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Conte parli chiaro, o sarà un disastro

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Nelle prossime ore il presidente del Consiglio Giuseppe Conte incontra la stampa per fare il punto della situazione a una settimana dalle elezioni che hanno sconvolto gli equilibri politici della sua maggioranza.

Fa bene a farlo per vari motivi, ma soprattutto perché non può lasciare passare l’idea che il suo desiderio è tirare a campare, atteggiamento non più praticabile nella politica moderna.

Proprio per questo però il premier deve usare parole chiare su alcuni punti, altrimenti il suo esercizio finisce per risultare una manifestazione d’impotenza inutile alla causa ed anche un po’ malinconica.

Noi proviamo qui a mettere nero su bianco cinque temi sui quali occorrono pronunciamenti solidi, responsabili e credibili, affinché ne nasca una rinnovata agenda di governo capace di dare un perché alla litigiosa maggioranza giallo-verde.

Cinque punti che rendono anche sensata la permanenza dello stesso premier a Palazzo Chigi, poiché è di tutta evidenza che un primo ministro (più o meno) tecnico ha senso solo se l’azione di governo è improntata massicciamente all’operatività.

In cima a tutto c’è la prossima manovra di bilancio con annesse ipotesi di riforma fiscale. Salvini usa parole forti e annuncia riforme drastiche (Flat Tax), che però hanno impatto enorme sugli equilibri di finanza pubblica. Il premier deve dire se quello è il programma del governo oppure no, anche perché la vaghezza in materia è quanto di più dannoso vi possa essere anche di fronte ai mercati.

In secondo luogo c’è da chiarire l’atteggiamento italiano verso l’unione Europea, che va ben oltre la risposta alla lettera dei commissari economici. Il governo Lega-M5S nasce su un impianto programmatico di contestazione esplicita verso l’Europa di Juncker, Macron e Merkel. Ora però le elezioni sono avvenute, quindi spetta anche al premier (o forse innanzitutto) chiarire quali sono le prossime mosse, a cominciare dalle intenzioni sulla composizione della nuova commissione UE. In questi anni l’Italia ha ricoperto ruoli di grande prestigio (Tajani, Mogherini, Draghi) ricavandone risultati tangibili ma anche forti delusioni (ad esempio in tema d’immigrazione). Adesso però è tempo di guardare al futuro ed occorre farlo avendo le idee chiare.

Al terzo posto c’è il tema delle autonomie regionali, di cui ai referendum di Lombardia e Veneto ed all’accordo siglato con il governo da altre regioni (Emilia Romagna in testa). Conte ha il dovere di indicare un percorso serio nei tempi e negli obbiettivi, avocando a sé la sintesi politica sulla materia. Ricordo infatti che si tratta di punto programmatico essenziale previsto dal contratto di governo, ma anche motivo di forte tensione fra i due partiti della maggioranza. Per questo occorre fare chiarezza una volta per tutte: l’attesa è deleteria e squalificante.

C’è poi la vicenda simbolo delle divisioni tra Lega e M5S, cioè la Tav. in Piemonte si è votato domenica e l’80% dei consensi sono andati a candidati pro Tav. Il contratto di governo parla di revisione del progetto, ma anche qui da alcuni mesi a questa parte sembra di essere entrati in una nebulosa (cioè dopo la consegna del rapporto della commissione Ponti, il cui esito è assai negativo sull’opera). È però ormai evidente che non si può tergiversare oltre, mentre Salvini bombarda a favore e Toninelli frena. Una sintesi va trovata e Conte deve assumersene l’onere.

Infine c’è la composizione del governo, a cominciare dal ministro mancante (quello con la decisiva delega ai rapporti con l’Unione Europa) per arrivare ai sostituti di Rixi e Siri. Però ci sono altri ruoli in discussione, motivo per cui si potrebbe anche ragionare di una più massiccia riformulazione della squadra, persino immaginando di passare attraverso una crisi di governo.

Vedremo quale sarà l’atteggiamento del presidente del Consiglio. Ci permettiamo però una osservazione: qualche volta capita di osservare che un problema finisce per risolversi semplicemente ignorandolo.

Ma è l’eccezione, non la regola.

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