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Quel paradosso che non deve bloccare la piena liberalizzazione dei mercati dell’energia

La serie televisiva Catch-22, ispirata all’omonimo romanzo di Joseph Heller sulla Seconda guerra mondiale, ha riproposto il cosiddetto paradosso dell’immaginario Comma 22 che regolava le missioni di volo dei piloti statunitensi: “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”. Appunto un paradosso, analogo a quelli di uso comune dell’uovo e della gallina o del cane che si morde la coda. Modi diversi per indicare un circolo vizioso. Nel quale rischia di invilupparsi la fine del regime tutelato e la piena liberalizzazione dei mercati al dettaglio dell’energia elettrica e del gas, a un anno dalla scadenza del primo luglio 2020.

GLI ALLARMI DEL PASSATO

Un rischio ben paventato peraltro dal primo presidente dell’Autorità dell’energia, Pippo Ranci, che in uno scritto di alcuni anni fa affermava che “se il regime transitorio non appare aver facilitato il passaggio al mercato libero, ci troviamo di fronte a un’insidiosa circolarità. La persistenza del regime di tutela viene giustificata sulla base dell’impreparazione del consumatore; il modo nel quale la fase transitoria viene gestita non riduce, anzi forse rafforza la diffidenza di molti consumatori nei confronti della liberalizzazione. La transizione diventa infinita”. Una transizione che in effetti ormai dura in Italia da venti anni nell’energia elettrica e poco meno nel gas naturale.

A VENT’ANNI DAL DECRETO BERSANI

Pochi mesi fa ricorreva infatti il ventennale del cosiddetto decreto Bersani, che recependo in Italia la direttiva comunitaria 96/92/CE, ha iniziato a liberalizzare il mercato elettrico. Partendo come era giusto da quello all’ingrosso. Ma già a partire rispettivamente dal primo gennaio 2003 e dal primo luglio 2007 è possibile per tutti i consumatori scegliere liberamente il proprio fornitore di gas naturale e di elettricità. Peccato che da allora solo il 50% dei clienti domestici gas e il 43% di quelli elettricità abbiano scelto di passare al mercato libero. Gli altri, vuoi per timore di non ottenere benefici tali da giustificare il salto o per scarsa conoscenza della stessa possibilità di poterlo fare, sono rimasti nel regime di tutela. A esserne penalizzato è stato il mercato libero nel suo complesso che non ha mai acquisito la massa critica che avrebbe potuto avere, a beneficio degli operatori ma anche dei consumatori stessi.

LA LEGGE SULLA CONCORRENZA DEL 2017

La legge sulla concorrenza, approvata nel 2017 dopo un lungo iter parlamentare, ha dunque deciso di prendere il toro per le corna, anche sulla base del pressing europeo, prevedendo la fine del regime di tutela entro il primo luglio 2019 e affidando al ministero dello Sviluppo economico e all’Autorità per l’Energia, nel frattempo diventata Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera), l’emanazione di una serie di provvedimenti di natura tecnica. Il cambio di maggioranza e dunque di governo in seguito alle elezioni politiche dello scorso anno ha portato a un rinvio di un anno della scadenza. Da allora è passato quasi un altro anno e si aspetta ancora la pubblicazione di alcuni dei provvedimenti previsti dalla legge, in particolare il decreto del Mise sulle modalità di transizione (nel quale tra l’altro si dovranno approntare meccanismi per garantire pluralismo e concorrenza nel mercato che verrà), l’elenco dei soggetti abilitati alla vendita nel mercato elettrico (nel frattempo schizzati ad oltre 600, senza alcun controllo reale su serietà commerciale e affidabilità finanziaria) e la campagna istituzionale multimediale per informare i consumatori. E qui arriviamo ai rischi di cortocircuito logico evocati dal romanzo di Heller.

L’ITALIA DEI MILLE RITARDI

Se si indugia ulteriormente sui provvedimenti che la stessa legge, di fatto confermata in toto nei contenuti dall’attuale maggioranza, prevede (magari perché non si è convinti fino in fondo dai benefici della liberalizzazione), si rischia di fatto di rendere più difficile se non impossibile la liberalizzazione stessa. Come è stato ricordato ieri all’unisono da molte istituzioni, associazioni dei consumatori e aziende intervenute al convegno promosso da I-Com e da PAA, per presentare i risultati dei primi tredici mesi di lavoro del Tavolo sul superamento delle tutele di prezzo, condotto in collaborazione con EMG Acqua, dodici mesi sono tanti se si vuole procedere sulla strada della liberalizzazione.

Rischiano di essere pochi, tuttavia, se il ritmo di marcia rallenta o addirittura si blocca. Rappresentando una sconfitta non soltanto per la maggioranza del 2017 che ha approvato la legge ma anche per quella di oggi, che ha legittimamente deciso di darsi del tempo in più per raggiungere meglio il traguardo. Ma soprattutto per tutti gli attori del mercato, cioè per gli operatori, i consumatori e le autorità e istituzioni preposte alla regolazione e vigilanza. Come ha recentemente affermato proprio l’attuale presidente di Arera, Stefano Besseghini (qui una sua recente intervista su Formiche.net), nella Relazione annuale al Parlamento dello scorso 4 luglio “è evidente che a luglio 2020 potrebbe presentarsi una situazione non ottimale, ma è altrettanto evidente che l’eventuale ulteriore rinvio della scadenza rappresenterebbe un elemento di incertezza che farebbe venire meno il carattere cogente delle diverse azioni”. Per questo, ci permettiamo di suggerire al governo, di fare presto (oltre che bene). Nell’interesse di tutti.

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