“L’incertezza del governo su dossier strategici di politica estera ha fatto perdere all’Italia il terzo posto nella scala valoriale europea, superata dalla Spagna. Non dimentichiamo che Cavour realizzò l’unità d’Italia internazionalizzando la Conferenza di Parigi, mentre oggi rischiamo di mollare la tradizione liberale ed atlantica”.
Spiega così il professor Vittorio Emanuele Parsi, scrittore, analista e tra le altre cose membro dell’Advisory Board del LSE IDEAS (Center for diplomacy and strategy at the London School of Economics), i rischi che si affacciano all’orizzonte dopo le scelte fatte da Palazzo Chigi nell’ultimo anno. E in questa conversazione con Formiche.net ne valuta gli impatti nel breve e nel medio periodo.
Da queste colonne è stato lanciato un appello al governo perché Roma si impegni maggiormente in politica estera e in una cornice “più occidentale” e meno neutrale. Lo condivide?
In linea di sostanza sì. L’azione politica soprattutto di Matteo Salvini che è quella più evidente e viene vista dall’esterno come l’elemento che politicamente è spia dell’intero esecutivo, viene interpretata come una rottura delle posizioni italiane tradizionali sulla politica occidentale. Ciò potrebbe avere conseguenze estremamente gravi e di lungo periodo per il Paese.
Vede il rischio irrilevanza internazionale per l’Italia?
Lo abbiamo già visto nel dossier europeo, dove la Spagna ci ha sostituiti al terzo posto nella scala valoriale dopo Germania e Francia. E al netto dei problemi di politica interna che ha Madrid, con le difficoltà sul caso Catalogna e i riverberi nella maggioranza. Nonostante ciò la Spagna ha preso il posto dell’Italia in gran parte a causa dei nostri atteggiamenti. Lo si vede anche nei confronti della Russia: mentre nelle politiche europee il premier Giuseppe Conte ha provato ad equilibrare minimamente la questione, sui rapporti con Mosca l’Italia tende sistematicamente a sottovalutare fatti e direttrici, dimenticando che le sanzioni esistono perché è stata invasa la Crimea.
Sulla crisi a Hormuz Roma dovrebbe pattugliare lo stretto in raccordo con gli Stati Uniti anche per un proprio interesse nazionale?
No, penso che lo stretto sia già troppo trafficato da navi da guerra, con il rischio di un’escalation. Per cui penso che continuare a inviare mezzi sia foriero di incidenti non voluti: la parte navigabile dello stretto, come sa chi ha una minima conoscenza del mare, è estremamente ridotta e non c’è alcuna ragione per cui debba essere pattugliato, né che vi sia una presenza internazionale coordinata o scoordinata. Anche gli Usa mi auguro che lì riducano la presenza. Qualcuno sta cercando un casus belli per mimetizzare la propria politica illegale nei confronti dell’Iran e dopo la denuncia unilaterale sull’accordo per il nucleare iraniano. Ciò è molto grave e nulla c’entra con la posizione atlantica: si tratta solo di una posizione personale di Donald Trump e non occidentale. Non mi stupirei se Salvini un giorno o l’altro la appoggiasse.
Via della Seta, 5G e dazi: cosa possono comportare le scelte italiane sulla Cina?
A mio avviso servirebbe essere molto cauti circa l’apertura sulla Via della Seta. Quello rappresenta un disegno strategico cinese che, mentre cerca di mettere in discussione la residua leadership americana sul sistema, contemporaneamente traccia una serie di relazioni speciali con i Paesi di quel sistema. È un manifesto concreto e materiale del disegno cinese per il mondo: un disegno illiberale che si fonda però sulla tentazione dell’arricchimento reciproco. Non dimentichiamo che spesso i disegni illiberali si sono nutriti di iper liberismo e di mercatismo estremo. È questa la grande trappola del disegno cinese: per chi investe fare soldi è una preoccupazione naturale e legittima, ma il mercato dovrebbe essere inquadrato all’interno di regole liberali di cui il libero commercio è una parte che deve rispondere ad un quadro politico più vasto.
Alcune posizioni prese dall’Italia in questa fase storica sono all’esterno percepite come una evidente ostilità all’Occidente?
Credo siano già percepite come un allontanamento della cultura politica italiana dai valori portanti dell’Occidente. Penso alla fascinazione per la Russia di Putin, alla sottovalutazione delle differenze rispetto alla Cina, come dimostrano i fatti di Hong Kong. Va citato il fatto che l’Italia ha faticato non poco in tutta la sua storia unitaria per accreditarsi come un membro autorevole ed affidabile sulla scena internazionale. Cavour realizzò l’unità d’Italia internazionalizzando la Conferenza di Parigi, mentre oggi rischiamo di mollare la tradizione liberale ed atlantica con conseguenze estremamente gravi e di lungo periodo, illudendoci di pensare che i problemi si risolvono da soli e non coordinandosi. Una lezione del genere trova purtroppo in questo momento un mentore nel Presidente degli Stati Uniti, che è la più grande minaccia all’unità occidentale.
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