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Salario minimo in cambio del taglio al cuneo? Non ci convince. Parla Panucci

Per il Movimento Cinque Stelle è una battaglia sacrosanta, per le imprese un giochino pericoloso. Il salario minimo, 9 euro lordi l’ora ai lavoratori subordinati, continua a non convincere il mondo produttivo. Soprattutto lo stratagemma, al quale sta invece lavorando la Lega (qui l’intervista di ieri al sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon) che sta dietro alla misura per il sostegno ai redditi, ovvero salario minimo e dunque maggior oneri per le imprese in cambio di una sforbiciata al cuneo fiscale. Operazione doverosa a sentire il Carroccio, visto che le imprese italiane vantano il costo del lavoro più alto d’Europa e non possono certo accollarsi ulteriori costi senza avere in cambio nulla. Eppure il gioco non vale la candela. Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, spiega perché.

I DUBBI DELLE IMPRESE

“Non ci sembra una soluzione al problema che si dice di voler affrontare. Se davvero si volesse introdurre un salario minimo basterebbe fare come hanno fatto negli altri Paesi: prendere un valore attorno al 50% del salario mediano. Questo valore in Italia è poco più di 6 euro, non certo 9 euro che è, invece, l’80% del salario mediano, un livello che non si riscontra in nessun Paese del mondo. Evidentemente, si vuole ben altro e questa soluzione di compromesso lo lascia chiaramente intendere”, spiega la numero due di Confindustria. “Si vuole, cioè, affidare alla politica il compito di fissare il livello dei salari, promettendo, se ne sussisteranno le condizioni economiche, di compensare i maggiori oneri con il taglio del cuneo a vantaggio delle imprese. Una operazione che ha costi certi e compensazioni incerte.

Secondo Panucci “in questo quadro sarebbe ben più utile che governo e Parlamento si adoperassero per garantire il rispetto dei contratti collettivi attraverso una regolamentazione della rappresentanza e, semmai, per fissare un vero salario minimo per legge, destinato a trovare effetto laddove i contratti collettivi non operassero ovvero per quei rapporti di lavoro, come le collaborazioni, che non hanno una regolamentazione contrattuale”.

L’ORA DELLA CRESCITA

Panucci allarga poi lo spettro della sua analisi, alla possibile interconnessione tra Reddito di cittadinanza, salario minimo e crescita. “Il Reddito di cittadinanza e il salario minimo sono un tentativo di rispondere a problemi reali che non vanno liquidati con superficialità. Il tema della povertà, quello della inclusione sociale, in particolare, dei giovani nel mondo del lavoro, la necessità di dotare il Paese di un sistema di regolazione del mercato del lavoro efficiente e moderno, così come quello dei cosiddetti working poor, sono tutte questioni a cui la politica deve saper dare una risposta. Non sono gli unici problemi, naturalmente, ma sono problemi importanti e complessi che vanno affrontati con la consapevolezza di dover trovare un adeguato contemperamento dei diversi interessi in gioco”.

Il senso del discorso è sottile: va bene aiutare le fasce deboli, ma non bisogna dimenticare mai e poi mai che il vero motore di tutto è la crescita. “Ormai la nostra società è un sistema interconnesso. Tutto si tiene e ogni questione presenta correlazioni che spesso vanno anche oltre il confine del nostro Paese. In questo quadro le questioni mi sembrano due: il bilanciamento delle priorità e il metodo con cui le si affronta. Non vi è dubbio che in questa prima fase il governo si sia molto concentrato su alcune questioni sociali dedicando minore attenzione alle politiche industriali e di sviluppo economico, che sono la premessa per la soluzione delle questioni sociali. Ora pare aprirsi una fase nuova, di maggiore attenzione alle leve dello sviluppo come è corretto che sia poiché la crescita è la precondizione per superare molte delle nostre difficoltà. In questo senso, bisognerebbe lavorare più sinergicamente, in una visione di sistema. Sarebbe importante guardare tutti i tasti di cui la tastiera dispone perché viviamo una società complessa, ormai globalizzata e quindi, costretta a fare i conti con situazioni che richiedono profonda competenza e, soprattutto, capacità di ascolto”.

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