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Più armi e soldati in Iran non significano che Trump farà la guerra

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La presidenza Trump e l’amministrazione statunitense ieri hanno dato una dimostrazione chiara della profondità dello scontro con l’Iran (che è ampio, tanto da ordinare un altro rafforzamento militare in Medio Oriente) e del suo posizionamento (al fianco degli alleati americani nemici di Teheran).

1500 NUOVI SOLDATI PER CENTCOM

Prima il presidente Donald Trump ha dichiarato – parlando con i giornalisti dalla Casa Bianca – di aver autorizzato l’invio di altri 1500 uomini (operatori per batterie Patriot, esperti di intelligence militare, equipe per droni) destinati ad operare in CentCom AoR, ossia nell’area di responsabilità del comando del Pentagono che gestisce le operazioni nel quadrante mediorientale. Trump ha parzialmente accettato la richiesta dell’ufficiale che ha guidato CentCom, Kenneth McKenzie, che aveva esposto la necessità di un rafforzamento legato alle informazioni sull’aumento della minaccia iraniana (diretta o più che altro tramite le milizie sciite che Teheran gestisce nella regione).

Giovedì, alcuni pianificatori del Pentagono e il segretario alla Difesa, Patrick Shanahan, avevano tenuto una riunione riservata con gli alti ranghi del settore sicurezza nazionale dell’amministrazione per spiegare come soddisfare le richieste del generale McKenzie – che in realtà sarebbero più alte rispetto alle concessioni. La dichiarazione di Trump significa che il presidente ha dato semaforo verde a quel piano che prevede un rafforzamento progressivo fino a un massimo di diecimila uomini qualora ce ne fosse necessità: “Faremo quello di cui c’è bisogno”, aveva già annunciato il presidente nella serata dopo il briefing con la Difesa.

ARMI AGLI ALLEATI

Poi l’amministrazione ha inviato un’informativa ai legislatori con cui ha comunicato che c’è un team legale del dipartimento di Stato che sta lavorando per aggirare una risoluzione del Congresso che vietava momentaneamente alcuni trasferimenti di armi a paesi del Golfo come Arabia Saudita ed Emirati Arabi e Giordania (c’entra la guerra contro i ribelli in Yemen, dove sauditi ed emiratini stanno conducendo una campagna dai pochi successi e dai molti errori sui civili). Si tratta dei principali alleati americani, nemici esistenziali dell’Iran, partner per cui Washington muove quella politica di ingaggio assertiva contro Teheran.

Il segretario di Stato, Mike Pompeo, che è la più alta autorità in campo di vendita di armamenti secondo l’Arms Export Control Act, ha annunciato su Twitter di aver preso la decisione di dare via libera alla fornitura di alcuni equipaggiamenti il cui contratto era già stato concordato un anno e mezzo fa con gli alleati mediorientali, perché “queste [armi] serviranno a proteggere direttamente i cittadini degli Stati Uniti e i nostri partner”. “Gli Stati Uniti sono, e devono rimanere, un affidabile partner per la sicurezza nel Golfo e per i nostri alleati in tutto il mondo. È fondamentale per la nostra sicurezza nazionale”, ha aggiunto in un secondo tweet.

IL PENTAGONO ACCUSA L’IRAN

Ieri, poco dopo l’annuncio di Trump, il direttore dello Stato maggiore congiunto ha detto ai giornalisti del Pentagono che forze riconducibili all’Iran sono responsabili del sabotaggio a quattro navi davanti al porto emiratino di Fujairah, avvenuto due settimane fa: “Gli iraniani (precedentemente nominate il corpo dei Guardiani della rivoluzione, ndr) hanno detto pubblicamente che avrebbero fatto qualcosa, abbiamo appreso dai rapporti di intelligence che hanno agito su quelle minacce e hanno effettivamente attaccato”. È uno degli elementi caldi che comprovano l’incremento del livello di minaccia iraniana e giustificano il dispiegamento militare ordinato nelle scorse settimane su cui l’amministrazione statunitense ha fatto molto spin politico. Alcune delle unità inviate in Medio Oriente, infatti, avevano già in agenda lo spostamento secondo le manovre di rotazione delle truppe, ma gli spostamenti sono stati anticipati e sponsorizzati per mandare un messaggio muscolare all’Iran e creare deterrenza. Anche alcuni di quei 1500 nuovi soldati sono parte di una rotazione normale, e per questo McKenzie – che sta chiedendo di rafforzare le capacità difensive potenziando le batterie Patriot e le forze per raccogliere intelligence – non sarebbe rimasto troppo contento.

LE PREOCCUPAZIONI AL CONGRESSO

Ma l’aumento dell’impegno militare contro l’Iran deve anche sposarsi con la linea tutt’altro che interventista che Trump ha cercato di dare alla sua presidenza; una linea molto apprezzata dall’elettorato americano che ritiene certi fascicoli uno spreco di denaro ed energie. In più c’è il problema dei congressisti che hanno storto un po’ il naso perché: si sono sentiti esclusi dalle prime dinamiche (poi l’amministrazione ha rimediato con due grandi briefing speciali); temono che l’aumento delle presenza americana nell’area possa facilitare l’inasprimento delle posizioni più estremiste in Iran e portarsi dietro azioni fuori controllo ordinate ai proxy; non sono convinti della bontà delle informazioni fornite sull’aumento della minaccia iraniana (ossia, credono che tutto sia stato ingigantito da alcuni dei partner regionali che vogliono un’America più assertiva in Medio Oriente per contenere Teheran).

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