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Banche. Ristrutturazioni e redditività, una equazione non scontata

L’economia è di nuovo ferma e il sistema creditizio torna a dare segnali di debolezza. Da un’analisi di Fidentiis Equities, sui dati di Banca d’Italia relativi al primo trimestre del 2019, emerge la caduta dei ricavi (in alcuni casi un vero e proprio crollo) delle maggiori banche italiane con la contrazione del credito alle imprese, il ristagno di mutui immobiliari e il credito al consumo che, invece, unica voce in controtendenza, cresce. Il quadro che emerge è tanto chiaro quanto preoccupante in quanto manifesta, da una parte, la difficoltà e la prudenza degli italiani ad accollarsi rischi per dar vita a nuove attività di impresa e la diffidenza a investire i propri risparmi e, dall’altro, la tendenza a un maggior indebitamento delle famiglie per finanziare spese, ordinarie o straordinarie che siano (il credito al consumo è quasi raddoppiato, passando da 60 a 110 miliardi, in quattro anni con un aumento di 10 miliardi nel solo ultimo anno).

ASSENZA DI UN CLIMA DI FIDUCIA

Dunque, più indebitati e meno propensi a guardare con fiducia al futuro. Proiettata sul sistema bancario, questa situazione significa, evidentemente, un calo dei ricavi per le banche che rappresentano oltre tre quarti dell’intero settore con una riduzione del 7 per cento su base annua (calcolato alla fine di marzo). Un calo che non è dovuto soltanto al fatto che le banche prestano meno e a tassi più bassi ma, soprattutto, all’assenza di un clima di fiducia nel futuro che sta producendo conseguenze negative prevedibili nei confronti dell’industria finanziaria.

È d’obbligo, nel commentare questi dati, ricordare che si tratta di risultati ottenuti malgrado anni di complesse e spesso anche dolorose operazioni di ristrutturazioni del sistema bancario al termine delle quali l’unico risultato realmente tangibile è quello di aver fortemente ridimensionato il sistema bancario italiano che oggi è, in misura rilevante, in mano straniera. Le ristrutturazioni che avrebbero dovuto, almeno secondo chi le ha fortemente volute e in alcuni casi anche imposte, apportare notevoli benefici con una inversione della tendenza della redditività, hanno, di fatto, prodotto concreti benefici più che altro ai maggiori global player internazionali con la formazione di un mercato globale finanziario oligopolistico. Solo per inciso va anche ricordato che il 25% dell’azionariato delle banche, che prima erano cooperative, appartiene oggi a fondi speculativi internazionali a disprezzo degli interessi italiani mentre il nostro mercato bancario è investito da una ventata di sfiducia tale da impedire le necessarie operazioni di aumento di capitale.

IL RUOLO DEL CREDITO POPOLARE NEL RILANCIO DELL’ECONOMIA 

Non sembra, dunque, sia questa la strada per ridare ossigeno e competitività al sistema bancario italiano nel panorama europeo. Non è questa la strada tanto più se il sistema bancario viene analizzato nelle sue diverse componenti. Il Credito popolare continua, infatti, a registrare risultati positivi, come verrà dimostrato anche nel corso dell’assemblea annuale di Assopopolari che si terrà nei prossimi giorni a Milano. Gli impieghi vivi sono cresciuti mediamente dell’1% nel primo trimestre del 2019 contro un dato negativo (-0,7%) del sistema mentre si è notevolmente ridotto il peso delle partite problematiche. Sul versante passivo la crescita della provvista è stata dell’1,5% con il 3% dei depositi. Sempre nel primo semestre del 2019 i nuovi impieghi alle Pmi hanno superato l’importo complessivo di 13 miliardi di euro e quelli relativi ai nuovi mutui alle famiglie sono giunti a 7 miliardi di euro. Rilevanti le performance anche sull’aspetto patrimoniale caratterizzate dal recupero di maggiore efficienza e redditività.

La lente di ingrandimento va, allora, posta altrove. Va posta sull’economia che continua a stentare. È necessario un salto di qualità da realizzare attraverso una impegnativa politica economica che concentri tutte le forze sulla ripresa dello sviluppo economico come del resto anche l’Ocse nei mesi scorsi, nel suo rapporto sull’Italia, aveva avvertito auspicando una maggiore attenzione sull’indebolimento che l’economia italiana sta attraversando nel rallentamento della congiuntura internazionale. Il ruolo che le Banche popolari e del territorio saranno chiamate a svolgere, visti i risultati fin qui realizzati e vista la particolare conformazione del tessuto produttivo ed imprenditoriale del Paese che sulle Piccole e medie imprese ha costruito, nel corso della sua storia, l’ossatura e la spina dorsale, sarà ancora una volta decisivo.


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