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Salvini non vuole surclassare Di Maio, sennò il governo è finito. Sostiene Padellaro

Salvini

I rapporti tra i leader dei due partiti di maggioranza? “Vedo l’asse tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini molto forte“. Il futuro dell’esecutivo? “Mi pare che i due soci di governo abbiano intenzione di andare avanti“. La vera partita delle europee? “La corsa per il secondo posto“. Antonio Padellaro non crede affatto che dopo le elezioni del 26 maggio la maggioranza gialloverde sia destinata a dividersi, anzi – ha osservato in questa conversazione con Formiche.net – ritiene più probabile che, una volta finita la campagna elettorale, i toni tra gli alleati tornino ad essere “costruttivi e collaborativi“. Sempreché il Pd non superi i cinquestelle. In questo caso – ha sottolineato l’editorialista e fondatore del Fatto Quotidiano, che ha appena pubblicato il libro dal titolo “Il gesto di Almirante e Berlinguer” (Paper First editore) – “per Di Maio sarebbe un vero problema perché potrebbero mettersi in moto dinamiche interne imprevedibili“.

Quindi, a suo avviso, quali potrebbero essere le conseguenze della decisone di ieri sull’ormai ex sottosegretario leghista?

E’ evidente che il movimento cercherà di giocarsi questa vittoria in campagna elettorale nella quale i cinquestelle e la Lega, facendo finta di litigare o litigando sul serio, stanno occupando tutto il campo. Questo mi pare sempre più il governo del libero scambio e credo che in fondo possa funzionare: in tal senso mi sembra vi sia stato uno scambio tra il caso Siri e il caso Diciotti. Salvini ha ottenuto di essere salvato in quella vicenda e il cambialone ha previsto che la Lega cedesse su Siri.

Il governo andrà avanti?

Tutto sommato mi pare che i due soci di governo abbiano intenzione di andare avanti. Non credo che il 27 maggio ci saranno novità sconvolgenti, forse potrebbero esserci diversi rapporti di forza nel governo visto che certamente la Lega prenderà più voti del movimento. Ma non molto di più. In questo senso ho un sospetto però.

Quale?

Che a Salvini, in fondo, non dispiaccia che i cinquestelle portino a casa qualcosa. E’ evidente che un movimento messo eccessivamente alle corde dalla Lega avrebbe difficoltà maggiori ad andare avanti.

Un governo più bilanciato farebbe bene all’esecutivo e quindi pure a Salvini che ne vorrebbe la continuazione. E’ così?

Esatto, aiuta tutti. Mentre un governo troppo sbilanciato, soprattutto dopo le ripetute sconfitte alle regionali, no perché metterebbe in difficoltà Di Maio. Uno scambio che in questo momento favorisca i cinquestelle non è che sia  più di tanto contro gli interessi di Salvini. Che, peraltro, aveva già capito che Siri non sarebbe potuto rimanere al suo posto. Il punto centrale è che i due sul tema di fondo – restare al governo insieme – mi paiono d’accordo.

E cosa potrebbe cambiare le carte in tavola?

Il risultato delle europee e, nello specifico, la corsa per il secondo posto, il vero match delle prossime elezioni. Se i cinquestelle arrivassero terzi, sarebbe un vero problema per Di Maio perché si metterebbero in moto dinamiche interne imprevedibili.

In questo senso c’è chi dice che i cinquestelle siano già percorsi al loro interno da forti tensioni, fino al punto di una possibile rottura dopo le europee. Che ne pensa?

Può darsi che le fratture interne al movimento esistano. E certamente verrebbero rafforzate nel caso di un voto negativo alle prossime elezioni. I nemici interni di Di Maio oggi stanno zitti perché è in corso la campagna elettorale ma il 27, nel caso di un sorpasso da parte del Pd, inizierebbero pesantemente a riprendere fiato. Però c’è un ulteriore aspetto su cui dovremmo concentrarci.

Che aspetto?

Queste possibili, ma nien’affatto scontate, fratture interne al movimento a cosa dovrebbero condurre? Pochi giorni fa Ilvo Diamanti ci ha spiegato su Repubblica che soltanto pochissimi elettori del Partito democratico sarebbero favorevoli a un’alleanza con i cinquestelle. Per non parlare di questi ultimi che guardano al Pd come autentico fumo negli occhi. Al di là delle volontà, peraltro tutte da verificare, dei gruppi dirigenti, credo che tra questi due elettorati si sia scavato un solco ormai difficile da colmare. E, ancora, questi dissenzienti cosa farebbero nel caso? Un’altra maggioranza? Un gruppo di responsabili?

Si parla di un possibile gruppo di fuoriusciti dal movimento che vada ad appoggiare la nascita di un nuovo governo di centrodestra a guida leghista..

