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Kim spara missili, Washington osserva tranquilla

Il governo sudcoreano – motore dei negoziati col Nord, nonostante le tensioni – li ha definiti “projectiles” ma nel giro di poche ore i due test effettuati da Pyongyang ieri sono stati analizzati e individuati con i missili KN23, derivati dagli Iskander russi, che hanno viaggiato per oltre 600 chilometri; armi strategiche a media gittata (per capirci, sarebbero da includere nel decaduto Inf, il vecchio trattato tra Usa e Urss su quel tipo di ordigni).

Seul cerca di tenere insieme i pezzi della fase negoziale che viaggia a scatti, dettati dagli slanci degli incontri tra leader – quelli per esempio tra il presidente Donald Trump e il satrapo Kim Jong-un – e dal soporifero incedere dei contatti di livello minore. Per ora siamo senza risultati concreti, da quando a febbraio 2018 tutto è iniziato.

Il Nord ha fatto sapere che i test effettuati dalla base di Wonsan sono stati pensati anche per dimostrare la forza nordcoreana mentre Corea del Sud e Stati Uniti si apprestano ad avviare esercitazioni congiunte. Quelle di cui Trump aveva annunciato la sospensione ad interim durante il primo incontro apicale, a Singapore, lo scorso anno.

C’era stato un blocco reciproco, niente test e niente esercitazioni, violato già a maggio, quando c’erano stati altri due lanci dal Nord – dopo mesi di silenzio missilistico. Dimostrazioni simili a quelle di ieri, che hanno accompagnato una retorica sempre più aggressiva da parte di Kim. Il Leader accusa gli Stati Uniti di tenere i colloqui su un livello d’intensità rallentata, nonostante la retorica montata da quei passaggi spettacolarizzati come il vertice a cavallo della zona demilitarizzata del 30 giugno (quando Trump propose a Kim un incontro al volo, via Twitter, mentre era in visita a Seul).

Due giorni fa, l’agenzia stampa del regime nordcoreano, la KCNA, ha diffuso le immagini di un nuovo sottomarino che sarebbe pronto a entrare in azione. Poi i missili. In uno slancio propagandistico a cui Kim non s’è potuto tirare indietro, perché il ritorno delle esercitazioni Washington-Seul ha messo in allarme i notabili del regime. I generali lo vedono come un tradimento della parola data da Trump, e per la tenuta del sistema del potere che lo circonda, Kim non può tirarsi indietro da dimostrazioni di forza.

Anche Washington cerca di gestire lo stallo che diventa sempre più critico. Il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha detto ieri a Fox News che i test non impediranno la prosecuzione dei negoziati – battuta caustica: “Molti Paesi si mettono in posa prima di arrivare ai tavoli”.  Il punto è sempre lo stesso: Kim vuole che gli Stati Uniti sollevino almeno parte delle sanzioni già durante i negoziati, ma Washington non ha intenzione di farlo.

A Pyongyang il problema è palpabile, e il satrapo sa che deve cercare di dimostrare ai lati più rigidi del regime che la strada delle trattative porterà a buoni risultati. Sfruttare la sfera economica connessa alle misure sanzionatorie è d’altronde il campo migliore, perché la Corea del Nord ha toccato i più bassi livelli di contrazione dai tempi delle carestie del 1997 – meno 4,1 per cento di Pil.

E per la Bank of Korea, la banca centrale di Seul, la colpa è della morsa schiacciante delle sanzioni. Crollo di oltre l’80 per cento delle esportazioni, con un Pil procapite che è più o meno di un trentesimo di quello del Sud. Una situazione da fame, dove le retorica militarista potrebbe essere sostituito da quella sulla crescita – basta di spendere soldi per le armi, quando a Pyongyang si vive con un reddito pro-capite da poco più di mille euro, pensare ad altro è il messaggio che mesi fa provava a far circolare Kim.

E allo stesso tempo è un gancio per il lavoro di Washington: Trump ha più volte detto che se Kim accetterà le limitazioni sul programma nucleare, gli Usa potranno aiutare la Corea del Nord a lanciarsi verso un’era di “prosperità” (una delle parole chiavi dell’azione di governo trumpiana).

Per il presidente americano pare sempre più difficile raggiungere un grande accordo – “A big deal”, come dice lui – per l’obliterazione completa dell’atomica, Kim però potrebbe essere disposto a entrare in qualcosa di simile a un programma di controllo degli armamenti che gli Usa potrebbero controllare con gli aiuti.

Ma sarebbe una circostanza che implicitamente porterebbe all’accettazione del Nord come realtà nuclearizzata e che si andrebbe a incastrare col ruolo di Pechino (e Mosca) dietro a Pyongyang. Nei giorni scorsi i bombardieri cinesi e russi sono passati sul confine nordcoreano e hanno svaligiato sui cieli del Sud, per la prima volta nella storia. Una manovra provocatoria e prolungata tanto che sono stati anche aperti dei colpi d’avvertimento dall’aviazione di Seul. Un altro messaggio per salutare le esercitazioni tra Usa e Corea del Sud.

(Foto: KCNA, Kim festeggia i test missilistici)

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