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Il tribunale Onu blocca la Russia: deve liberare gli ucraini catturati a Kerč

Il presidente del Tribunale internazionale per il diritto del mare, Paik Jin-Hyun, parlando ieri con la stampa dalla sede di Amburgo, ha annunciato pubblicamente che la Russia deve rilasciare i 24 marinai ucraini incarcerati il 25 novembre dello scorso anno durante uno scontro armato sullo stretto di Kerč. L’organo di giustizia delle Nazioni Unite (noto con l’acronimo Itlos) ha accolto le proteste di Kiev che ha da subito richiesto il rilascio dei suoi soldati e delle tre navi su cui erano imbarcati quando, durante manovre sul confine marino russo-ucraino, sono stati attaccati dai russi, abbordati e presi in ostaggio (almeno tre ucraini erano rimasti feriti). Quello a Kerč è stato il primo scontro armato tra russi e ucraini in cui i primi hanno agito con insegne alzate, ossia condotto da militari regolari le cui azioni sono state pubblicamente riconosciute dal Cremlino.

L’IMPORTANZA DEL MAR D’AZOV

Anche per questo è diventato importante Kerč, il punto in cui il Mar Nero si chiude nel suo angolo nord-orientale e forma il Mar d’Azov, che è un bacino la cui giurisdizione è condivisa tra Russia e Ucraina e che è diventato un nodo di infiammabilità nel confronto geopolitico (sfociato in quello scontro a fuoco di novembre) in mezzo alla guerra che i due paesi combattono nel Donbass (l’area orientale ucraina dove due province sono sotto il controllo militare dei ribelli indipendentisti filorussi e hanno dichiarato l’indipendenza sperando di ripetere quel che è successo nel 2014 con l’annessione russa della Crimea). Il Mar d’Azov è sede dei principali porti commerciali ucraini e per questo ha valore nevralgico su cui la Russia vuole interferire. Nei mesi precedenti allo scontro a fuoco Kiev aveva rafforzato la presenza militare nell’area, in particolare a Mariupol, che un’importante città del Donbass che da anni i ribelli hanno tra i loro principali obiettivi. Anche ieri i separatisti hanno ucciso un soldato ucraino e rapito altri quattro commilitoni.

MANOVRE PROVOCATORIE?

L’udienza per i fatti di Kerč era iniziata i primi di maggio, ma la Russia — che ha già alzato contro i marinai ucraini diverse imputazioni — s’era rifiutata di partecipare perché ritiene quanto successo frutto di “manovre provocatorie” studiate dall’Ucraina. Quattro giorni fa, Andriy Portnov, ex vice capo dello staff del deposto presidente filorusso Viktor Yanukovich (fuggito dal Paese durante i moti del Maidan, innesco storiografico della crisi con Mosca), ha aperto un procedere penale dell’Alto ufficio investigativo ucraino — di cui Portnov è parte — sull’incidente nello stretto di Kerč. L’accusa riguarda l’allora presidente Petro Poroshenko, iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di “alto tradimento” per aver inscenato una provocazione insieme ad altri membri del Consiglio nazionale ucraino per la sicurezza e la difesa, il capo dello Stato maggiore e comandante delle forze armate ucraine, il comandante della marina, e altri funzionari “che potrebbero avere relazione con tali eventi”. Una fonte ucraina commentava con discrezione giovedì, appena uscita la notizia che aveva definito subito un gesto di “un signore del circolo di Yanukovich”, e diceva che “la cosa muore lì senza alcuno sviluppo”: la decisione dell’Itlos sembra già dargli ragione.

CAVILLI RUSSI

Secondo la Russia il tribunale internazionale Itlos è il posto sbagliato dove risolvere la disputa. Mosca non ha reso noto le intenzioni riguardo la sentenza, ma ha tenuto ferma la sua linea: per il Cremlino il tribunale non poteva nemmeno accogliere la richiesta di Kiev in quanto esiste l’eccezione per attività militari. I legali del governo ucraino contestano la fattispecie tirata in ballo da Mosca perché precedentemente i russi avevano descritto gli arresti e il sequestro dei mezzi come un’operazione di polizia.

UN SEGNO DI PACE

Il nuovo presidente ucraino, Volodymyr Zelenkiy, insediatosi soltanto lunedì e già alle prese con un capitolo delicato del confronto geopolitico con la Russia, ha invece invitato Mosca ad accettare la decisione dell’Itlos dimostrando così buone intenzioni per fermare la guerra. Su Twitter ha scritto che il rilascio dei marinai (richiesto già in precedenza attraverso pressioni politiche di Francia e Germania) potrebbe essere l’occasione in cui la leadership russa dimostra di essere in grado di “risolvere civilmente i problemi che crea”. Le decisioni del tribunale hanno rilevanza giuridica formale, ma l’Itlos — come spesso accade per questi organismi internazionali — non ha il potere di implementarle. Tuttavia è stato concesso un ultimatum alle parti, il 25 giugno, entro il quale la Russia dovrà de-confiscare i mezzi e rilasciare  gli ucraini (anche se potrà non sospendere il procedimento penale contro di loro) e l’Ucraina dovrà di risposta archiviare un’azione giudiziaria avviata contro la Russia. L’annuncio di Paik è stato accolto positivamente dal delegato statunitense per la crisi in Ucraina, Kurt Volker, che ha commentato: “È tempo che la Russia liberi le navi e i membri dell’equipaggio ucraini detenuti illegalmente”.

(Foto: Marina russa, una nave passa tra le arcate del ponte russo che chiude lo stretto di Kerč)

 



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