Bruxelles boccia Ankara su diritti, economia e geopolitica. Il ripetuto impegno del governo turco a conseguire l’obiettivo di adesione all’Ue non è stato corroborato dalle conseguenti riforme in settori cardine.
Così il paper-paese da parte della Commissione europea mette a nudo nuove ma vecchie pecche della Turchia, che tra l’altro nell’utimo biennio si è distinta per una serie di clamorose politiche successive al golpe farlocco del 2016, a cui si aggiunge la spinosa questione delle perforazioni illegali nella Zee cipriota. Nel mezzo la geopolitica di alleanze e partnership e il dossier energetico.
LONTANA DALL’UE
La Turchia ha continuato a allontanarsi dall’Unione europea, ha affermato la Commissione nel suo rapporto sui progressi di Ankara verso l’adesione, un percorso formalmente intrapreso nel 2005. “I negoziati si sono effettivamente fermati”, ha aggiunto, mentre il governo della Turchia si è difeso sostenendo di essere vittima del sentimento anti-islamico nell’Ue e di giustificate misure repressive contro la minaccia dei terroristi.
Uno scontro che trova plastica conferma nelle parole del vice ministro degli Esteri turco, Faruk Kaymakci, secondo cui “non è possibile per noi accettare critiche ingiuste e sproporzionate e dichiarazioni incoerenti presenti nel rapporto: la Turchia fa parte dell’Europa, la Turchia è l’Europa“, dimenticando tra gli altri il caso della ripetizione delle elezioni a Istanbul e, tornando a pochissimi anni fa, i masacri di Gezi Park con le manifestazioni di cittadini e studenti represse dal governo di Erdogan con violenza e sangue, e la tangentopoli turca del 2013. O il fatto che al dicembre scorso c’erano ancora 57.000 persone nelle carceri turche senza accusa o sottoposte ad un processo in sospeso.
GIUSTIZIA
Durante lo stato di emergenza proclamato dal luglio 2916 infatti sono stati emanati 36 decreti che limitano determinati diritti civili e politici, nonché i diritti di difesa, l’espansione dei poteri di polizia e quelli dei pubblici ministeri per indagini e azioni penali, oltre a prevedere il licenziamento di oltre 152mila dipendenti pubblici (compresi accademici, insegnanti e funzionari pubblici).
La Corte costituzionale turca ha inoltre stabilito di non avere un mandato per esaminare la legalità dei decreti che utilizzano i poteri eccezionali emessi durante lo stato di emergenza. Nel maggio 2017 le autorità turche hanno istituito una commissione di inchiesta sullo stato delle misure di emergenza incaricata di riesaminare individualmente tutti i ricorsi.
Secondo la Commissione delle 126mila domande sono state esaminate 70mila e solo 5mila hanno portato a una reintegrazione, mentre 65mila denunce sono state respinte e sono 55mila le domande in sospeso. Il tasso di elaborazione delle domande solleva forti dubbi sul fatto che ciascun caso sia stato realmente esaminato singolarmente.
CRISI
Si apre di fatto un’altra crepa nei rapporti con gli stati membri, anche perché il paper si inserisce nella battaglia navale in atto nel Mediterraneo orientale, con la nave turca Fatih che ha avviato perforazioni illegali nella Zee cipriota, in contemporanea alla più massiccia esercitazione turca con 130 navi e 25mila uomini nell’Egeo. Il rapporto tocca anche attualissimi elementi legati alla geopolitica nel Mediterraneo orientale, quando ricorda che la Turchia ha inviato una piattaforma di perforazione accompagnata da navi militari nella zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro, “aumentando ulteriormente le tensioni”. E’la ragione per cui Nicosia definisce la relazione Ue la “la più critica” da quando Ankara ha avviato i negoziati di adesione post 2005.
Bruxelles inoltre sottolinea che Ankara non ha compiuto progressi nella normalizzazione delle relazioni con Cipro e i ripetuti richiami contro atti illeciti nella zona economica esclusiva di Cipro sono rimasti lettera morta. Lo certifica l’aumento esponenziale delle tensioni sul dossier idrocarburi, dove le minacce del governo turco cozzano con gli sforzi delle Nazioni Unite per consultare le parti interessate alla possibile ripresa dei negoziati riguardanti la riunificazione.
QUI EGEO
Non va meglio nell’Egeo, dove gli sconfinamenti nei cieli greci degli F16 turchi sono quotidiani, a cui si sommano anche quelli dei nuovi droni made in Turkey. Con la Grecia c’è il precedente del 2018, con la detenzione di sei mesi di due soldati greci che stavano pattugliando la frontiera terrestre, in seguito liberati nell’agosto scorso. Ma più in generale, dal progressivo disimpegno americano dalla base turca di Incirlik, e dall’avvio dei lavori ad Antalyya della prima centrale nucleare turca, è mutato anche il quadro geopolitico oltre che quello economico/finanziario con la crisi della lira turca.
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