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La rivincita di M5S e il cul de sac di Salvini. Von der Leyen alla Commissione

Provare a leggere in un’ottica italiana l’elezione a presidente della Commissione europea di Ursula von der Leyen non è errato ed è pure molto istruttivo.

Quei decisivi voti del Movimento 5 Stelle che hanno permesso alla delfina di Angela Merkel di salire sul seggio più alto di Strasburgo hanno certificato non solo l’ennesima divaricazione fra le due forze di governo, ma hanno finito per assumere anche un significato politico davvero molto forte.

Si può dire che il movimento di Luigi Di Maio, sconfitto elettoralmente, si sia preso, sotto l’abile regia del premier Giuseppe Conte, una non indifferente rivincita politica che farà valere sicuramente sul tavolo nazionale.

Certo, spiegare l’elezione di Vdl richiamando la frattura fra èlite e popolo può essere utile, ma solo fino a un certo punto. La politica si gioca prima di tutto sul tavolo del consenso ma poi un leader o un partito questo consenso deve giocarselo su tutti i tavoli, partendo dai reali rapporti di forza e con realismo. Se non lo fa, il rischio è il lento logoramento.

Questo rischio oggi per la Lega è, a mio avviso, alto. Perché delle due l’una: o il partito di Matteo Salvini sceglieva di rompere il tavolo e capitalizzare nelle urne (Mattarella permettendo) il consenso elettorale maturato il 26 maggio; oppure era giocoforza cercare di far rinascere quello spirito di collaborazione che esisteva, a forze elettorali ribaltate, poco più di un anno fa.

La politica è fatta di scelte, e tutto in mano non si può tenere. La delusione di una parte del proprio elettorato, fatta la scelta governativa, andava messa in conto in un governo “di contratto”. Il tempo per recuperare ci sarebbe stato tutto, visto che la fine naturale della legislatura è molto di là da venire. Ma in Europa non ci si doveva dividere dai Cinque Stelle.

Il “delitto perfetto” dei pentastellati si è invece potuto consumare adesso, agevolato da molti fattori, anche casuali. E pensare che proprio il tema europeo, cioè di critica all’Unione come è adesso, è quello che, sin dall’inizio, era sembrato più avvicinare le nostre due forze governative. E che su di esso era possibile ricominciare un dialogo in Italia. Anche se in un’ottica di cambiamento il discorso programmatico di  Von der Leyen è stato molto deludente, Salvini avrebbe forse dovuto prendere atto che, facendo presenti molti distinguo e nulla concedendo sui principi, un voto favorevole comunque indubbiamente lo avrebbe fatto uscire dall’isolamento europeo e indirettamente lo avrebbe aiutato anche in Italia.

Oggi la Lega ha davvero poche carte per scardinare dall’interno un sistema europeo che è assolutamente da ribaltare e che comunque ha riflesso pure sulle politiche nazionali. Come farà Salvini ad uscire dal cul de sac in cui si è cacciato? Saprà fare di una traversia una opportunità? Da lui ci si aspetta ora una “mossa del cavallo”.

 

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