicate le attività di interferenza elettorale che hanno origini esterne e, in particolare, in Russia, un Paese sul quale anche l’intelligence è tornata fortemente a concentrarsi dopo il focus degli anni scorsi sulla minaccia terroristica. Avvicinandosi le elezioni presidenziali, Washington teme nuove operazioni di influenza. Per questo, anziché attendere il nemico al varco rischiando di essere colti impreparati, gli Stati Uniti hanno deciso di offrire il proprio sostegno ai Paesi che affronteranno le elezioni nei prossimi mesi, anche per avere un’idea di cosa aspettarsi dalle operazioni russe. A questo proposito, Charles Moore, direttore delle operazioni del Cyber Command, ha sottolineato a Cyberscoop quanto sia importante mantenere un costante contatto con il nemico nel quinto dominio, per comprendere meglio le modalità di attacco e di eventuale difesa.
UNA NUOVA STRATEGIA
È stato il National Defense Authorization Act del 2019 a dare il via alla nuova strategia del Dipartimento della Difesa, che ora può operare fisicamente in territorio alleato e attaccare in maniera preventiva dopo aver raccolto le prove di un pericolo imminente per la sicurezza nazionale. Inoltre, operare all’estero, per il CyberCom, significa ottenere informazioni talvolta incredibilmente rilevanti. Un’opportunità che nel 2016 ancora non c’era.
LA NARRATIVA DI PECHINO
Inoltre, come già affermato in diverse circostanze, compreso all’interno del report annuale del Dipartimento della Difesa al Congresso sugli sviluppi militari e di sicurezza di Pechino, l’attenzione del Pentagono non è rivolta solo a Mosca. La Cina – ritenuta dagli Usa un avversario strategico anche sul fronte dello sviluppo di nuove tecnologie come il 5G – starebbe promuovendo una propria narrativa attraverso la diffusione di messaggi divisivi mirati nei confronti degli Stati Uniti. La Repubblica Popolare, come la Russia, starebbe sfruttando, secondo Washington, le piattaforme social per promuovere una sua agenda (come la Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta anche digitale) e per perpetrare una guerra di informazione contro l’Occidente, senza che ci sia ancora una unità preposta a risposte sul medesimo piano. Tuttavia, riportano i media d’oltreoceano, l’obiettivo primario del Cyber Command non sarà quello di impedire che si verifichino operazioni di influenza social, spesso complesse da arginare sul nascere, bensì di effettuare un controllo talmente stringente da imporre costi altissimi per agli avversari, tali da generare una forza deterrente.
UNITI PER UN UNICO SCOPO
In preparazione dell’appuntamente del 2020, i “cybercommanders” hanno affermato di voler amplificare la cooperazione con il Dipartimento della Sicurezza Nazionale (responsabile della protezione delle infrastrutture critiche, anche quelle elettorali), l’Fbi e il Dipartimento di Stato. Oltre, dunque, ad una preparazione a livello di unità operativa, il comando si starebbe avviando alle prossime elezioni con nuove partnership con le più importanti agenzie di intelligence e polizia americane. In quest’ottica cooperativa è stato di recente reso permanente il ‘Russia Small Group’, un team composto da CyberCom e Nsa (tutt’ora uniti sotto la stessa guida, nonostante il dibattito per separarli) che si occupa esclusivamente dei tentativi di ingerenza attribuiti a Mosca.