Non mi pare così semplice, anche perché i parlamentari cinquestelle sono portavoce come si definiscono loro stessi: esistono in quanto creati dal movimento. Tranne rari casi, non hanno una loro autonomia politica né un’elettorato o un mondo che li sostenga. Certo, potrebbero anche giocarsi la carta di aprirsi una ditta in proprio ma chi ci ha provato è finito nel gruppo misto ed è stato sostanzialmente dimenticato. Una regola, direi, quasi generale: le voci di dissenso hanno peso finché rimangono all’interno dei partiti di provenienza mentre al di fuori non contano più. Basta vedere cos’è successo ai famosi scissionisti del Pd ad esempio: non ci ricordiamo più neppure come si chiamano.

In molti, però, continuano a sostenere che nel medio periodo un’alleanza tra M5s e Pd sia quasi inevitabile, vista la natura del movimento e le sue differenze di fondo con la Lega. E’ d’accordo? 

Vedo l’asse Di Maio-Salvini molto forte e vedo anche l’interesse dei rispettivi gruppi dirigenti a rimanere uniti, sia pure nella diversità, perché ogni altra ipotesi è rischiosa.

Per i cinquestelle quale sarebbe l’alternativa?

L’accordo con il Pd appunto ma, appena se ne parla, si sentono subito urla e stridor di denti. In questi condizioni mi pare un po’ complicato trovare un’intesa tra due mondi che si sono detti di tutto. Le ferite restano. Costruire un’alleanza vorrebbe dire pure ricostruire rapporti non dico umani ma quanto meno politici.

E per Salvini?

Il ritorno alla casa del padre, da Silvio Berlusconi. Ma a che pro? Perché dovrebbe farlo? Tutto sommato oggi è il dominus, lo sarebbe anche nel centrodestra, ma Berlusconi, al di là dei voti che sono sempre meno, rimane un personaggio ingombrante. E molto potente. Di Maio no. E’ un’espressione del movimento 5 stelle e basta. Salvini tutto questo lo ha calcolato: i cinquestelle sotto certi aspetti rappresentano per lui il miglior alleato possibile.

Pure se dalle europee uscisse un centrodestra molto diverso dall’attuale, con la componente moderata di Forza Italia messa ancora più in crisi dall’affermazione di Salvini?

Il 27 maggio vedremo i numeri, questo discorso verrebbe meno se Forza Italia dovesse ridursi a poca cosa. In quel caso penso che Salvini verrebbe anche pressato dai suoi per fare una operazione di riassorbimento del centrodestra. D’altronde non è solo, è il capitano ma nella Lega ci sono pure altri azionisti come Luca Zaia, Attilio Fontana, Giancarlo Giorgetti e tanti amministratori locali con un peso rilevante. In quel caso potrebbero dirgli di mollare il movimento. Anche se credo che i toni, dopo la chiusura della campagna elettorale, torneranno costruttivi e collaborativi.

Dunque i toni polemici di queste settimane tra gli alleati di governo sono da attribuire al voto per le europee? Oppure c’è qualcosa di più profondo che rischia, alla fine, di impattare sulla tenuta della maggioranza?

E’ evidente che se tiri troppo la corda poi rischia di spezzarsi. Per adesso però penso sia ancora più forte la convenienza a restare insieme. Poi domani può succedere altro. Ma per ora è così. Pure la conclusione della vicenda Siri va in quella direzione: Salvini ha detto di voler andare avanti. E ha mandato Di Maio in sala stampa. Attenzione agli aspetti pure teatrali: Conte ha fatto l’operazione, il leader cinquestelle ne ha raccolto i frutti in conferenza e quello leghista non ha disturbato.

Ultimissima domanda: nel suo recente libro “Il gesto di Almirante e Berlinguer“, lei racconta degli incontri, finora rimasti pressoché segreti, che i due ebbero a fine anni ’70 per coordinarsi nella lotta al terrorismo. Detto che la situazione oggi fortunatamente è cambiata, quale sarebbe a suo avviso un gesto forte da compiere paragonabile in qualche modo a quello dei leader di Pci e Msi?

Intanto iniziamo con il dire che oggi non c’è il terrorismo: Almirante e Berlinguer iniziarono a incontrarsi dopo l’assassinio di Moro perché c’era un pericolo mortale per la democrazia italiana. Bisogna esserci stati per capire cos’era l’Italia in quel momento, un Paese terrorizzato e quasi sull’orlo della guerra civile. Quell’Italia fortunatamente è riuscita a superae l’emergenza del terrorismo grazie anche al prodigarsi di tanti personaggi che seppero assumersi le giuste responsabilità. Gli incontri tra Berlinguer e Almirante andarono proprio in queto senso.

E oggi?

Qual e’ il nemico comune? Penso alla situazione economica e al fatto che questo Paese soffra maledettamente sul piano della crescita. Sarebbe bello che il gesto dei due in questo momento al potere – Di Maio e Salvini – fosse di unire le forze per mettere mano a un grande piano per lo sviluppo del Paese. Per rilanciare, ad esempio, l’industria e le infrastrutture. Un grande piano per lo sviluppo in cui dicano cosa serve all’Italia e si impegnino a farlo rinunciando a qualche posizione ideologica. Per il bene del Paese

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