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Scendere a patti con l’Europa. Da Tria un consiglio spassionato a Di Maio e Salvini

Yes, we do. L’Italia deve trovare un accordo con l’Europa sul proprio debito, perché non farlo vorrebbe dire esporre la nostra economia alla speculazione dei mercati. Non una scelta dunque, ma più un obbligo. Il giorno dopo il vertice di maggioranza Di Maio-Salvini-Conte che ha sancito la linea semi-dura del governo (abbassare le tasse, ridurre il debito ma senza correzione dei conti e se necessario con un po’ di deficit) Giovanni Tria ha fatto quello che doveva fare: dire la sua, da un punto di vista tecnico, sulla trattativa che l’Italia dovrà intavolare con Bruxelles, al fine di trovare un accordo in grado di disinnescare la procedura di infrazione. Il consiglio, spassionato, agli azionisti di governo è questo: trovate l’intesa con Bruxelles, ne guadagneremo tutti.

L’ACCORDO POSSIBILE

Tria, intervenuto in Aula alla Camera per un’informativa sulla procedura di infrazione, sa bene che sarà lui la testa di ponte del governo a Bruxelles. L’uomo su cui graverà la responsabilità di dire alla Commissione europea che sì, possiamo trattare o no, non possiamo (e vogliamo) farlo. “Pur rimanendo convinti che le regole Ue devono essere migliorate e semplificate, è nel nostro interesse trovare un compromesso. L’Italia è tra i Paesi fondatori dell’Unione, ritengo che dovremmo renderci disponibili a un dialogo serrato e costruttivo con la Commissione per arrivare a un accordo che consenta di evitare la procedura per disavanzo eccessivo”, ha spiegato Tria.

PRESUPPOSTI CERCASI

Non basta però mostrare delle buone intenzioni per convincere la burocrazia europea a chiudere un occhio. Servono fatti e target di bilancio precisi e anche questo Tria lo sa. “Intendiamo fornire rassicurazioni circa i programmi che intendiamo seguire. Le nostre stime più aggiornate lasciano intendere che a consuntivo i saldi di finanza pubblica saranno sostanzialmente minori, pur a legislazione invariati, di quelli stimati in precedenza e risulteranno di conseguenza coerenti con quanto previsto dal braccio preventivo del Patto di stabilità e di crescita”.  Insomma, a detta del responsabile del Tesoro, i conti pubblici italiani andranno incontro a un progressivo miglioramento, e di questo Bruxelles non potrà non tener conto. Ovviamente, l’imperativo è il ritorno alla crescita. “Al primo posto dobbiamo porre la ripresa dell’economia e quindi curare tutti i fattori che possono favorirla. Abbiamo una debolezza strutturale della crescita da molti anni e un gap con il resto dell’Europa la cui diminuzione è stata posta come primo obiettivo programmatico del governo”.

I NUMERI DI TRIA

Il 2019 potrebbe portare in dote delle sorprese, soprattutto in chiave deficit. I calcoli del governo italiano parlano di un deficit al 2,2% del Pil, contro il 2,4% previsto nel Def. Anche se chi, come Confindustria, vede un disavanzo ben oltre il 3% in mancanza dell’aumento dell’Iva. “Il monitoraggio più recente delle entrate evidenzia per l’anno in corso maggiori entrate tributarie e contributive e maggiori entrate non tributarie che, dedotte le maggiori spese e risorse necessarie per il bilancio di assestamento, portano a stimare un beneficio netto di circa 0,2 punti percentuali. Conseguentemente – ha detto il ministro – il deficit si collocherebbe al 2,2 per cento del Pil che “produrrebbe un miglioramento di 0,1 punti del saldo strutturale nel 2019”.

MISSIONE SPREAD

Tutti questi sforzi dovrebbero convergere verso un unico obiettivo. Abbassare uno spread troppo elevato. “Normalizzare definitivamente le condizioni del nostro mercato dei titoli di stato la cui solidità è fondamentale non solo per i risparmiatori e le istituzioni finanziarie del Paese, ma anche e soprattutto per una vera ripresa dell’economia, questo sì che servirebbe alla ripresa”.

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