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Cambridge Analytica, tutti gli effetti (e le reazioni) dopo la maxi multa Usa a Facebook

La Federal Trade Commission statunitense ha annunciato di aver raggiunto un accordo con Facebook, che pagherà una multa di 5 miliardi di dollari per violazione della privacy. Come atteso, quindi, l’annuncio è stato dato prima della trimestrale del social network, che sarà diffusa oggi a mercati statunitensi chiusi. L’inchiesta delle autorità era iniziata nel marzo 2018, dopo lo scoppio dello scandalo di Cambridge Analytica, la società accusata di aver “impropriamente condiviso”, grazie a Facebook, i dati di 87 milioni di utenti del social network.

LA MAXI SANZIONE

La cifra rappresenta circa il 9% dei proventi di Facebook per il 2018. La sanzione supera di gran lunga quella da 22,5 milioni di dollari inflitta nel 2012 a Google sempre per questioni di privacy, finora la più elevata a un gigante tecnologico.
A quanto pare, aveva anticipato la stampa Usa, l’azienda fondata da Mark Zuckerberg si aspettava una multa di questo ordine di grandezza e, per questo, aveva già messo da parte 3 miliardi di dollari.

NON SOLO SANZIONI

Oltre al pagamento della sanzione, Facebook dovrà migliorare le sue pratiche interne sulla tutela dei dati personali dei suoi utenti con una serie di iniziative. Ad esempio non potrà utilizzare per scopi pubblicitari i numero di telefono ottenuti dagli utenti per motivi di sicurezza, dovrà denunciare alle autorità eventuali incidenti o violazioni entro 30 giorni nel caso in cui gli interessati dalle infrazioni siano più di cinquecento, e sarà obbligata a creare un comitato indipendente all’interno del cda per sorvegliare le pratiche relative alla privacy e premere su modifiche qualora lo si ritenesse necessario.

CONTENTI E DELUSI

Per il fondatore del social network, evidenziano i media Usa, si tratta di un buon risultato: il patteggiamento non cambia i suoi poteri all’interno della società (è sia presidente sia Ad). Ed è questo a non soddisfare molti, che lo volevano fuori dai giochi. La stessa Ftc si è divisa durante le trattative, votando l’accordo con tre voti a favore e due contrari perché l’accordo non muterà né il modello di business né la governance dell’azienda, considerati il vero problema. Il tutto nel giorno in cui il Dipartimento di Giustizia americano ha annunciato l’avvio un’indagine antitrust proprio per valutare sei le big tech siano cresciute limitando la concorrenza.


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