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I mille guai (bancari) di Angela Merkel. Azionisti di Deutsche Bank in rivolta

Merkel, Berlino

Non si può certo dire che siano tempi facili per Deutsche Bank e più in generale per le banche tedesche. La prima banca della prima economia d’Europa vive forse i momenti più difficili degli ultimi 20 anni. Tutto parte da un presupposto: oggi come oggi l’istituto fatica a stare sulle proprie gambe. A Berlino il governo Merkel lo ha capito da tempo, tanto da aver architettato più di una soluzione industriale per salvare la banca, reduce da una perdita strutturale (2017) di mezzo miliardo di euro, senza considerare gli 1,6 miliardi lasciati sul campo degli Stati Uniti a causa dello scarso rendimento dei titoli municipali. Tutte almeno per il momento, miseramente fallite, come le mancate nozze domestiche con l’altro gigante, Commerzbank (qui l’intervista in merito all’economista Marcello Messori). Ora la domanda è, qual è il prezzo di tutto ciò?

AZIONISTI FURIOSI

Un azionista si dice possa sopportare tutto ma non la perdita di denaro, cioè la svalutazione delle proprie azioni. E Deutsche Bank non fa certo eccezione tanto che adesso, anni di scelte industriali discutibili (massicci investimenti in derivati, contratti pericolosi per natura, e che hanno portato Mps a un passo dal crack, tanto per dirne una) stanno per presentare il conto. Due giorni fa Ubs ha declassato la banca di Francoforte, portando il valore delle proprie azioni a 6,617 euro, cioè ai minimi storici. Troppo da sopportare, anche per l’investitore più ottimista e tenace. Non deve stupire dunque se questa mattina il Financial Times ha dedicato un’analisi proprio alla delicatissima situazione della banca. Che si prepara ad affrontare la rabbia degli azionisti in vista dell’assemblea annuale in calendario giovedì a Francoforte. Un’assemblea che si preannuncia tutta in salita per i vertici della società anche alla luce del pressing dei due colossi del proxy advisor, Glass Lewis e Institutional Shareholder Services, secondo i quali gli investitori dovrebbero punire i top manager per la loro perfomance. Nel mirino, fa sapere il quotidiano inglese, ci sono soprattutto il presidente Paul Achleitner e il co-presidente Garth Ritchie. Ma soprattutto l’amministratore delegato Christian Sewing che proprio insieme al presidente ha scritto di recente a BlackRock e altri investitori chiedendo loro di sostenere il board all’assemblea.

UN CAMBIO DI PASSO

L’analisi del Ft non lascia molto spazio alle interpretazioni. Il grande problema di Deutsche Bank è la divisione investimenti che non ha garantito le performance che ci si aspettava. In particolare il corporate e investment banking di Deutsche ha ottenuto un ritorno sul capitale inferiore all’1 per cento nel 2018, rispetto al 16 per cento ottenuto invece dalle divisioni dei rivali Jp Morgan Chase o Ubs. Di qui la richiesta di molti soci, tra cui alcuni membri del consiglio di sorveglianza della banca, per una riduzione strutturale della branch, che quest’anno, secondo il calcolo degli analisti, registrerà il quarto calo consecutivo in termini di ricavi. Se a tutto questo si aggiunge anche una certa frustrazione per le mancate nozze con Commerzbank (che proprio oggi riunisce il board per valutare possibili fusioni, magari con Unicredit), è giocoforza aspettarsi da parte degli azionisti la richiesta di un passo indietro di qualche manager. Non è tutto.

LA BOMBA DERIVATI

I bilanci di Deutsche Bank nascondono qualcos’altro. Per esempio 300 miliardi di derivati. Sebbene siano stati compiuti alcuni progressi nel ripulire il bilancio della banca, essa ha ancora un’esposizione in derivati piuttosto forte. Alcune sono posizioni a lungo termine che vincolano molto capitale ma non generano entrate. In altre parole, non creano reddito. Circa il 90 per cento dei derivati a lungo termine in pancia a Deutsche Bank, cioè con scadenze superiori a cinque anni – la metà dell’esposizione totale – sono prodotti di tasso di interesse non eccessivamente rischioso. Ma sono, per l’appunto, solo la metà.

L’AFFAIRE TRUMP

Come se non bastasse, Francoforte è anche finita nuovamente nel mirino per i suoi rapporti con il presidente americano Donald Trump (qui un articolo di Formiche.net con tutti i dettagli sui prestiti concessi dalla banca al magnate). Il New York Times rivela che alcuni funzionari della banca nel 2016 e nel 2017 avevano raccomandato di denunciare alcune transazioni alle autorità ma sono stati respinti. Il presidente in una serie di tweet bolla come “falsità” le ricostruzioni del quotidiano mentre Deutsche Bank si difende e respinge le accuse: “abbiamo rafforzato i controlli negli ultimi anni e prendiamo molto seriamente le norme anti riciclaggio”.

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