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Sintomi, diagnosi e terapie di Luigi Di Gregorio per i malanni della democrazia

Nell’ambito delle discipline politologiche i fenomeni generali di trasformazione delle democrazie liberali vengono iscritti nella generale categoria del “democratic malaise”, quella malattia delle istituzioni democratiche nell’era della globalizzazione, del potere politico delle organizzazioni economiche multinazionali e transnazionali, dei vincoli al potere di bilancio statale posti dalle regole di finanza internazionale e organismi multilaterali. Il recente volume “Demopatia. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico” (Rubbettino) di Luigi Di Gregorio, politologo e consulente politico, affronta in modo sistematico la questione delle difficoltà esperite dalle istituzioni democratiche liberali nell’attuale contesto.

Il volume è stato presentato dall’autore e dalla politologa Sofia Ventura lo scorso sabato 13 luglio a Roma, nell’ambito della manifestazione Lungo il Tevere.

LA CRISI DELLE DEMOCRAZIE LIBERALI

Utilizzando la metafora interpretativa della malattia della democrazia, il volume descrive l’eziologia della crisi delle democrazie liberali, effettua una diagnosi e prescrive una terapia per risolvere i malanni dei sistemi politici democratici. L’impianto esplicativo, presentato con chiarezza e accessibilità terminologica, ancora più apprezzabili vista la complessità dei temi, prende in considerazione l’ipotesi che ad essere ammalato non è il sistema democratico in sé, ma il sottostante demos, il sistema sociale afflitto da una pluralità di malanni, quali la frammentazione e individualizzazione del tessuto sociale, la perdita di senso della comunità, il consumismo nelle relazioni con gli altri, la perdita di prospettiva temporale e processuale delle esperienze degli individui, il narcisismo spezzettato, rifratto, come un prisma, dai social network intesi come il principale strumento di auto-rappresentazione di massa, la sondocrazia, la mediocrazia e il neotribalismo.

LA MALATTIA DEL DEMOS

Una serie di fenomeni diversi ma interconnessi, che fanno riferimento alla diagnosi delle 3 “i” della malattia del demos: un tessuto sociale dominato da istinti, in grado di valutare la realtà sociale e politica fermandosi a soli istanti e perdendo la processualità del politico e di concentrarsi su un immaginario costruito a tavolino attorno a leader che si consumano rapidamente. Queste concause determinano una serie di istinti applicati alle scelte politiche, una temperi in grado di deresponsabilizzare i cittadini rispetto alle proprie scelte già nel momento del voto. Tale situazione determina la straordinaria volatilità elettorale e la rapidissima consumazione delle leadership politiche, in preda ad un’esigenza di comunicare più che di decidere e guidare le scelte collettive.

COME USCIRNE?

Come uscire da una situazione del genere, in cui populismo, avventurismo politico e instabilità affliggono le scelte del demos, delegittimando non solo gli output del processo democratico, ma le fondamenta stesse delle istituzioni democratiche? Di Gregorio propone una terapia d’urto, basata sul recupero di una narrazione della democrazia come processualità virtuosa. In essa, un ruolo importante deve essere garantito alle esperienze di apertura democratica, come il ritorno di una sfera pubblica colta e costruita a partire dal pluralismo informativo, non mediata esclusivamente dai social media, con l’ampliamento dei luoghi di democrazia deliberativa (alla Fishkin, in cui i cittadini affrontano con una serie di approfondimenti tutte le questioni su cui sono poi chiamati a decidere per voto), e con un recupero importante del ruolo dei tecnici, usati con imparzialità per finalità specifiche. Grazie a questa terapia basata su una pedagogia democratica per il demos malato, all’autore sembra possibile ricostruire un immaginario collettivo adeguato a recuperare il valore intrinseco della democrazia anche nel contesto della globalizazzione e della post-modernità.

La diffusione di una nuova cultura democratica di massa, insomma, si pone come l’antidoto per evitare che il populismo, l’individualismo, la disintermediazione, la mediocrazia e la sondocrazia avvelenino per sempre i pozzi delle istituzioni democratiche liberali. Considerate le conseguenze sulla tenuta dei sistemi politici e sulla qualità della democrazia, sembra importante iniziare quanto prima la terapia indicata da Di Gregorio.

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