Non sarà il decreto Sblocca cantieri la goccia che farà traboccare il vaso della maggioranza. Che dopo aver sfiorato la crisi con l’incontro di ieri sera finito ancor prima di cominciare, oggi è riuscita a trovare un’intesa sull’argomento. Come conferma la nota congiunta dei capigruppo a Palazzo Madama di Lega e MoVimento 5 Stelle, Massimiliano Romeo e Stefano Patuanelli: “Proporremo al Senato, tra le altre cose, quanto già concordato in sede di commissione, vale a dire un emendamento che prevede la sospensione di alcuni punti rilevanti del codice degli appalti per due anni, in attesa di una nuova definizione delle regole per liberare da inutile burocrazia le imprese“. Un sospiro di sollievo, probabilmente non definitivo, per i sostenitori del governo gialloverde e una buona notizia per molte imprese del settore. O almeno per le oltre 400 che ormai un anno e mezzo fa firmarono un manifesto dal nome evocativo e simbolico, “Ora basta!” (può essere consultato qui), con il quale chiedevano ai partiti allora in campagna elettorale per le politiche del 4 marzo di impegnarsi ad abrogare il codice degli appalti varato nel 2016 dal governo guidato da Matteo Renzi e di applicare al suo posto le direttive comunitarie in materia. Iniziativa promossa e sostenuta dall’avvocato amministrativista e docente di Legislazione delle opere pubbliche all’Università di Roma Tor Vergata Arturo Cancrini, soddisfatto che la sua proposta, inizialmente bollata da molti come una provocazione, sia stata in pratica fatta propria dalla politica, ma preoccupato per la condizione complessiva in cui versa il comparto dell’edilizia nel nostro Paese: “Siamo in presenza di una vera e propria emergenza nazionale: la crisi si sta acuendo, qui non si tratta di pubblicare più o meno bandi. La verità è che si è bloccato tutto. Il Paese può ripartire solo con l’apertura dei cantieri“.
Come appunto chiedeva il manifesto “Ora basta!” promosso da Cancrini e come si propone anche il decreto legge in questi giorni all’esame del Parlamento: “Quel manifesto partiva dal tentativo di un gruppo di imprese di far capire che la situazione sarebbe degenerata. Ed effettivamente è ciò che è accaduto nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Il codice del 2016, di fatto, non è mai entrato in vigore, le sue novità più rilevanti si sono dimostrate inattuabili sotto molteplici profili“. Da qui l’idea di abrogarlo, o di sospenderlo largamente come prevede l’accordo trovato da Lega e cinquestelle, e di applicare al suo posto la disciplina comunitaria: “In Germania o in Inghilterra, ad esempio, le direttive europee sono applicate direttamente per quello che sono, senza interventi del legislatore nazionale. Ciò sta a significare che è possibile bandire le gare di lavori pubblici sulla base della sola normativa comunitaria. Ricorrere a regole ulteriori rispetto a quelle previste dai principi europei, in molti casi, è del tutto inutile“. O, per meglio dire, dannoso, come emerge chiaramente dal ragionamento di Cancrini: “Non bastano centinaia di articoli per risolvere i problemi. La confusione e i dubbi interpretativi in cui siamo precipitati dipendono pure dall’eccesso di legiferazione degli ultimi anni. Se scrivessimo di meno le cose andrebbero sicuramente meglio“.
D’altronde – ha osservato ancora l’avvocato in questa conversazione con Formiche.net – pian piano è andata crescendo tra gli esperti del settore la consapevolezza che il codice del 2016 non avrebbe mai prodotto i risultati sperati: “All’inizio, quando cominciammo a porre il tema, in molti, tra cui l’Anac, ci rispondevano di attendere perché le nuove regole avrebbero cominciato a funzionare. Oggi, invece, la stessa Autorità Anticorruzione si è fatta molto meno ottimista sul tema. La sensazione è che il tempo, alla fine, abbia convinto tutti della necessità di intervenire in modo anche drastico“. Non solo perché, almeno in parte, ce lo chiede l’Europa – che ha acceso un faro sull’Italia in merito alla disciplina contenuta nel codice, in particolare sul subappalto – ma perché “le condizioni di fatto in buona sostanza ce lo impongono“.
In ogni caso, come ha chiarito Cancrini e come emerge pure dalla nota congiunta di Lega e MoVimento 5 Stelle, lo stop non sarà totale, ma si estenderà soltanto ad alcuni aspetti specifici: “Sospendere il codice per interno sarebbe stato una provocazione, ma così non è“. Ed è su questo punto che forse, ad avviso del professore, si è andata consumando la recente polemica che ha visto l’associazione dei costruttori, l’Ance, schierata su posizioni distinte da quella di Confindustria. La prima più critica nei confronti della proposta e la seconda, invece, più favorevole: “Un contrasto, a mio parere, soltanto apparente. Nessuno vuole la sospensione totale di tutte le regole, perché in quel caso verrebbero meno istituti fondamentali per le imprese. Quando si parla di sospensione del codice non si può non tenere conto che alcune norme devono rimanere comunque in vigore. Questo ha determinato probabilmente un’incomprensione nel dialogo tra Ance e Confindustria. Ma la mia personale opinione è che dicano esattamente la stessa cosa“.
Anche se poi, ha concluso Cancrini, per far ripartire davvero le opere pubbliche in Italia non è sufficiente concentrarsi esclusivamente sul codice: “Non si tratta solo di procedure, non dobbiamo unicamente intervenire in questo senso oppure limitarci ad abbassare o innalzare il livello della soglia. Occorre anche mettere i funzionari nella condizione di comprendere che possono adottare provvedimenti senza incorrere in tutte quelle responsabilità oggi insite nel ruolo del responsabile del procedimento“. Per scongiurare il cosiddetto blocco della firma che oggi attanaglia numerose amministrazioni pubbliche e far ripartire l’Italia: “Il dibattito è molto acceso. Mi riferisco ad esempio all’articolo di ieri di Luciano Violante sul Corriere della Sera. È fondamentale la tipizzazione di alcune forme di reato come l’abuso d’ufficio o la colpa grave nel caso del danno erariale. Dobbiamo fare in modo che i dirigenti pubblici e gli organi tecnici dell’amministrazione tornino a fare il loro lavoro senza paura“.