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Banche, perché regole e vincoli uguali per tutti sono un pericolo (lo dicono anche Visco e Bagnai)

Il sistema bancario europeo si compone per la maggior parte di intermediari medio-piccoli che non sono assoggettabili a risoluzione e per i quali l’Unione bancaria dovrebbe predisporre regole e strumenti specifici per ridurne le eventuali difficoltà o momenti di crisi che potrebbero incontrare in situazioni congiunturali sfavorevoli, strumenti che come rende possibile la recente pronuncia del Tribunale dell’unione europea potrebbero essere predisposti attraverso l’intervento preventivo dei fondi obbligatori di garanzia dei deposti.

È questo, in sintesi, uno dei passaggi delle recenti considerazioni finali del Governatore della banca d’Italia che si è concentrato sull’importanza che rivestono le banche di minori dimensioni nel mercato europeo e sulla necessità di preservarne la presenza e l’attività nelle economie locali, evitando i pericoli che una normativa troppo stringente e poco attenta alle differenze che esistono tra istituti di diverse dimensioni possa determinare, con una penalizzazione della redditività di tali banche (per gli elevati costi di compliance) e ripercussioni anche sulla capacità di competere in un mercato anche a livello locale concorrenziale che sarebbe a quel punto sbilanciato a vantaggio degli intermediari di maggiori dimensioni. Un pensiero, questo ripreso dal governatore anche pochi giorni dopo l’Assemblea dei partecipanti in occasione del Festival dell’Economia di Trento.

Un punto di vista che in misura più esplicita era stato già espresso dal governatore recentemente, in occasione della recensione il libro di Rainer Masera Community banks e banche del territorio: si può colmare lo iato sui due lati dell’Atlantico? Anche in quell’occasione, e già in passato si era espresso in tal senso, il Governatore aveva posto al centro della discussione il tema della proporzionalità nell’applicazione della regolamentazione bancaria, prendendo come riferimento, proprio il modello statunitense che, dopo le modifiche apportate lo scorso anno e finalizzate a sostenere lo sviluppo economico semplificando e favorendo la concessione di credito ed eliminando inutili e iniqui oneri, si è posto l’obiettivo di raggruppare le banche in classi legando la severità dei vincoli regolamentari in maniera direttamente proporzionale alla loro dimensione.

La necessità di una applicazione più incisiva del principio di proporzionalità e l’importanza che tale principio riveste per gli istituti di credito nazionali è riconosciuta anche a livello politico, come dimostra la recente dichiarazione del Presidente della Commissione Bilancio del Senato Alberto Bagnai, il quale ha affermato che “In merito alla gestione del rapporto con l’Unione europea sul principio di proporzionalità del sistema creditizio”, ha affermato che serve “pragmatismo, ma anche un rinnovato senso di unità nazionale. Adesso andiamo a chiedere proporzionalità, ma sarebbe stato utile farlo prima. Spero – ha proseguito – di essere sostenuto anche da tutto l’apparato economico e tecnico che rappresenta l’interesse dell’Italia. Sono certo che sarà così. Un obiettivo da condividere con il Governo nazionale e la Banca Centrale Europea, ma necessario”.

L’Associazione fra le Banche Popolari, già in passato, ha espresso in più occasioni la propria convinzione su una concreta attuazione del principio di proporzionalità, ricordando come questa richieda che la regolamentazione bancaria nazionale ed europea tengano conto della diversità fattuale e non teorica degli intermediari a cui vengano applicate. Le regole e i vincoli devono opportunamente essere declinati sempre in funzione del livello di rischio che il loro specifico modello di business può sviluppare nel pregiudicare la stabilità del sistema in cui operano. L’idea di regole e vincoli uguali per tutti, che apparentemente potrebbe sembrare un elemento di eguaglianza, produce un permanente pericolo di disattendere il principio di proporzionalità, facendo emergere elementi di incertezza nella definizione e nella valutazione del diverso “rischio sistemico” degli intermediari.

Per questo, pur valutando positivamente l’obiettivo dell’omogeneità delle regole volto ad assicurare un level plaiyng field, non bisogna mai perdere di vista l’obiettivo che tale scopo tenga conto delle specificità giuridiche, operative e organizzative degli intermediari, ponendo nella corretta considerazione il pluralismo delle forme di impresa, che rappresenta un valore di democrazia economica e una risorsa per gli stessi mercati finanziari e creditizi.

In tale ambito sono, infatti, emerse distanze e differenze non solo per quanto riguarda la struttura del sistema creditizio ma anche, e soprattutto, con riferimento all’attività di intermediazione, più incentrata al sostegno all’economia reale in alcuni Paesi, come ad esempio l’Italia, maggiormente dedita ad operazioni di tipo finanziario-speculativo, in altri.

Tenere conto di questi due aspetti – dimensione e diversa vocazione o propensione degli intermediari finanziari – è senza dubbio complesso nel momento in cui si opera, da parte degli organi di regolamentazione, per predisporre nuove norme a garanzia della clientela e del sistema, ma è necessario se si vuole garantire libertà di azione a ciascun intermediario senza condizionarne negativamente l’attività. L’introduzione del principio di proporzionalità – così come sancito dall’articolo 5 del Trattato sull’Unione Europea – è fondamentale per far sì che i costi legati all’applicazione di una norma non siano sproporzionati rispetto ai benefici dell’obiettivo regolamentare che si intende perseguire.

Il principio di proporzionalità dispone che la regolamentazione tenga conto della diversità degli intermediari a cui viene applicata, dettando regole e vincoli opportunamente graduati in funzione del livello di rischio che l’azione di detti intermediari può sviluppare nel compromettere la stabilità del sistema in cui operano. In questo quadro, quindi, nell’applicazione del principio di proporzionalità, è fondamentale sia la distinzione tra banche sistemiche (o too big to fail) e non, sia il tipo di attività di intermediazione creditizia orientata o meno al sostegno delle aziende, in particolare Pmi, e delle famiglie. Summum ius, summa iniuria è un caposaldo della dottrina giuridica. L’applicazione acritica del diritto, qualora non tenga conto delle circostanze a cui le sue norme devono essere applicate nel singolo caso e delle finalità a cui esse dovrebbero tendere, ne uccide lo spirito e può facilmente portare a ingiustizie o addirittura divenire strumento per perpetrare l’ingiustizia. Lo stesso vale, in maniera identica, per il sistema bancario e per l’economia reale.


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