L’unica speranza è che in Europa continuino a considerare le nostre proposte come “ragazzate elettorali” e non come vere ipotesi di governo volte a risolvere i problemi economico-finanziari dell’Italia. Anche perché, se i nostri partner iniziassero davvero a prenderci sul serio, si spaventerebbero a tal punto da essere indotti a prendere contromisure che potrebbero essere molto dolorose per il nostro Paese. Ma, per fortuna, questo pericolo, al momento, non esiste perché siamo stati molto bravi ad abituare a poco a poco i nostri partner europei alle nostre uscite senza senso.
Innanzitutto, un po’ di tempo, fa qualcuno ha esordito indicando come soluzione ottimale quella di cancellare i 250 miliardi di debiti che avevamo nei confronti della Bce di Mario Draghi. Qui ogni commento è superfluo. Successivamente, non paghi, abbiamo provato a convincere la Commissione che avremmo risolto ogni problema di debito pubblico utilizzando le nostre riserve auree. Peccato che, anche tralasciando l’inattuabilità della misura e l’enorme danno reputazionale che ne sarebbe derivato, i 90 miliardi in lingotti della patria sarebbero riusciti a coprire solo gli interessi sul debito che paghiamo in un anno e qualche mese. Senza ovviamente riuscire ad intaccare minimamente lo stock di 2340 miliardi di titoli sovrani in circolazione. Più di recente, nell’ambito dei documenti di bilancio, abbiamo raccontato ad una Commissione sempre più dubbiosa sulla nostra reale volontà di affrontare i problemi che il “reddito di cittadinanza” sarebbe bastato a rimettere in moto il volano della nostra economia.
Infatti, secondo la tesi di governo, la rifondazione dei centri per l’impiego (effettuabile in pochi mesi), abbinato all’arruolamento di fantomatici “navigator” sarebbero riusciti a rilanciare lavoro e consumi interni. Ad oggi, il reddito di cittadinanza come misura assistenziale è stato più o meno erogato, ma l’impatto sul mondo del lavoro è ovviamente nullo, sia per l’assenza dei navigator sia per la drammatica e immutata situazione dei centri per l’impiego. In realtà, ciò che è sfuggito è che non basta affatto iniettare nel sistema un po’ di soldi ed un po’ di assistenzialismo mascherato per rimettere in moto i consumi. Serve un secondo fattore, ossia uno scenario prospettico non completamente buio. Perché se nel futuro si vede solamente un debito insostenibile, un isolamento in Europa ed uno spread fuori controllo, banche ed aziende rimangono immobili ed il volano dell’economia rimane inceppato.
Negli stessi documenti abbiamo poi assicurato ad una Commissione, ormai decisamente perplessa, che avremmo effettuato privatizzazioni per 18 miliardi al fine di abbattere l’ingombrante fardello di debito. Come tutti si aspettavano, al momento abbiamo semplicemente privatizzato qualche caserma ricavandone un miliardo scarso.
E infine, venendo ai giorni nostri, stiamo tentando di convincere i partner europei, ormai logorati e assuefatti alle nostre “improbabili manovre” di aver trovato la madre di tutte le soluzioni per risolvere il problema della nostra crescita asfittica: la stampa dei mini-Bot. Secondo gli azionisti del governo, grazie a questa novità, la Pubblica amministrazione potrà in un colpo solo pagare i suoi debiti verso le nostre imprese rimettendo cosi in movimento l’economia italiana. Peccato che non esista un economista al mondo (salvo alcuni nostrani) che non consideri questa proposta alla stregua della solita boutade elettorale. Come dice correttamente Mario Draghi, o si tratta di moneta parallela e quindi è illegale, o si tratta di una nuova forma di debito. In ambedue i casi la misura appare in contrasto con buona parte dei trattati sin qui sottoscritti. Tra l’altro, a proposito di debiti della Pubblica amministrazione, non andrebbe trascurato il forte faro acceso dall’Eurostat su un’altra componente del nostro debito. Più in particolare, l’organismo europeo ha all’esame un dossier volto a riportare i debiti contratti da Cassa Depositi e Prestiti, fino ad oggi esclusi, nel perimetro dei debiti della Pa con pesanti ricadute sul calcolo del debito pubblico complessivo.
Ma, a ben vedere, il vero problema non sono i mini-Bot in se stessi; in fondo nessuno li ritiene davvero praticabili. Il punto è invece costituito dai gravissimi danni collaterali che questa misura improponibile, esasperando il contraddittorio con l’Europa, potrebbe generare. Infatti, in questo momento delicatissimo, ogni attacco frontale alle regole comunitarie, ogni risposta sprezzante, ogni inutile sfida non farà che “eccitare” la speculazione che non aspetta altro. Il risultato non sarà una implosione, ma una progressiva pressione su spread e Btp con inevitabili conseguenze sul nostro sistema bancario e sul tessuto produttivo. Speriamo almeno che, qualora dovesse scoppiare il bubbone, qualcuno non venga poi a dirci “i mini-Bot li hanno voluti gli italiani”.