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Caos del governo o centrodestra? Il dilemma di Salvini secondo Ippolito

Dopo le elezioni politiche del mese scorso, pochi speravano realisticamente che si giungesse finalmente ad avere un po’ di serenità nella maggioranza. L’auspicio era che almeno si abbandonassero i toni accesi e irrazionali della campagna elettorale nella direzione di governo: ma niente di ciò si è avverato.

IL CAOS DEL GOVERNO ODIERNO

A conti fatti, ci siamo trovati così nella situazione odierna, calati in un mare agitato dove non si capisce praticamente più nulla. Alla ormai proverbiale contrapposizione frontale tra Lega e 5 Stelle, si è aggiunta la strategia del Quirinale che punta a garantire un minimo di moderazione, sfruttando le necessità che i rapporti istituzionali con l’Europa impongono al presidente del Consiglio e al ministro dell’Economia.

Si tratta, a ben vedere, di un miraggio o di un’esile responsabilità, perché gli azionisti del consenso, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non hanno nessuna intenzione di capitolare il bagno di folla con la razionalità fredda della politica.

È questo il segno della nostra epoca: non certo un indice del solo presente. D’altronde, appare molto difficile conciliare due programmi di politica economica radicalmente alternativi e finanziariamente non sintetizzabili (liberismo e assistenzialismo), con i nostri conti pubblici disastrosi (debito pubblico), in mano ai mercati, e con le regole dell’Unione, che pur ci sono e agiscono oltre il confine della volontà democratica.

Eccoci qua, sbattuti tra uno spot filo trumpiano di Salvini e un posticcio ammiccamento putiniano di Di Maio, e, nel complesso, dentro un quadro desolante della nostra politica nazionale.

Intendiamoci: non si tratta di contestare snobisticamente il sovranismo o di buttarla nel “tanto peggio tanto meglio”; si tratta, piuttosto, di registrare il fatto bruto ed evidente che sancisce l’impossibilità di avere una politica risolutiva del genere senza una corrispondente ed omogenea maggioranza.

Se, infatti, si vuole stampare nuova moneta, si vuole voltare le spalle all’Unione Europea, si vuole puntare sulla flat tax, allora bisogna farlo con strategia, con durezza e con una serietà compatta che eviti il naufragio. Pensare di procede da soli, nella giungla piena di animali feroci, con una maggioranza numerica concreta ma oggettivamente esigua e un’opposizione di destra; e, per di più, pensare di farlo sulla base di un’accozzaglia gialloverde di tal genere: questo sì è una follia, che ha più del ridicolo che dell’avventato. D’altronde, l’errore grave che sta facendo Salvini è proprio questa scelta, ad avviso di chi scrive: non certo la sua linea politica popolarissima e, ormai, per altro, neanche più tanto originale. Se egli ritiene, in definitiva, di andare avanti, vada diritto ad elezioni, incassi il risultato e il mandato popolare, insieme al suo centrodestra, e poi affronti di petto e in toto le riforme, inclusa perfino l’uscita dall’Unione. Punto. Il resto sono chiacchiere e spot inservibili.

UN BAGNO DI REALISMO

D’altro canto, pure i 5 Stelle devono affrontare il loro vaticinio futuro, senza finzioni. Il progetto grillino non è più quello degli inizi, o magari vuole tornare ad esserlo: in ogni caso, è necessario tornare alle urne, smettendola con questa manfrina ridicola, piena di complessi d’inferiorità e disadattamenti adolescenziali.

La politica può anche non essere seria, ma resta qualcosa di grave, pericoloso e impegnativo, con sue regole specifiche non mutabili a piacimento.

Davanti a tale caos generalizzato, è importante perciò per tutti un bel bagno di realismo. Possiamo pretendere maggiore autonomia da Bruxelles, dobbiamo trovare una nostra posizione nazionale nel nuovo assetto sovranista globale, è giusto, direi perfino sacrosanto, che si defiscalizzi in modo importante la società, ma lo si faccia senza assistenzialismo, con una politica economica conservatrice e coerente, la quale abbia come perno la famiglia, la natalità, l’identità oggettiva della nostra comunità cristiana, puntando su crescita produttiva e sviluppo nazionale del lavoro.

Quello che sta apparendo adesso non è, infatti, una svolta a destra: è solo il magma indistinto di velleità mal carburate e disomogenee, che fondono insieme sussidi, inettitudini e incompetenze massive.

Opporsi alla sinistra in modo frontale, vuol dire, specie oggi, riformare l’Europa, chiudere la porta ad accoglienza indiscriminata, escludere la tecnocrazia di governo dei principini del progresso; ma vuol dire anche sbarazzarsi dell’ecologismo new age, del moralismo epuratore e delle pulsioni libertarie proprie del Movimento 5 Stelle. La Lega è una novità interessante per l’area di centrodestra: buttarne la risorsa nel mare dell’impossibile, sarebbe davvero un peccato per tutti.

UNA SPINTA CONSERVATRICE

Si tenga presente, in conclusione, che una politica moderata non scalda il petto perché è meno ambiziosa, ma riesce a tenere transitoriamente uniti i diversi: le sue ambizioni dorotee sono infatti sempre decidere di non decidere. Una politica radicale riesce invece a smuovere i sentimenti e il desiderio di verità e di assoluto delle persone: ma non può farlo nella schizofrenia e nel caos dell’indistinto. Se questa spinta conservatrice fallisse, ci troveremmo davvero con la patrimoniale e il commissariamento della democrazia, finendo in un mare di lacrime e sangue. E questo incubo, purtroppo non del tutto immaginario, sarebbe bene che cominciasse a togliere il sonno anche a Salvini.

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